Paura di non essere visti

Perche’ l’età sta diventando l’ossessione della nostra epoca?
Siamo l’era dell’eterna giovinezza, e molti spesso ci lamentiamo dello scorrere del tempo, per esorcizzare la paura di non essere più desiderati e di desiderare.
Sotto il ritratto c’è un cartiglio, un foglietto con su scritto “Col tempo”.
Si trova alle Gallerie dell’Accademia a Venezia.

E’ “LA VECCHIA” di Giorgione, il busto di trequarti, l’indice della mano destra puntato contro di sè, appena sopra il seno. C’e’ un altro dipinto di Giorgione conservato in un’altra ala delle Gallerie, “La tempesta”, con un’altra donna, rappresentata più giovane, nuda, nell’atto di allattare.
Potrebbe pure essere che le due donne siano la stessa, in età diverse della vita.
Con quel modo di essere viste, che è proprio della nostra società, prima giovani e madri, poi vecchie e quindi niente, mentre mostrano, seppure in modo diverso, un seno che non è erotico in nessuna delle due, prima e’ tenero, per tenere in vita, poi e’ avvizzito, ne’ buono da succhiare, ne’ bello da guardare.
Stadi, età della vita.
Facile sentire parlare di età.
Ho una certa età, alla mia età, a questa età, non dimostra la sua età, non ha età, con l’età.
Un ossessione!

L’età, intesa come tempo lineare che porta vecchiaia, che coltiva dentro di sè il seme della vecchiezza.
Mentre siamo qui a parlarne, sarà già fuggito via.

Dum loquimor fugerit invida aetas” è il verso che precede il più noto e popolare Carpe diem.
Cogli l’attimo, afferralo, carpisci, abbranca, agguanta quel tempo che sembra mangiarsi le ore, avidamente, come non fossimo noi a perderle, tra commerci umani e compravendita di merci, che è appunto il tempo speso.
La spesa del tempo, già, la più costosa di tutte!

Il tempo dell’essere, delle occasioni, sembra quasi un bisogno di controllo, di potere su quel ristretto ordine di anni, che una società paurosa e regolamentata impone.
All’interno di un collaudato sistema, che nutre e si nutre di farmaci e di creme prodigiose, chirurgia miracolosa, ginnastiche per ogni segmento di corpo, ripetuti soggiorni in luoghi di sedicente benessere, che tolgono anni e pieghe dall’anima, elisir di lunghissima vita, congelamenti, ibernazioni, immortalità.

Una cultura dell’età, che anzichè sollevarci, rassicurarci, ci lusinga, ci seduce, e al tempo stesso ci impaurisce, rendendoci fragili, al punto da farci intonare da soli, la nostra lamentazione funebre.
E’ il demone dell’invecchiamento, è l’incubo di non essere più visti, amati, voluti, mentre siamo ancora vivi.
E noi donne, quante volte siamo state criticate per il nostro bisogno di solitudine?
E quanto spesso, questo bisogno e’ stato considerato come la manifestazione di un malessere interiore?
Niente di piu’ sbagliato signore mie.
Perchè voler passare del tempo da soli non significa affatto essere soli!
Stare soli serve a rafforzare l’autostima, ma non solo, si diventa più empatici, più attenti alle emozioni degli altri, si sviluppa una migliore creatività.

Chiamasi questo benessere psicofisico!
Non si e’ “strani”, se si decide di camminare in solitaria, o di andare al cinema da soli.
Se c’e’ qualcuno di strano, e’ proprio chi non riesce a rimanere da solo, ovvio che condividere con qualcuno le proprie emozioni e’ bellissimo, ma stare solo significa semplicemente che ci sono momenti, in cui e’ possibile condividerle anche solo con noi stessi.

Sono i momenti in cui si impara a volersi bene, a prendersi cura di se’, a raccontarsi, e a scoprire chi siamo.
La paura più grande, allora, diventa quella di vivere con le persone sbagliate.
Alle donne, ma anche agli uomini dico: ricordatevi che non c’e’ valore più prezioso della propria libertà, e non dimentichiamoci mai che l’unica persona con cui passeremo tutta la vita siamo noi.
Ricordiamocelo sempre!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Fotolia

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Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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