Quanto è difficile intraprendere la carriera giornalistica al giorno d’ oggi? Quanto è diventato difficile raccontare la realtà in maniera lucida e obiettiva? Nell’ era dei social network, tutti ci sentiamo giornalisti in grado di dire la nostra su qualsiasi cosa, non è vero? Io, da giornalista, posso dire che non è affatto facile rapportarsi con questa società 2.0. Per fortuna, però, nonostante questa evoluzione o involuzione (a seconda dei punti di vista) del giornalismo, possiamo continuare a contare su dei veri e propri pilastri che hanno reso davvero grande questo mestiere. Uno di questi mostri sacri è senza dubbio il mitico e insuperabile Marino Bartoletti (classe 1949), da Forlì. Giornalista sportivo e non, ha collaborato in varie vesti con numerose testate tra cui il Resto del Carlino, il Giorno e il Guerin Sportivo. Ha condotto o ideato una quantità impressionante di programmi (il suo gioiello è “Quelli che il calcio”). Ha diretto, oltre al Guerin Sportivo, sia la testata sportiva della Rai che quella di Mediaset. Insomma, un vero maestro del giornalismo. E proprio da Bartoletti, vogliamo sapere qualcosa di più sulla sua carriera e sul suo e mio mestiere.’

Bartoletti, quando e soprattutto perchè ha deciso di fare il giornalista?

“Non mi è facile trovare una data precisa. Certamente, a posteriori, mi vien da pensare che sia stata molto forte la suggestione delle Olimpiadi di Roma del 1960. Forse, fu proprio allora che nacque, inconsciamente, il sogno di poter, un giorno, raccontare le emozioni che dà lo sport. Il resto, a vent’ anni, lo fece la mia passione per il basket. Fondai un giornalino, qualcuno lo vide e, subito dopo, mi trasferii a Milano”.

Quanto è cambiato il giornalismo da quando ha iniziato? Secondo lei, è peggiorato o migliorato da allora?

“Non è migliorato. Temo che il sacro fuoco che induceva la mia generazione a sporcarsi le scarpe per inseguire inchieste e fare interviste, ora sia molto stemperato da un’ omologazione da social che non sempre è amica dell’ applicazione per quello che si fa. Forse esiste più una preparazione di base, ma minor voglia di migliorarsi”.

Bartoletti, c’è stato un Maestro che le ha insegnato il mestiere?

“Quando arrivai a Milano, al Guerin Sportivo, vidi Gianni Brera che batteva sui tasti della sua Lettera 22 (una famosa macchina da scrivere dell’ Olivetti n.d.r). Non aggiungo altro, se non la mia riconoscenza per Aldo Giordani, papà della pallacanestro italiana moderna”.

Spostandoci dal Basket al Calcio italiano, quest’ ultimo può ritornare ad avere l’appeal di un tempo?

“Bisogna capire che cosa significa appeal. Oggi ne ha tanto, forse troppo: proporzionato alle sue possibilità di accesso in tutte le sue forme. Se, invece, parliamo di possibilità di rinascita, io non sono pessimista. E’ vero che la globalizzazione non aiuta; è vero che non aiutano le graduatorie del potere economico: ma per fortuna è altrettanto vero che ci sono alchimie e radici che, a volte, sono superiori alla logica”.

Per quanto riguarda le Olimpiadi di Rio, gli atleti azzurri hanno deluso o rispettato le aspettative?

“Le Olimpiadi brasiliane hanno dato risultati superiori alle aspettative. Alcune medaglie sono state veramente preziose e pesanti; abbiamo anche riscoperto la gioia di veder eccellere le nostre squadre, malgrado assenze molto dolorose. Non è detto, quindi, che le Olimpiadi siano un termometro attendibile dello stato di salute di un movimento sportivo: ma possono essere un buon volano di passione per i giovani e per le discipline un po’ più sleeping. In questo senso, penso che scuola e infrastrutture permettendo, ci siano stati buoni e appassionanti esempi da seguire”.

Cosa ne pensa del caso Schwazer e del doping che, ogni tanto, torna a far danni?

“Se qualcuno vuole saperne di più, lo rimando all’ opinione che ho espresso a caldo sul mio profilo facebook. La sintesi è che la crudeltà con cui è stata gestita l’ intera vicenda, a mio parere, sia stata superiore persino alle possibili colpe”.

Per finire, volevo chiederle quali caratteristiche, secondo lei, deve avere un buon giornalista?

“Conservare sempre la capacità di inventare: di precedere il gruppo con fantasia e creatività, di studiare, studiare e studiare: non solo su Wikipedia”.

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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