Una squadra senza allenatore è come una torta panna e nocciola senza ciliegina.

Proprio così, un allenatore può essere considerato la classica “ciliegina sulla torta”, un idioma che, nel nostro caso, porta all’aggiunta di un ingrediente ottimo così da rendere migliore il prodotto. Certo, qualcuno potrebbe obbiettare sul fatto che una ciliegia vale l’altra, ma questa teoria, peraltro non vera, non può essere applicata nel caso in questione, soprattutto se la “nostra ciliegia” ha fatto la differenza in questi ultimi due lunghi, ed estremamente emozionanti, anni.

Lo sapete da dove proviene la ciliegia più bella (e buona) d’Italia? Da Roseto Capo Spulico, una gemma nascosta della Calabria di circa 2.000 abitanti, situato nell’Alto Ionio Cosentino. Stessa terra in cui, nell’agosto del 1971, nacque Domenico Toscano, la ciliegina di questa bella e appetitosa torta chiamata Cesena FC, che dopo averne assaggiate due fette, non vedi l’ora di sentirne anche una terza, e una quarta.

In occasione di una vacanza trascorsa nella “Grande Mela”, fui rapito dalla fioritura dei ciliegi, a Central Park, durante una camminata digestiva, un ottimo modo per conoscere le diverse varietà di ciliegio che si possono trovare nel parco. Ricordo due specie in particolare, lo Yoshino e il Kwansan, che fioriscono a fine aprile e inizio maggio.

Rimasi così colpito da tanta bellezza visiva e olfattiva, che decisi di visitare, questa volta a pagamento (sigh!), i giardini botanici di Brooklyn e New York, accorgendomi al temine delle visite, che gli alberi di ciliegio, noti anche come Sakura, incorniciavano lo skyline di New York City.

Ora, di certo, anche quegli alberi produrranno ciliegie squisite, da utilizzare per la realizzazione di invitanti cheesecake miste allo yogurt, o barattoli di ciliegie al maraschino, piuttosto che per il cocktail che amo alla follia e che quest’anno festeggia il 150° dalla nascita: il “Manhattan”, titolo del miglior film di Woody Allen, composto da rye whisky o in alternativa bourbon, vermouth rosso, un goccio d’angostura e guarnito da una ciliegia sotto spirito.

Un vecchio barman che conobbi nel secolo scorso in un luogo imprecisato del Pianeta Terra, mi consigliò di sorseggiarlo in momenti di meditazione e conversazione. Il consiglio dell’uomo della strada, avendo per le mani una ciliegina tra le più pregiate, è quello di sedersi ad un tavolo di un bar, dove il barman sia in grado di conoscere la differenza tra colino, strainer e cobbler shaker, ordinare cocktail Manhattan con buccia fresca di limone o arancio e conversare, meditando a lungo, sul futuro immediato della torta bianconera.

Mia nonna Attilia, che Dio l’abbia in gloriami ha sempre detto che le ciliegie sono buone fino al 24 giugno, il giorno di San Giovanni Battista, Patrono di Cesena, poi non si possono più mangiare perché pare che al loro interno spuntino quei vermetti che tutti o quasi, almeno una volta nella vita, hanno visto dentro al frutto.

Trattasi solamente di una credenza popolare? Può anche darsi, ma da quando ne sono venuto a conoscenza, non ho più mangiato ciliegie dal giorno successivo alla festa del Santo Patrono. Il countdown è già partito.

A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto Luigi Rega

Editorialista Marco Benazzi

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