L’ultima grande soddisfazione di una vita lunghissima, sempre con tanto potere in mano, non se l’é potuta godere in pieno. Parliamo delle Olimpiadi nella sua patria, Rio de Janeiro. Lui, Jean Marie Faustin Goedefroid Havelange, protagonista nel bene e nel male del calcio mondiale era malato da tempo e degente in una camera dell’ospedale Samaritano di Rio de Janeiro con seri problemi respiratori derivati da una polmonite.

Il suo lungo percorso terreno è terminato all’alba del 16 agosto. Brasiliano dalla testa ai piedi, avvocato, figlio di genitori benestanti belgi, se n’è andato all’età di 100 anni, tre mesi e otto giorni. Quasi un record, come le cariche che ha retto nel corso della sua eterna carriera da dirigente “sempre sulla cresta dell’onda”. In gioventù è stato un grande nuotatore e pallanuotista (il suo sport d’origine), poi nel calcio e pure nel comitato olimpico. Nel mondo del pallone Joao Havelange è stato un “padre-padrone” prima che lo diventasse Sepp Blatter.

Forse persino di più. Perché dal 1958 al 1975, da numero uno della federazione brasiliana, è stato anche tre volte campione del mondo (1958-1962 e 1970). Poi, dal 1974 al 1998, è stato il primo non europeo a comandare la Fifa. In 24 anni di potere assoluto ha trasformato la Federazione in un centro d’affari. Nessuna opposizione, nessun rivale per un quarto di secolo: giramondo instancabile, ha visitato tutte le Federazioni mondiali, sviluppando sempre di più il concetto a lui caro del calcio-business. Mondiali asserviti alle tv, più squadre per Africa e Asia serbatoi di voti, gare ad orari impossibili. Scarso rispetto dei calciatori, tanto che Maradona gli aveva dichiarato guerra.

Nel ’90 il “pibe de oro” disse “ha vinto la mafia” e si rifiutò di stringere la mano ad Havelage. Un’ altra frase celebre di Maradona: “se buttate un dollaro per aria difficilmente lo farà cadere per terra”. Havelange è stato accusato nel 1980, anche da Artemio Franchi, per i suoi comportamenti poco trasparenti.

Tra le tante novità del suo mandato quella di allargare i Mondiali di calcio da 16 a 24 ed infine a 32 squadre per guadagnare consensi e voti (sempre utili ed indispensabili) finendo inevitabilmente in mezzo a scandali con accuse di corruzione e malversazione. Vi viene in mente qualcuno? Lui, però, è rimasto in sella fino a tardissima età. Infatti è rimasto presidente onorario della Fifa fino all’aprile 2013 quando, già anziano e malato, a quasi 97 anni, ha pensato bene di dimettersi causa della tangente sui diritti tv e commerciali incassata dall’Isl (colosso del marketing sportivo). Una fine ingloriosa che ha segnato l’inizio della fine anche del suo successore svizzero Blatter.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Getty Images

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Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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