L'attrice Paola Pitagora

All’età di dieci anni, c’è chi ha cambiato il taglio di capelli, chi ha smesso di portare l’apparecchio per raddrizzare i denti, e chi, come me, si è innamorato. “Lei” si chiamava Paola1, e la prima volta che l’ho vista, è stato in fotografia, su “Topolino”, nella pubblicità di una pista di macchinine.

Ricordo che aveva due gambe lunghe che non finivano più e indossava delle calze di lana colorata che mi facevano arrossire. Poi, la vidi esibirsi in televisione nei panni di Lucia Mondella, in una replica de “I Promessi Sposi” di Sandro Bolchi e in quelli di Judith Adamson, l’affascinante addetta stampa nello sceneggiato “A come Andromeda”2 diretto da quel grande artista di Vittorio Cottafavi, e così, mi decidetti a scriverle una lettera. Ci misi tre giorni ma ci riuscii e prima di chiudere la busta, indirizzata a: sig.ra Pitagora Paola (l’attrice), ROMA, gli spruzzai un po’ di dopobarba “Mennen Skin Bracer”, il preferito di mio padre. Poi, mi fiondai ad imbucarla.

A luglio inoltrato, partecipai ad una giornata al mare organizzata dalla parrocchia e, all’improvviso, vidi un nutrito gruppo di persone scapicollarsi verso lo stabilimento balneare accanto al nostro. Chi aveva in mano una macchina fotografica, chi lampade, ombrelli al contrario, parrucche, e in mezzo a tutto questo viavai, c’era “lei”, stesa su uno sdraio, sotto all’ombrellone.

Non mi pareva vero e, dopo aver tracannato un bicchiere di spuma al ginger, presi la corsa con le gambe che mi facevano giacomo giacomo e il cuore che batteva a mille all’ora e mi infilai sotto al “suo” ombrellone. Lei, si tolse gli occhiali da sole, mi fece un sorriso smagliante, di quelli il cui ricordo può durare tutta una vita, e mi disse: “Chi sei, bel bambino?” A me, venne un groppo in gola, di quelli che a mala pena ti consentono di dire il tuo nome. Rimasi lì inebetito, ad ammirarla neanche fosse la “Venere vincitrice” del Canova, fino a quando una suora della colonia, alla quale augurai una scarica di diarrea, mi arpionò il braccio infrangendo il sogno.

Prima che la monaca mi riaccompagnasse tra le grinfie del prete, “lei” si alzò, mi diede un bacio sulla fronte e mi salutò: “Ciao, Marco, vai a divertirti con i tuoi amici e fai il bravo!” Dopo neanche un minuto, arrivò un moraccione, con due spalle da facchino della stazione, che gli diede un bacio in bocca, lungo che non finiva più.

Io, a testa bassa, ritornai dai miei amici che mi saltarono addosso come se avessi parato un rigore a Gigi Riva e, quando mi domandarono perché mi avesse baciato, io gli risposi: “Capita, a chi Policar3!

1 (Paola Pitagora) nome d’arte di Paola Gargaloni (Parma, 24 agosto 1941), è un’attrice italiana, famosa per la sua versatilità nell’interpretare ruoli sia teatrali che cinematografici, oltre che televisivi, nella sua pluriennale carriera ricca di successi e di affermazioni. (fonte Wikipedia)

2 “A come Andromeda” è uno sceneggiato televisivo in cinque puntate trasmesso dalla RAI nel 1972 diretto da Vittorio Cottafavi e basato sull’omonimo romanzo fantascientifico scritto da Fred Hoyle in collaborazione con John Elliot, adattato per la televisione dallo scrittore italiano di fantascienza Inisero Cremaschi. (fonte Wikipedia)

3 Era lo slogan utilizzato dalle automobiline Policar, pubblicizzate da Paola Pitagora, su tutti i numeri di Topolino nel periodo del lancio della pista Policar.

A cura di Marco Benazzi – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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