Prima di accingermi a scrivere un tale articolo, una premessa è quantomai doverosa: sono un tifoso. E non uno di quelli che tifa così, all’acqua di rose, tanto per tenere ad una squadra che mi è più simpatica delle altre. Sono Juventino accanito. La Juventus fa parte di me e della mia vita. La amo alla follia. Quando gioca la Juventus sono pieno di adrenalina, ansioso, frenetico e pieno di energia: vivo ogni passaggio come se io stesso stessi giocando. Quando vedo la Juventus giocare entro in un mondo parallelo nel quale nessun altro, se non i tifosi juventini, può entrare, nessun altro può capire
i miei sentimenti, ciò che provo davvero.

Di conseguenza, le personali sono necessariamente condizionate ed accecate da questa mia passione e non possono, di certo, avere la pretesa di obbiettività né di unicità. Una bomba atomica. La notizia della Superlega, fortemente voluta dalla Juventus e dal Real Madrid nelle persone dei rispettivi Presidenti Andrea Agnelli e Florentino Perez , deflagra le stanze della Uefa e della Fifa con un boato spaventoso ed assordante.
Così, una normale domenica del campionato si è trasformata in una giornata che verrà ricordata per molto tempo e che cambia, per sempre ed in maniera irreversibile, la storia del calcio.

Dodici Club dalle principali leghe (6 di Premier, 3 di Liga, 3 di Seria A) hanno deciso di dar vita a questa nuova competizione; i nomi sono noti e si tratta del gotha ​​del calcio europeo, al quale mancano solo il Bayern e il PSG, con i quali, comunque, vi sono trattative in corso.
Nella tarda serata di domenica, così, sono usciti i 12 comunicati print in cui tutti i Club hanno confermato questo progetto, che prevede di salire a 15 Club fondatori, invitarne altri 5 sulla base dei risultati sportivi, e creare così una competizione infrasettimanale (si parla di due gironi da 10, le cui
prime 4 vanno ai Quarti di finale) che dovrebbe affiancarsi alle competizioni nazionali. Certo che l’Italia è un Paese più bello e spettacolare di quanto si possa immaginare. Non solo perchè ospita un campionato, quello in corso, che “così bello non si vedeva da anni” (che la Juventus, dopo nove scudetti di fila, sia, per il momento, quarta, non è certo una coincidenza temporale nella mente dei suoi tanti detrattori), ma soprattutto perché è bastata la fondazione di una Superlega per scatenare il popolo dal romanticismo ferito contro la Juventus, la più invidiata e la più amata da sempre.

Sembra abbiano, tali romantici teorici del pallone, le idee molto chiare sulle competizioni calcistiche che si svolgeranno, anche se, tutt’oggi, gli stessi fondatori della Superlega non le abbiano ancora definite completamente nei suoi contorni. E nei bar, nelle piazze e nei vicoli dove si racchiude l’invidia e l’acredine contro la Juventus e tutto ciò che essa rappresenta (e che soprattutto riesce a fare), volano, di bocca in bocca, due teoremi, che anzi, quando riguardano la Juventus, diventano postulati e che, prontamente, sintetizzano in questo modo: “Andrea Agnelli è il mandante dell’assassinio del Calcio di Serie A (postulato 1) perchè (postulato 2) non riesce a vincere la Champions. Così, con i soldi ed il potere, corrompe tutto e tutti e fonda una sua personale competizione a numero chiuso con le elites del calcio.

Davvero facile ed imbarazzante confutare questo semplicistico ragionamento. Il regista dell’operazione è, oltre ad Andrea Agnelli, Florentino Perez (Presidente del Real Madrid), uno che qualche Champions l’ha vinta (13 Coppe, fra Campioni e Champions) e che, stando al teorema dei “romantici del pallone”, non avrebbe interesse a sparigliare le carte. Ma il popolo dei cd. “romantici del pallone” è insospettabilmente variegato. Fra i critici più accaniti a questa creatura juventina, i più curiosi sono alcuni tifosi interisti e milanisti, quelli “confusi” che, da un lato, vorrebbero gridare al “golpe”, ma, dall’altro, sono combattuti perché si sono accorti che dentro al progetto ci sono le loro squadre (e per questo dovrebbero ringraziare proprio Andrea Agnelli, loro rappresentante in Italia e sino a ieri Presidente dell’ECA); e allora prendono tempo.

Altri, invece, continuano a gridare al “golpe” ma solo perché non si sono ancora accorti che le squadre per cui tifano sono dentro al progetto. E si uniscono a quelli che puntano il dito contro Agnelli a priori. Mi ricorda un po’ quelli che, all’interno del Gran Consiglio del Fascismo, votarono
contro Mussolini senza saper bene cosa stessero facendo. E non poteva mancare, fra tali “romantici” del pallone, l’eterna e mai sopita moda della morale (sbandierata più che vissuta realmente): “ lo strapotere del “vil denaro” che “sminuisce” passioni e sentimenti. Del resto, nella narrazione collettiva dei “ricchi” che vogliono affossare il popolo, ovviamente i “cattivi” sono i 12 “ribelli”, quelli che secondo Gary Neville, ex difensore del
Machester United, hanno compiuto un “atto criminale” mentre i “buoni” sono i noti difensori del popolo.

In ordine: la Fifa, l’Uefa, Blatter, Ceferin, Infantino.
Persone ed Enti, quelli appena citati, davvero irreprensibili e di una moralità cristallina, vero?
Uefa e Fifa sono organizzazioni che hanno sempre visto i soldi come “poco attraenti”. Sono, da sempre, più “attente” e “sensibili” allo spettacolo popolare, tanto da organizzare competizioni in luoghi senza alcuna tradizione calcistica e con qualche “problemino” in termini di diritti umani (leggi Qatar, Mondiali di calcio del 2022). Luogo scelto, magari, dopo le generose donazioni di Presidenti e sceicchi, che Uefa e Fifa si affrettano a non nominare con il termine “business”, ma come “divulgazione dei valori dello sport”. Suona meglio, vero? V’ è “rispetto del calcio del popolo” negli scandali per corruzione o nel permettere ad alcune società ben note di bypassare le forche caudine del fair-play finanziario a dispetto di altri club, costretti ad attenersi a regole ferree (fra le quali, guarda guarda, vi è proprio la Juventus). Perché le leggi sono uguali per tutti, no? Stessi valori che hanno determinato il prestito di un giocatore con riscatto a 180 milioni (Mbappè, giocatore acquistato dal Paris Saint – Germain dal Monaco) e sponsorizzazioni mostruose per giustificare l’acquisto di un altro fuoriclasse, gonfiando i fatturati. Il calcio, si sa, èdel popolo.

Tale nutrita e sempre “romantica” schiera di individui, viene capeggiata persino da alti Capi di Stato, che scendono personalmente nell’agone calcistico per salvare la Fifa, l’Uefa e tali altre simpatiche creature dall’avidità dei ricchi cattivoni e senza cuore. Peccato che di calcio non ne
capiscano davvero un cazzo.
Pure Maurizio De Giovanni, ospite di casa al Tg Uno, che in nome di numerose fiction ispirate ai suoi romanzi, interviene praticamente su tutti e su tutto, ha un’idea. Nello specifico, spiega che questi clubs coinvolti, oltre ad essere “indebitati” e quindi poco etici, stanno pure “rubando il calcio
ai bambini”.

Un giorno il simpatico e poco avezzo al mondo del calcio moderno Maurizio De Giovanni avrà la bontà di spiegarci come farebbero, i 12 club e la Juventus in testa, ad impedire che i bambini si riuniscano in un campetto di calcio e possano giocare a pallone.
“Vuoi mettere la bellezza e l’interesse di una partita come “Cagliari – Crotone?” sostengono questi romanticoni amanti dell’onestà e dei campetti dell’oratorio parrocchiale, repentinamente seguiti da giornalisti, opinionisti e addetti ai lavori. Tutti rigorosamente antijuventini, a parte qualche
sprovveduto e confuso tifoso milanista od interista che ha la fortuna di trovarsi in mezzo alla
discussione per puro caso.

Che poi, però, nelle loro trasmissioni o testate di riferimento, dedicano a malapena due minuti o due righe al “grandissimo spettacolo” di una partita dove non gioca la Juventus, il Milan o l’Inter. Meglio la moviola, le polemiche, i retroscena, che nascondono il pensiero e non imbarazzano con la
luce accecante della verità. Sulla gogna popolare – mediatica vi finiscono, giudicati dalla schiera di coloro che sono “buoni” e non sopportano i “cattivi” delle favole, Andrea Agnelli e Josè Mourinho. Il primo sarebbe un Presidente “assente dallo stadio” (ma quando mai?), “lontano dalla Juventus” (si è visto; vi piacerebbe vero?) e che porta a spasso il buon Ceferin, Presidente della Uefa e padrino del figlio di Agnelli, che spegne il telefono per non farsi trovare. Davvero un genio del male.

Il secondo, sarebbe stato esonerato dal Tottenham non per demeriti sportivi (allenatore scandente), ma ad arte, con la più che sospetta coincidenza dell’istituzione della Superlega della quale sarà – c’è da scommetterci – uno dei principali fautori.
Parlare e ragionare in questo modo è tipico degli uomini di una commovente capacità onirica, a tacer d’altro. Fra tanti pensieri, illazioni, dubbi ed accuse, mi accarezza un pensiero che vorrei tenere dentro di me, ma che fa di tutto per uscire e proporsi, con superbia e coraggio.
Lo assecondo.

La Juventus non è, quella che “ruba”, “falsifica i campionati”, compra gli arbitri”, che vince “scudettini” e “coppette” ma solo in Italia? La Serie A, senza la “cattiva e ladra” Juventus, non sarebbe un posto migliore? A queste persone (antijuventine prima di essere tifosi della propria squadra: è anche questo che ci distingue dalle altre) si sta offrendo esattamente ciò che hanno desiderato per anni: un campionato, forse, senza i bianconeri (e le altre del Nord), “regolare”, privo di “sozzure” e “sudditanze”. Dovrebbero essere SuperFelici e invece fanno i SuperOffesi.
Valli a capire.

Ad ogni modo noi parteciperemo alla Superlega. Abbiamo già sito e logo.
Vogliamo mettere da parte le favole e ragionare concretamente di calcio e della sua evoluzione?
Partiamo dai soldi e dalla loro quantificazione. I ricavi attesi, nelle indiscrezioni di palazzo, sono pari a 350 milioni annui per i Club fondatori.
La parte del leone la faranno i diritti TV: non c’è dubbio che trasmettere le partite di questa competizione sarà qualcosa di estremamente ambito e se vogliamo prendere un termine di paragone, dobbiamo ricordare che Juventus, negli ultimi 8 anni anni, ha incassato per diritti TV sia nazionali che internazionali una somma complessiva di 1510 milioni (mediamente 188 milioni annui, con una punta di 233 nel 2017). E’ chiaro quindi l’impatto di questo progetto su quest’area di ricavi.

Altri dettagli riguardano l’investimento (nel quale la Juventus rappresenta l’eccellenza in Italia): da 2 a 8 milioni per ogni Club (d’elite) al fine di costituire una Società fra tutti i Club che dovrà spartirsi i 3,5 miliardi indicati come introiti (ma secondo percentuali da stabilire).
Chi ha ascoltato, in varie occasioni, il presidente Andrea Agnelli (che nel frattempo si è dimesso da ECA e dal direttivo UEFA) non dovrebbe sorprendersi di quanto sta accadendo: più volte egli ha fatto riferimento al fatto che con un audience potenziale così estesa fosse necessario incrementare l’appeal del movimento calcistico europeo, avendo a riferimento i 7 miliardi mossi dalla NFL con
un bacino di appassionati enormemente inferiore. Anche dal punto di vista finanziario, il tentativo è chiaro: dare stabilità ai propri ricavi all’interno di
una competizione meno esposta alle variabili che in ogni stagione possono impedire a questo o quel top team di essere parte di una competizione che invece vuole attirare il massimo di pubblico e generare il massimo di introiti: è questo un tipo di risposta che la pandemia ha senza dubbio accelerato.

Il Comunicato della Juventus, infine, si rivolge anche al mercato, ricordando che il progetto è ancora troppo agli inizi per poter quantificare l’impatto economico finanziario dello stesso: qui starà agli operatori di mercato valutare se dare più risalto a questi importanti, ma incerte prospettive di crescita dei ricavi o alla minaccia di riduzione dei ricavi come storicamente essi si sono manifestati.

Il tempo darà ragione o torto, ma una cosa è sicura: la Juventus è sempre all’avanguardia. In tutto.
Ha la capacità di guardare oltre l’immanenza delle cose. E ‘un modello per gli altri.
Ma qui mi fermo, altrimenti ricomincia il tifoso troppo di parte.

A cura di Avv. Costantino Larocca – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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