DELL’ITALIA, DI DANTE DELLA CIVILTA’ ET SIMILIA

Come una sfregio, l’ennesimo, arriva l’attacco, ignobile, a Dante Alighieri e all’Italia durante i recenti festeggiamenti per il 700esimo anniversario della morte del Sommo Poeta.

Arno Widmann, fondatore anonimo e senza pretese di un quotidiano di provincia dal nome orribile come la lingua in cui si esprime, Frankfurter Rundschau, sostiene che Dante sarebbe stato “anni luce” dietro Shakespeare e che poco avrebbe a che vedere con la nascita della lingua italiana.
Cerchiamo di conoscere più da vicino questo simpatico mangiacrauti. È un personaggio di una vis polemica, Arno Widmann, sterile e fine a se stessa. Ha sempre fatto parlare di sé per teorie volutamente provocatorie oppure, talvolta, di complotto. Non mi stupirei se fosse sostenitore dei “no vax” o se frequentasse il circolo dei “terrapiattisti”. Tentando di nascondere, con una malcelata invidia, la nostra superiorità culturale, critica Dante con argomenti totalmente insostenibili e di rozza fattura. Fortunatamente per i tedeschi, la sua opinione non coincide affatto con l’opinione generale su Dante in Germania. Non rappresenta nemmeno una corrente di pensiero. Parlando all’emittente radiofonica fiorentina Lady Radio, persino il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, ha smontato questo omuncolo letterario.

Il ministro della Cultura Dario Franceschini ha voluto replicare alle parole del quotidiano tedesco con un tweet, che cita un famoso verso dantesco tratto dall’Inferno:«Non ragioniam di lor, ma guarda e passa». Il Sommo Poeta avrebbe posto quelli come Arno Widmann nell’ Antiferno, una
collocazione che permette che i dannati possano perfino sentirsi superiori a loro. Per questo fa pronunciare a Virgilio la sdegnosa frase: di loro, che nessuna traccia hanno lasciato nel mondo, non vale neppure la pena parlare.
A differenza del Ministro Franceschini, con il quale condivido pienamente tale esortazione, ritengo sia arrivato il momento di replicare, con forza e decisione, ad attacchi strumentali e gratuiti che da troppo tempo e in diverse occasioni tentano di screditare il nostro Paese e che arrivano da una terra «informe, dal clima pessimo, squallida a viverci e senza nulla di bello» (così Publio Cornelio Tacito, senatore romano e maggior esponente della letteratura latina, scrive delle genti stanziate al di là del Reno nel De origine et situ Germanorum e della loro Germania).

Dante Alighieri, con la sua Divina Commedia
, offre preziose occasioni, non colte dal tutt’altro che raffinato Widmann, per sfiorare gli orizzonti della conoscenza, dell’emozione e del pensiero. Le sue terzine esprimono una bellezza universale e mai conosciuta sino allora.
L’Italia ha questo di straordinario: non è nata da un matrimonio dinastico, come la Spagna, né da una guerra, come la Francia. L’Italia è una nazione più recente, ma c’era già perché è nata dalla bellezza, dalla cultura, dalla lingua. E di questo Dante Alighieri è il maggior esponente e primo
interprete ed inventore della lingua italiana. A differenza del vostro tragico nazionalismo, caro Widmann, Dante è molto severo con l’Italia e
critica gli italiani, perché ci vorrebbe diversi: siamo corrotti, divisi, come Montecchi e Capuleti; se la prende con Roma dove si fa mercato tutto il giorno, a Bologna dove sono tutti ruffiani, si augura che a Pisa l’Arno straripi, e ne ha anche per Genova, Pistoia, Lucca. Scrive che a Firenze non sono i migliori che fanno politica, ma i mediocri e che una legge fatta ad ottobre non arriva a novembre.

Insomma siamo sempre gli stessi.

Però “l’amore per il proprio campanile” è l’amore per la piccola patria (molto prima di voi tedeschi, caro Arno Widmann; sareste arrivati anche voi, con tanti secoli di ritardo, allo stesso sentire comune, ma scimmiottandoci in maniera grottesca e con tragiche e nefaste conseguenze).
Il bello di essere italiani, caro Widmann, è anche l’essere diversi gli uni dagli altri. Siamo unici ed irripetibili, caro Widmann, come – per fortuna – lo è anche lei. Eppure sappia che molti italiani sono morti per la patria: i nostri eroi sono donne e uomini che hanno saputo morire bene e senza una sola parola d’odio per i loro carnefici. Nel 1848 Ciro Menotti prima di morire scrisse una lettera alla moglie che le sarà recapitata solo diciassette anni dopo. Il contenuto è pressappoco questo: “Ritrova il mio volto nel volto dei nostri figli e dì loro che ero uno che amò sempre il suo simile”.

Un’altro aspetto che le sfugge, caro Widmann, è relativo alla concezione politica di Dante. Pur essendo profondamente cattolico, il Sommo Poeta mette tutti i Papi del suo tempo all’inferno, perché il Papa deve essere un leader spirituale, non temporale. Se la prende con gli usurai, i finanzieri, gli uomini dai facili guadagni. Le ricordo, caro Widmann, l’Italia della ricostruzione del ’48, quando il lavoro era durissimo ma la ricchezza era legata al lavoro e perciò reale, non come oggi, dove i soldi si fanno solo con altri soldi (le viene in mente qualcosa?). Come può notare,
Dante Alighieri è quanto di più attuale vi possa essere ed indissolubilmente legato all’Italia ed agli italiani.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, chè la diritta via era smarrita”. Quando Dante scrive così, non sta parlando di sé, ma di noi tutti. Persino di lei, anche se non lo riesce a comprendere. Sono dei versi immortali, delle frasi che chiunque tu sia, in qualsiasi
posto del mondo tu ti trovi, avrai sentito almeno una volta nella vita. Sono versi che hanno fatto la storia e che hanno proiettato nella memoria del Mondo intero il nome di chi li ha scritti, l’opera da cui provengono.

L’Ulisse dantesco si identifica in Dante. Il primo uomo della modernità che vuole andare oltre. Se Ulisse nell’Odissea è rimasto ad Itaca, Dante immagina che riprenda il mare. Cos’è la vita se non cercare di capire l’abisso dell’animo umano?” E menziona il sommo poeta:“Fatti non foste a viver
come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” (si riferisce anche a lei, Arno Widmann).
Intraprende la ricerca chi è consapevole di avere la necessità di indagare se stesso. Di Andare oltre l’apparenza. Nel profondo. E’ proprio questo moto di individualità, questo estremo atto di coraggio, che salverà la civiltà occidentale. Il musulmano deve attenersi al Corano, dove tutto è già scritto e previsto, senza poterlo mettere in discussione. Se l’anima è privata della libertà di volare, libera come il vento, muore.

Anche Cristoforo Colombo (un altro italiano, rimanga seduto) vuole esplorare, andare oltre le colonne di Ercole. Non avrà una fine gloriosa, come Dante sarà anch’egli perseguitato. Ma nessuno, come Dante, avrebbe potuto privarlo dell’emozione di avvistare la terra. Vogliamo allargare il raggio d’azione, caro Widmann e, come il Sommo Poeta, affrontare la discesa agli Inferi? L’italia e gli italiani sono quelli che vi hanno costruito le strade e le scuole. Che vi hanno insegnato l’alfabeto che usate. Spiegato le leggi, il diritto. Spiegato l’organizzazione dello Stato e la creazione dello Stato di diritto. Gli autori delle opere che riempono i musei di tutto il Mondo, anche dei vostri. Siamo gli autori delle invenzioni che usate e dei testi che studiate. Quelli che, con enorme sacrificio, devono conservare un patrimonio artistico e culturale senza uguali al Mondo, chiedendovi una cifra irrisoria per il biglietto di ingresso ai musei. Siamo quelli che vi hanno offerto l’arte e la cultura su sui si basa la nostra e la vostra civilità. La massima espressione di bellezzza, armonia ed equilibrio che l’essere umano abbia mai raggiunto. Vi abbiamo offerto la nostra civilità voi l’avete vergognosamente abbattutta, trascinando l’intero Mondo allora conosciuto in secoli bui ed oscuri.

Siamo rinati, noi italiani, caro Widmann, ed abbiamo offerto di nuovo a voi ed al Mondo intero la nostra civiltà, l’arte, la geografia, l’economia, l’istruzione. Siamo quelli, caro Widmann, che combattono ogni giorno contro quelli come voi che tentano di scimmiottare i nostri prodotti gastronomici, senza pari al Mondo, e copiarne il nome. Vi abbiamo insegnato lo stile, la moda, anche nel vestire. Quando varca la soglia di un Istituto di credito, caro Widmann, tenga presente che senza l’Italia e gli italiani non vi sarebbero state né banche né istituti di credito. Pensi alle opere meravigliose di ingegneria e di architettura. All’astrofisica, al calendario, alla musica. Erano italiani Giotto, Marco Polo, Colombo, Bernini, Michelangelo, Tiziano, Raffaello, Brunelleschi, Galileo, Cesare, Ottaviano, Vespasiano, Aurelio. Potrei continuare per ore, caro Widmann. Lei non credo possa fare altrettanto, a meno di non rievocare imbarazzanti personaggi nemmeno tanto lontani nel tempo.
Nel sentire il nome Italia lei ed i suoi connazionali dovreste scattare in piedi ed abbassare la testa, consapevoli e riconoscenti verso un Paese ed un Popolo che è origine e continuità della società occidentale e di tutto il Mondo.

Qualora invece non voglia cogliere, caro Widmann, i miei suggerimenti, non si interessi di tutto ciò che è italiano; la sua vita risulterà molto più semplice. Potrebbe andare a visitare una fabbrica di auto orgoglio della sua nazione; Diesel, magari, di quelle che sono contro l’inquinamento (solo ai controlli). Oppure potrebbe andare a visitare quelli che i suoi connazionali chiamano pomposamente “castelli”, che per noi sono banali ville di cui siamo pieni. “Noi italiani” “alla fine siamo sempre ripartiti, siamo sempre rinati. L’italiano dà il meglio di sé nei momenti difficili.

Essere italiani è un’opportunità e anche una responsabilità: siamo custodi di un patrimonio di bellezza che passa per Dante Alighieri e continua ai nostri giorni. Inestimabile, senza uguali al Mondo. Ed a nessuno permettiamo di diffamarlo o denigrarlo. A costo di difenderlo con le armi. Della bellezza, della cultura, del dialogo e del confronto. Che per voi è sempre stato impietoso.

cura di Avv. Costantino Larocca editorialista – Foto Imagoeconomica

Contattare Costantino per richieste legali: [email protected] / 338.7578408

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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