LUIGI DI MAIO MINISTRO

Renato Cartesio, in francese Renè Descartes è stato un filosofo e un matematico francese (1596 -1650) fra i principali fondatori della matematica e della filosofia moderne. Cartesio viene chiamato “il padre della filosofia moderna” perchè dal suo pensiero iniziarono a prendere vita tutti i maggiori pensatori del Seicento e del Settecento.

Egli nacque in una delle più nobili e antiche dimore della Turenna, il nonno era medico, il padre di Renè, avvocato, prese la carica di Consigliere del Parlamento di Bretagna nel 1585; la madre Jeanne Brochard partorì Renè come terzogenito, dopo i fratelli Jeanne e Pierre. Quando Renè ebbe all’incirca un anno e mezzo la madre morì e venne accudito e cresciuto dalla nonna e da una balia.

Nel 1607 Renè entrò nel collegio di La Flèche fondato da Enrico IV e successivamente assegnato ai Gesuiti (1603); egli aveva molteplici interessi tra i quali la matematica, la geometria, la filosofia e anche l’arte. Al termine dei suoi studi in collegio si iscrisse all’Università di Poitiers per studiare Giurisprudenza.
Nelle sue innumerevoli ricerche riuscì ad estendere il metodo matematico alla filosofia secondo i criteri della “chiarezza e della distinzione”.

Cartesio fu un ricercatore e un creatore molto ispirato e sognatore, tant’è che mise le basi della geometria analitica e del teorema di Eulero sui poliedri.
Creò un salotto culturale nella sua dimora dove si incontravano abitualmente scienziati e filosofi, anche se venne definito molto riservato nella sua vita personale e nelle amicizie e per questa sua riservatezza più volte vennero fatte allusioni alla sua presunta omosessualità.
Il fine della filosofia cartesiana è la ricerca della verità attraverso la filosofia, intesa come strumento di miglioramento della vita dell’individuo, costruendo nell’uomo, attraverso la scienza, l’edificio del sapere.

Egli riteneva che il criterio di verità era collegato all’evidenza, a ciò che appare indiscutibile mediante l’intuizione (intesa come tipo di conoscenza immediata, che non si avvale del ragionamento o della conoscenza sensibile). Il problema sorge nell’individuare l’evidenza, cioè ciò che non può essere soggetta a forme di dubbio, quindi considerando che la verità tangibile può essere fasulla poiché è soggetta alla percezione sensibile (dubbio metodico) e allo stesso modo anche la matematica e la geometria poiché sono discipline che esulano dal mondo sensibile, queste si rivelano fasulle nel momento in cui si ammette l’esistenza di una entità superiore (ciò che Cartesio soprannominò “genio maligno”), colui che fa apparire reale ciò che non è (dubbio iperbolico); l’unica certezza che resta all’uomo è che egli è sicuro di esistere.

L’uomo riscopre la sua esistenza nell’esercizio del dubbio, egli infatti ritenne di poter trovare una sola realtà capace di sottrarsi al dubbio, questa realtà era il pensiero, perchè il fatto che l’individuo dubiti e quindi pensi, presuppone l’esistenza dell’individuo stesso.
Con la sua famosa frase “Cogito ergo sum”: “penso quindi sono” si identificò la prima salda certezza che il dubbio non può scalfire, dal momento che è propria dell’uomo la facoltà di dubitare, l’individuo esiste in quanto pensiero.

Cartesio partendo dalla certezza della sua esistenza arrivò a formulare due prove ontologiche e una prova cosmologica riferite alla certezza dell’esistenza di Dio. Nella concezione cartesiana Dio è “Bene” e pertanto non può nuocere e ingannare la sua creazione, ovvero l’individuo.
Le maggiori critiche ricevute furono quelle di Pascal, il quale gli rimproverò di sfruttare Dio per dare un “tocco al mondo”, oltre al filosofo inglese Hobbes e al teologo Arnauld, i quali lo accusarono di essere caduto in una sorta di circolo vizioso, tentando di dimostrare l’esistenza di Dio al fine di garantirsi quei criteri di verità che gli furono serviti per dimostrarla.

Il culmine del suo lavoro come filosofo si evidenziò con la pubblicazione del 1637 ”Il discorso sul metodo”, Cartesio scelse di definirlo discorso e non trattato poiché temeva le critiche degli accademici come accadde per Copernico e Galilei. A tale proposito si stabilì in Olanda dove la società del tempo, gli usi e costumi erano più tolleranti rispetto a quelli francesi.

Cartesio concepì inizialmente l’”Io” come avvolto in se stesso, come fosse in un bozzolo che deve schiudersi, egli infatti previde la sua evoluzione come un principio di ricerca nella validità di tutto ciò che lo circonda e per questo divise i suoi contenuti in tre classi: idee innate, idee avventizie e idee fittizie.
Le prime sarebbero presenti spontanemante nel pensiero, le seconde si formerebbero attraverso l’esperienza mentre le terze sarebbero composte dall’individuo anche se quest’ultimo non può sapere se siano reali o meno.

Nella sua idea legata a Dio egli lo descrisse come la perfezione totale, onnipotente e onniscente pertanto non è possibile che sia stato creato dall’individuo; quindi fuori di se stessi e al di sopra di sé secondo la sua concezione, Dio deve esistere come realtà certa e inattaccabile dal dubbio.
Il mondo esterno era per Cartesio un’estensione corporea (“rex estensa”) che si identificava con lo spazio e non contemplava l’esistenza del vuoto.
Nella sua filosofia venne chiamato a darsi per primo la spiegazione tra pensiero “res cogitans” e materia “rex extensa”, poiché egli previde l’estensione corporea come un meccanismo passivo mentre il pensiero come meccanismo attivo.

La sua soluzione fu del tutto teorica e incompleta, secondo la sua concezione il pensiero viene identificato come spirito e agisce sul corpo attraverso la ghiandola pineale; dopo tali affermazioni altri filosofi quali Spinoza e Leibniz tentarono di approfondire questo argomento poco esaustivo.
Nella fisica cartesiana l’Universo viene visto come un enome meccanismo messo in moto da Dio, il quale unifica in una sola visione tutti i fenomeni del Cosmo.
Anche la sua morte sembra sia controversa, ufficilamente morì di polmonite (malattia contratta a Stoccolma dopo essere stato invitato a palazzo dalla regina Cristina di Svezia), secondo alcuni studiosi invece egli fu avvelenato con l’arsenico, poiché al tempo era visto come un eretico sia da parte della Chiesa che dagli accademici del tempo.

La sua “provocazione” nell’attribuire alla ragione un ruolo fondamentale per l’individuo fu un pensiero imponente ed anticonformista per la visione del tempo, inoltre la frase “Penso, quindi sono” segnò un nuovo modo di vedere l’individuo e la realtà, aprendo un nuovo capitolo a favore dell’umanità.

A cura di Dott.ssa Barbara Comelato – Foto Google

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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