Ricorrenza Superga

Sono le 17 di un giorno piovoso e freddo, a Torino la gente inizia ad affollare le vie ed i corsi cittadini, ha terminato il lavoro e si avvia alle fermate dei tram per tornare a casa; in Corso Francia, all’aeroporto dell’Aeritalia, si attende l’atterraggio di un aereo, è quello che riporta a casa il Torino, reduce dalla trasferta di Lisbona, dove ha incontrato il Benfica per onorare capitan Ferreira, amico di Valentino Mazzola, in difficoltà economiche; pochi minuti prima il comandante Meroni ha comunicato alla torre di controllo di essere in prossimità della città.
A Sassi, sotto la collina di Superga, tutto è avvolto nella nebbia quando si sente un suono sordo, quasi un tuono, anche se non c’è nessun temporale, sono le 17.03; intanto all’Aeritalia il Fiat G.212 non si vede e dalla torre di controllo si tenta di mettersi in contatto con l’aereo, attendendo una risposta che non arriverà mai.
Quel suono sordo alle 17.03 è quello prodotto dall’impatto dell’aereo che trasposta il Torino contro il terrapieno posteriore della basilica di Superga; muoiono tutte e 31 le persone trasportate sull’aereo ed ai primi che arrivano sul luogo del disastro, richiamati dal rumore, appare una scena terrificante, con i rottami ed i corpi straziati disseminati tutt’intorno.
Capire chi c’era sull’aereo è cosa immediata, tra i rottami spuntano scarpini da gioco, qualche lembo di maglia, un documento che i focolai accesi dall’impatto hanno risparmiato: è l’aereo del Toro!!!
La notizia si diffonde immediatamente in città ed in molti tentano di salire sul colle ormai presidiato da polizia e carabinieri, con i vigili del fuoco e le ambulanze che compiono la pietosa opera di recupero dei corpi; si sale anche dai sentieri che portano sulla collina, da quella parte c’è meno controllo e si riesce ad arrivare più vicini al luogo della tragedia, persino a raccogliere qualche pezzo d’aereo o, chissà, qualche altro oggetto da tenere gelosamente per ricordo.
A Superga, in quel pomeriggio di freddo e pioggia è terminata la cavalcata del Torino ed inizia la Leggenda del Grande Torino, una squadra di calcio che nel primo dopoguerra, quando l’Italia tentava faticosamente di risollevarsi dalla immane distruzione lasciata dal conflitto mondiale, con in più una guerra fratricida, aveva dato speranza ed orgoglio agli italiani, che cercavano in qualsiasi modo, anche con lo sport, di tornare a vivere.
Il Grande Torino vince cinque scudetti consecutivi (dal 1942/43 al 1948/49) e stabilisce record incredibili, alcuni dei quali tutt’ora imbattuti; allo stadio Filadelfia il Toro rimane imbattuto per 100 partite in sei stagioni consecutive, sin dal 1941.
Difficile resistere a quello squadrone che fornisce il maggior numero di giocatori alla Nazionale italiana, stabilendo anche il record di 10 componenti la formazione che l’11 maggio 1947 batte, a Torino, l’Ungheria per 3-2, dove solo il portiere, Sentimenti (della Juventus) non è granata.
Giocare al Filadelfia contro il Toro è impresa che mette i brividi a chiunque e, come non bastasse, al suono della tromba di un tifoso, Oreste Bolmida, capitan Mazzola arrotola le maniche della maglia ed inizia il “quarto d’ora granata”, una sarabanda cui è praticamente impossibile resistere.
Oggi, a settantotto anni da quella tragedia, il Torino ed i suoi tifosi rendono omaggio a quei morti, salendo ancora una volta al colle per una preghiera sulla lapide su cui sono impressi i nomi dei caduti, la messa e la lettura da parte del capitano della formazione granata di quelle 31 persone fermate dal destino in un pomeriggio di pioggia e nebbia ai piedi della Basilica di Superga.
L’elenco dei caduti:
Giocatori: Bacigalupo, Ballarin I, Ballarin II, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Gabetto, Gava, Grezar, Loik, Maroso, Martelli, Mazzola, Menti, Operto, Ossola, Rigamonti, Schubert.
Dirigenti: Agnisetta, Civalleri, Bonaiuti.
Allenatori: Erbstein, Lievesley, Cortina (massaggiatore).
Giornalisti: Casalbore, Tosatti, Cavallero.
Equipaggio: Meroni, D’Inca, Biancardi, Pangrazi.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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