Lellio Luttazzi è stato un mito della nostra Radio Televisione Italiana, tanti sono stati gli show televisivi e radiofonici; l’artista triestino si è sempre distinto per la sua professionalità, in un momento particolare per l’Italia, quando la Rai il 3 gennaio del 1954 iniziò il regolare servizio pubblico di televisione e la Rai appare sul piccolo schermo con il suo primo canale. Alla fine degli Cinquanta la televisione raggiunse il 58% della popolazione, e nel 1961 arriverà al 97% degli italiani. Le trasmissioni radiofoniche, invece, sono diffuse ormai regolarmente dai primi anni Venti, del Novecento con la radiodiffusione, in questo periodo si chiamava EIAR.

Poi negli anni Cinquanta sempre del Novecento, l’ente televisivo cambia il nome in Rai, e inizia le prime sperimentazioni televisive con le reti nazionali: il primo, il secondo e il terzo programma. Nei primi dieci anni di vita gli abbonati crescono costantemente dai 24.000mila del decennio Cinquantaquattro a oltre 6 milioni nell’anno Sessantacinque. In ogni casa è ritrovo pubblico, si raccoglie tutto il vicinato per vedere i nuovi programmi della televisione italiana. La televisione italiana, come servizio pubblico, viene pensata non solo come occasione di intrattenimento ma anche come strumento di educazione e informazione: si pensa che il mezzo televisivo possa aiutare a combattere il diffuso analfabetismo.

In tal senso contribuisce a creare una lingua nazionale molto più di quanto sia stata in grado di fare la scuola. Inizialmente i programmi durano quasi quattro ore, la pubblicità non esiste. Le trasmissioni iniziano alle 17:30 con la TV dei Ragazzi s’interompono per riprendere con il telegiornale delle 20:45 e poi le programmazioni continuano durando fino alle ore 23:00. Nel 1957, una prima svolta: viene intradotta la pubblicità con Carosello, i bambini e i ragazzi finito carosello vanno a letto. La TV è resa così presto popolare dell’intrattenimento, ma l’informazione rimane la vetta più importante è di eccellenza della Rai: oltre il 70% dei telespettatori segue il telegiornal. Gli sport più visti e amati sono il ciclismo e il calcio, puntualmente illustrati dalla Rai. Sul finire del decenniosi affermano sistemi di registrazione. La TV non è più ancorata alla diretta ma può registrare, conservare e riproporre. Nel 1962 vede la luce anche il secondo canale televisivo, per la prima volta la radio televisione italiana si collega via satellite con l’America e pochi mesi dopo iniziano le prime sperimentazioni per le trasmissioni a colori, che avranno un avvio ufficiale solo nella seconda metà degli anni Settanta, esordiscono anche le trasmissioni regionali e il giornalista conduttore sostituisce il lettore del telegiornale. Nel 1975 viene inaugurata la Terza Rete Televisiva a diffusione sia nazionale che regionali è le prime reti locali commerciali fanno la loro comparsa nel panorama televisivo italiano.

In tutto questo contesto la Rai, Radio Televisione Italiana, a preso il ruolo di ente pubblico statale, con una precisa politica culturale di notevole valore ed espressione formativa. I suoi programmi sono sempre al Top essi hanno aiutato milioni di italiani che nel dopoguerra di parla degli anni Cinquanta erano ancora notevolmente analfabeti e la nostra Radio Televisione Italiana ha avuto in questo ruolo un importante ruolo nel tessuto culturale italiano. I programmi noti della Radio Televisione Italiana sono stati tanti, sono stati un’icona per la rete statale italiana, tra questi spiccano due programmi, sono due varietà musicali di maggior ascolto, fu Canzonissima e Studio Uno.

Canzonissima iniziò la sua programmazione tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, i conduttori furono Corado Maltoni e Raffaella Pelloni, in arte Carrà, la regia fu di Romolo Siena, gli autori furono Paolini e Silvestri, le musiche del Maestro Berto Pisano e la sua orchestra; in realtà l’orchestra era quella della Rai, l’orchestra Ritmica Leggere della Radio Televisione italiana, le scenografie furono di Tullio Zitkowsky, i costumi di Enrico Ruffini le coreografie di Gisa Geert. Per il terzo anno consecutivo la trasmissione abbinata alla Lotteria Italia, riprende il nome delle origini, Canzonissima. I conduttori di questa edizione che viene trasmessa nel 1970, saranno Corrado Mantoni e Raffaella Carra la showgirl emiliano romagnola. Forte del successo della canzone “Io Agata e Tu”.

In’altro varietà importante per la rete televisiva italiana è “Studio uno”, fu preceduto nello stesso anno del 1961 dalle quattro puntate di “Giardino d’Inverno”, un programma anch’esso chiamato varietà musicale, in onda sul primo programma nazionale della RAI in sabato sera, prima puntata del gennaio 1961. Studio Uno fu scritto dall’autore Antonello Falqui che ne curò anche la regia e da Guido Sacerdote altro grande autore, nelle varie stesure dei testi si dono alternati, nelle varie edizioni anche altri notevoli autori, fra I quali Castellano e Pipolo, Lina Wertmuller e Dino Verde. Il varietà poi è entrato nell’immaginario collettivo, come prototipo dello spettacolo di intrattenimento”leggero” della televisione italiana in bianco e nero degli anni Sessanta. Studio Uno e stato un trampolino di lancio per numerosi attori, cantanti, ballerini, soubrette, che poi hanno proseguito la loro carriera nel mondo dello spettacolo con grande successo. Fra essi il ballerino e coregrafo l’itslo-americano Don Lurio che fu anche l’ideatore delle coreografie della prima edizione “Da-Da-Un-Pa, cantata e danzata dalle ballerine tedesche, le Gemelle Kessler e dai Boys i Gemelli Blackburn, Marce Amont, entertainer di statuina internazionale, da Marc Roney, stralunato mimo e prestigiatore, il corpo di ballo delle bluebelle Girls e i ballerini Paolo Gozlino ed Elena Sedlak il Quartetto Cetra, protagonista nel 1964 di una sorta di Sipin Off, nell’ambito dei Mas Media, essa è un’opera derivata e sviluppata da un’opera principale, tipicamente un prodotto audiovisivo nato da una serie televisiva, o da un film, o da un videogioco, o un varietà, che mantiene l’ambientazione dell’opera originaria, ma narra storie parallele focalizzando l’attenzione sui personaggio diversi, spesso secondari nell’opera di riferimento, il titolo del programma, aveva per titolo “Biblioteca di Studio Uno”.

Grazie al programma, confolidarono la loro popolarità anche altri artisti, già affermati; fra essi, Arturo Testa, Luciano Salce, Lellio Luttazzi Rita Pavone, Milly, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. La vera rivelazione però, negli anni in cui fu chiamata a condurre Studio Uno, fu però la cantante cremonese Mina Mazzini, spigliata padrona di casa che, al di là delle indubbie capacità vocali, rivelò doti di conduzione, pronta nella rubrica “L’Uomo per me”. Con Lellio Luttazzi poi Mina fecero dei duetti insieme, lui accompagnandolo al pianoforte. “Canto anche se sono Stonato”, Lellio Luttazzi si esibisce nel 1961 a “Studio Uno” mostrando la sua anima Swing e le sue capacità da showman.

Compositore minuzioso, capo orchestra innovativo, nato cent’anni fa nell’aprile del 1923 a Trieste è stato una delle figure più rappresentative del periodo d’oro in cui la Musica, il teatro, il cinema e la televisione parlavano un linguaggio comune. Per il centenario delle sua nascita, il documentario “Souvenir d’Italy” – titolo di una delle sue canzoni di fama internazionale – racconta la sua incredibile vicenda personale. Il documentario “Souvenir d’Italy”, scritto e diretto da Giorgio Verdelli, coproduzione dalla Rai Documentari e MAD Entertainment con il contributo di Rai-Teche, il supporto e disponibile sull’App RaiPlay. “Souvenir d’Italy “, è il racconto di un grande artista ma anche di una vicenda umana mai troppo approfondita ed esaminata. Forse proprio per l’estrema signorilità e riservatezza di questo artista, “Portatore dono in Smoking”, come lo definì l’autore Enrico Vaime. Scovando le fotografie, i programmi, i film e l’immenso catalogo delle edizioni musicali delle sue opere, il docufilm è impreziosito dalle performance vocali e strumentali dei grandi nomi del jazz italiano l’artista Lellio Luttazzi, in questo è stato un maestro. La narrazione si completa con le testimonianze dei tanti artisti, della figlia Donatella e della moglie Rossana Luttazzi, di cui vediamo un intenso estratto. Il musicista triestino ha composto brani come “Una Zebra a Pois”, cantata dalla grande cantante Mina Mazzini, “Vecchia America”, brano per il Quartetto Cetra, “Eccezionalmente, Si”, interpretata dalla grande Jula de Palma, e “You’ll Say Tomorrow”, registrato per farlo cantare all’attrice Sophia Loren.

Lellio Luttazzi è stato autore inoltre delle colonne sonore dei film celebri di Totò e Peppino de Filippo, e la Malafemmina, del 1956; “Peppino le Modelle e Ch’ella Là, del 1957 e “Gambe d’Oro”, del 1958. Di capolavori del cinema italiano come “Venezia la Luna è Tu” del 2958 del regista Dino Risi e “Risate fi Gioia” del 1960, del regista Mario Monicelli. Negli anni Sessanta è stato attore ne “L’Avventura”, film del 1960 con la regia di Michelangelo Antonioni, “L’ombrellone”, del 1963 con la regia di Dino Risi e nel film a episodi “I Complessi” del 1965. Tra il 1965 e il 1966 il pianista Lellio Luttazzi conduce il grande varietà della Radio Televisione Italiana, “Studio Uno”, insieme alla grande cantante Mina Mazzini e alle gemelle Kessler, le ballerine tedesche. Il successo per il musicista triestino arriva nel 1967 con un’altra trasmissione Cult radifonica dal titolo, “Hit Parade”, un appuntamento immancabile per la maggioranza degli italiani. Nel giugno del 1970 è vittima di un clamoroso sbaglio giudiziario: viene arrestato insieme all’attore Walter Chiari con l’accusa di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Rilasciato dopo venticinque giorni di carcere, il 22 gennaio del 1971 sarà prosciolto dalle accuse. Un errore che ferì una persona , un’artista integerrimo e geniale mai realmente “risarcito” dai media, anche per il suo estremo pudore. La sua attività è stata ricca di avvenimenti importanti, specialmente nel periodo del dopoguerra, gli viene offerto di aprire, insieme alla sua formazione, il concerto dell’artista torinese Ernesto Bonino al Teatro Politeama di Roma. L’incontro è destinato a cambiargli la vita poiché, al termine dell’esibizione, Bonino gli chiede di scrivere una canzone per lui, dal titolo, “Il Giovanotto Matto”, incisa nello stesso anno, il 1943, questo brano Scala la Top Ten diventando un clamoroso successo, di cui Lelio Luttazzi viene a conoscenza solo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando la SIAE gli comunica il provento dei suoi diritti d’autore: 350.000mila lire. Decido a fare così il musicista, nel 1948 approdaaMilano, dove trova lavoro come direttore musicale alla Casa Discografica, la CGD, del direttore Teddy Reno. Nello stesso anno sposa Magda Prendini, da cui l’anno successivo le nascerà la figlia Donatella, l’unione matrimoniale avrà la sua vita insieme fino al 1963. In questo periodo florido Lellio Luttazzi partecipa ad alcuni quiz televisivi condotti dall’italo-americano Michele Bongiorno, in arte Mike, e approda al cinema per comporre le musiche di “Il Microfono è Vostro”, del 1951, con la regia di Giuseppe Bennati.

Il successo è travolgente e il musicista triestino continua nella sua attività musicale scrivendo canzoni note che diverranno successi anche internazionali. In questi anni così floridi Lellio Luttazzi è all’apice del successo egli compie il duo debutto televisivo come direttore d’orchestra nel varietà “Musica in Vacanza”, affianco dell’altro grande artista Gorni Kramer, Alberto Bonucci, Paolo Ferrarie Adriana Serra. Negli anni Novanta amareggiato, decide di ritirarsi a vita privata. Torna in TV soltanto nel 2006 come ospite d’onore di Fiorello a “Viva Rai2” e ripete quest’espetienza due anni dopo, decidendo di farsi intervistare da Fabio Fazio, nel programma “Che Tempo che Fa”. Nel novembre del 2008 decide di ritornare nella sua Trieste è vi si trasferisce insieme alla moglie Rossana, conosciuta a Roma nel 1975, e sposata a Cerveteri quattro anni dopo. La sua ultima esibizione pubblica avviene nel 2009, quando accetta di accompagnare al pianoforte la giovane cantante Arisa, al Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Lellio Luttazzi muore all’età di 87 anni nella sia città natale Trieste, a causa di una neuropatia che lo affliggere da tempo.

A cura di Alessandro Poletti – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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