“Donare un sorriso a chi non è più in grado di sorridere” è lo slogan che Paolo Donati ha inserito nel suo biglietto da visita. Ortodontista dell’età evolutiva, Paolo è da quasi un ventennio il mio dentista di fiducia.

Soffre di disturbo dissociativo dell’identità, ciò significa che la sua vita quotidiana è perennemente affollata da diversi personaggi che albergano nella sua mente. Certo non è ai livelli di Billy Milligan e le sue ventiquattro diverse identità, si è fermato a quattro ma tutte lontane anni luce una dall’altra.

Contrariamente a quanto pensassi, non è una condizione così rara: secondo l’American Psychiatric Association ci sono settantuno milioni di casi in tutto il mondo. Lui fa parte di quel pugno di cinquantenni sciamannati che si dilettano a scrivere per stare bene, per curare la propria storia che cresce ogni giorno chiedendo solo d’essere salvata.

Siamo un circolo letterario che vive e prolifera nei sotterranei della letteratura. Giorni fa, dopo aver subito un trattamento canalare ad un premolare, Paolo mi invita, la sera, a bere una birra al Caffè letterario “Walter Galli”, che ha sede all’interno del teatro Bonci.

Niente di più facile. Dopo cinque Hoegaarden ghiacciate, un saccone di arachidi e un mare di patatine fritte, la decisione è presa. Naturalmente, avrete di certo capito che a quell’incontro Paolo si presentò in compagnia delle sue altre quattro identità. Sergio, dopo Paolo il quale detiene l’identità originale, è l’altra personalità dominante, si esprime con un forte accento romagnolo, ama dipingere la notte nel garage illuminato da candele, si ciba solo di prodotti della cucina locale e non ama il calcio; Silvana, psicologa laureata a pieni voti, ama il cinema d’autore, il vino doc, veste esclusivamente con abiti di colore nero, beve il caffè al vetro, alto e bollente, ama segretamente Tony Hadley, un cantante britannico, ex frontman degli Spandau Ballet, odia i fumatori; Ubaldo, dei tre quello con più rabbia in corpo, è nato a Torino da genitori immigrati ed entrambi dipendenti FIAT, è laureato in lingue orientali ma svolge il mestiere del dormitore professionista, assunto da hotel a cinque stelle per testare per diversi giorni di seguito il livello di comfort di letti, cuscini, coperte, lenzuola, materassi e reti presenti nelle varie camere, balla in maniera egregia il Tango figurato, tifa Toro, quello vero non la Cairese; e, dulcis in fundo, Francesca, fervida comunista marxista leninista, ama la cultura del movimento hippie anni sessanta, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti per poi dedicarsi alla realizzazione di fumetti legati alla controcultura e alla psichedelia, consuma alcool con allarmante regolarità, non pratica l’anilingus.

Di tutte le personalità, è quella che interagisce di più con l’esterno ed è perfetta nel costruire relazioni sociali. Anche Cesena, dunque, avrebbe avuto la sua “Biblioteca vivente”, rivolta a tutti quegli individui, disponibili a condividere le proprie esperienze che credono nel valore dell’incontro. L’idea era frutto della lettura di un articolo di un quotidiano dove si evidenziava che, dal 2005, il Consiglio d’Europa aveva elaborato un vademecum della Biblioteca Vivente a disposizione di associazioni e istituzioni comunali che volessero allestirla nel proprio territorio.

La proposta fu pubblicizzata tramite i principali social oltre che nel sito del nostro circolo. L’attesa fu snervante come quando stai aspettando di conoscere il sesso del nascituro, ma le risposte furono ancora più sorprendenti. Gli unici ad aderire all’iniziativa, per il momento, erano le quattro personalità di Paolo. Direi che abbiamo cominciato con il botto!

A cura di Marco Benazzi – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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