MADRE ILARIA ALPI FIGLIO MIRAN HROVATIN MEDAGLIE D'ORO MERITO CIVILE GIORNALISTI

L’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Il 20 marzo del corrente anno, cade l’anniversario dell’uccisione della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore a Mogadiscio, Miran Hrovatin, in Somalia, 26 anni fa.

Tutti gli italiani, insieme ai vertici della RAI ed a tutti i giornalisti, aspettano ancora di conoscere la verità su quel duplice brutale assassinio. Bosaso, piccola città del Nord-Est della Somalia affacciata sul golfo di Aden, forse custodisce i
segreti di quel terribile eccidio. Purtroppo, come molti altri delitti rimasti irrisolti, anche quelli di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin rimarranno, con alto grado di probabilità, senza un movente e senza mandanti.

Innanzitutto perché il tempo trascorso impedisce di fare chiarezza e di far giustizia in maniera certa
ed incontrovertibile. Il tempo è nemico della verità.
In secondo luogo, le omissioni, i depistaggi e le coperture che hanno, sin da subito, caratterizzato il duplice omicidio, non sono mai stati risolti ed i 26 anni trascorsi hanno reso sempre più impenetrabile i misteri che lo hanno accompagnato.
Di indizi ce ne sono tanti; di certezze nessuna. Sono stati ipotizzati traffico di armi, rifiuti tossici, scorie radioattive, tangenti e riciclaggio di denaro sporco. In questo intricato scenario potrebbero nascondersi movente e mandanti del duplice omicidio.

Di certo, c’è solo un dato di fatto, inequivocabile: Ilaria Alpi e Miran Hrovatin non sono andati a Bosaso per caso, ma volutamente. Anche i genitori di Ilaria hanno confermato: «Che Ilaria volesse andare a Bosaso, lo provano gli appunti da lei scritti prima di partire per il suo ultimo viaggio e ritrovati in redazione, a Roma». Il suo caporedattore al Tg3, Massimo Loche, ha dal canto suo confermato in udienza che «sin dalla partenza da Roma Ilaria aveva intenzione di recarsi a Bosaso».
Uno delle tante piste seguite, la più attendibile, porta al Bogor, sultano di Bonaso. Ilaria potrebbe aver visto e documentato casse di materiale che portano proprio alle sue bande armate.

Rifiuti tossici, scorie radioattive, ma non solo.
Diversi testimoni raccontano agli inquirenti un articolato sistema di traffici di armi, rifiuti pericolosie scorie radioattive, i cui proventi alimentavano in parte conti neri o finivano in tangenti. Un sistema gestito da faccendieri italiani e stranieri, che chiamano in causa complicità politiche legate in special modo all’area socialista. Ilaria Alpi può essere stata uccisa non tanto per aver raccolto informazioni e prove su presunti trasporti di armi fatti con i pescherecci della società italo-somala Shifco, quanto per aver scoperto a Bosaso depositi di armi trasportate da Hercules C-130 italiani.
Ma sono solo ipotesi. Niente di certo. Si pensi che Hashi Omar Hassan, un somalo che si pensava essere stato l’esecutore o il mandante degli omicidi, si è fatto 17 anni di galera, prima che un Tribunale riconoscesse la sua totale estraneità insieme a 3 milioni e 181 mila di Euro di risarcimento per il “disturbo” (ingiusta detenzione).

La Giustizia italiana, come spesso capita, non ha fatto una bella figura. Al di là dei borghesissimi e formali ossequi di rito ed alle finte lacrime di molti, è come se Ilaria Alpi e Miran Hrovatin fossero stati uccisi una seconda volta. Costretti a seppellire i propri cari, le famiglie dei due uccisi non hanno avuto nemmeno la consolazione di sapere chi siano stati i mendanti e gli esecutori materiali dell’assassinio.
Però l’insegnamento e la memoria di uomini onesti e coraggiosi non muoiono mai.

Ilaria Alpi era una giornalista integerrima. Una professionista che svolgeva il suo lavoro come una missione, quella di far conoscere le cose come stanno, di far capire alle persone, oltre l’apparenza, come si svolgono i fatti del mondo. Approfondiva, Ilaria, non si accontentava mai di una versione sola, ma andava a scavare per raggiungere la verità dei fatti, soprattutto se quei fatti riguardavano la violazione dei diritti umani».
E come spesso capita (la storia insegna), chi ama la verità ed ha il coraggio di cercarla, spesso paga con la propria vita.
Ricordare Ilaria Alpi ed il suo cameraman è quindi un dovere affinché non vengano disperse le testimonianze di due vite umane con alto senso di professionalità, amore ed onestà intellettuale.

Mi viene il mente l’articolo pubblicato nel 1974 da Pasolini sul Corriere della Sera: “Io so”. Lui, come Ilaria Alpi, la verità la conosceva e la diceva. Pasolini sapeva la verità e la diceva con l’arroganza di chi non può essere smentito. Anche se non aveva prove.

In un famoso film del 1999, Matrix dei fratelli Wachowski, c’è un dialogo che avrebbe potuto scrive anche Ilaria: “Matrix è ovunque. E’ intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. E’ quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai a lavoro, quando vai in Chiesa, quando paghi le tasse. E’ il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità”. (Morpheus a Neo).
La verità che ha portato Ilaria Alpi ed il suo cameraman alla morte.
Che avrà, però, avuto un attimo di sgomento nel vedere che sarebbero comunque sopravvissuti nei
cuori e nella memoria di tanta gente comune che ama la verità e la Giustizia.

A cura di Costantino Larocca editorialista – Foto Imagoeconomica

Contattare Costantino per richieste legali: [email protected] / 338.7578408

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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