Nella vita di ogni individuo, le letture, i luoghi visitati, le contaminazioni culturali e le persone, poche per la verità, che incontriamo lungo il percorso terreno, sono fondamentali per forgiare la nostra coscienza socio-culturale politica.

La Marisa faceva parte di questo ristretto numero di persone. Aveva avuto un’infanzia carica di sofferenza, avendo perso il padre a sei anni e costretta a frequentare un collegio di suore che lei descriveva disumanamente maligne. Quando, all’età di dodici anni dopo otto anni di permanenza lasciò quel carcere gestito in prevalenza da arpie velate, decise di intraprendere il lavoro della sarta a bottega in una delle migliori sartorie della città. A diciassette anni incontrò Cesare, l’uomo della sua vita, bello come Richard Burton e dal carattere forte come solo chi ha studiato alla scuola della strada può avere.

A vent’anni si sposò e sei mesi dopo nacque Francesca, la sua primogenita. La crisi economica di quegli anni, spinse la giovane coppia, come cinque milioni di italiani, tra la fine dell’Ottocento e la fine del Novecento, a trasferiti in Svizzera in cerca di fortuna, finendo per contribuire, anche se per poco tempo, allo sviluppo economico, sociale, politico e culturale del Paese di Guglielmo Tell, lasciando tracce profonde e diventandone parte integrante, come mai nessun’altro popolo di immigrati.

La nostalgia che Cesare aveva per la sua terra e il quasi morboso attaccamento a sua madre, sommate a false promesse di un lavoro stabile, guarda caso fatte da un cugino in clergyman più simile a un professore della Oxford University che a un uomo di chiesa, indussero La Marisa e Cesare a far ritorno nella città di Renato Serra, convincendosi che la fortuna non viveva in un luogo particolare ma nelle loro mani. Aprirono una latteria ma la loro propensione a venire incontro alle esigenze di mamme impossibilitate a pagare l’alimento base per lo sviluppo dei loro piccoli, li portò ben presto alla chiusura.

La Marisa tornò quindi al suo primo amore, aprendo una piccola bottega di sartoria da uomo mentre Cesare trovò finalmente un lavoro stabile, che lo accompagnò fino al pensionamento, nella Cantina Sociale di Cesena con la qualifica di cantiniere/trasportatore. Gli anni successivi, per La Marisa, furono costellati di cambiamenti e decisioni coraggiose. Dal trasferimento in quel di Forlì, con al seguito i soli figli, dove lavorò in un noto poltronificio locale, al ritorno a casa, dove trovò lavoro come aiuto cuoca nella cucina della Casa di Riposo della città. Quando la figlia Francesca si sposò, lo strappo con Cesare venne ricucito e i due, con il figlio maschio oramai undicenne, tornarono a vivere insieme fino alla di lui dipartita. In tutto il suo lungo percorso terreno, percorso che si è interrotto alle 03.15 di mercoledì, 7 dicembre, La Marisa ha sempre saputo relazionarsi con tutti, dall’avvocato al mendicante, dispensando consigli, sorrisi ma anche piccole donazioni a chiunque ne avesse la necessità o fingesse di averne.

La sua casa era aperta a chiunque, tanto che non chiudeva mai la serratura fino all’imbrunire e alle prime ore del mattino era già aperta. Amava i biscotti secchi, il latte, il Nesquik che consumava regolarmente da cinquant’anni, la Nutella, il Marsala all’uovo, la mortadella, il vino rosso bevuto a piccole dosi, i formaggi spalmabili, la polenta e la coda di rospo. Nell’arco degli ultimi venticinque anni, La Marisa ha vissuto un rapporto madre/figlio con due amici pelosi, Omero e Fiocco, che di fatto furono umanizzati al punto da diventare parte integrante del suo piccolo mondo. Quando il grande e generoso cuore che, da sempre, aveva contraddistinto la vita della Marisa si è fermato, con lui si è fermato anche quel punto di riferimento che noi bisognosi di soccorsi fatti di parole, abbracci e sorrisi, sapevamo di avere. La Marisa era una donna speciale avanti anni luce rispetto a molte sue coetanee e la sua mancanza la sentirò ogni giorno di più per il resto della mia vita. Buon viaggio Mamma.

A cura di Marco Benazzi – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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