Nei miei primi anni di vita, ho vissuto per lunghi periodi, quelli più allegri e spensierati, a casa di mia nonna Attilia, in via Cotignola al civico 34, che confinava con il “Collegio di Don Baronio o meglio “Il Vaticano, così lo chiamavano gli abitanti di quella via, spesso e volentieri utilizzando la lingua vernacolare.

Quando, per la prima volta, lo incontrai mentre usciva dall’Istituto, procedendo stancamente in direzione Cattedrale di San Giovanni Battista, si fermò accanto a me accogliendomi con un sorriso che equivaleva ad una carezza, prese un santino di San Francesco d’Assisi e nel donarmelo mi invitò a recitare una preghiera per tutti i poveri e i bisognosi di questo mondo, e mentre lo guardavo e con lui recitavo la preghiera, sentivo una fragranza provenire da quell’omino curvo e malandato, dal tempo e dalle privazioni, che il mio olfatto riuscì a percepire ma non a decodificare e che tutt’oggi considero un “buon odore” legato al suo essere stato un Santo in terra.

Un uomo plurilaureato, proveniente da una famiglia benestante, di medi possidenti terrieri,che riusciva a rapportarsi anche e soprattutto con la gente del popolo, sia che si trattasse di ferventi credenti o di bestemmiatori seriali, ottenendo da tutti un profondo rispetto e aiuto seppur non richiesto. Ho conosciuto un “mangiapreti”, padre di un amico d’infanzia, il quale ogni volta che usciva di casa e vedeva il vecchio canonico procedere arrancando con l’aiuto del bastone, si proponeva di accompagnarlo a destinazione in automobile, con i modi e i gesti di chi sa d’essere di fronte ad un uomo che aveva scelto di vivere per aiutare il prossimo.

Quando il 7 febbraio del 1974, quell’omino dal sorriso carezzevole terminò il suo percorso terreno, furono in tanti a piangerlo certi d’aver perduto una persona dal cuore sempre aperto, e anche quel bambino, dallo sguardo triste e le ginocchia sbucciate, sentì dentro sé come una sorta di assenza, come se gli avessero sottratto dalle mani una grande boa oceanica, sulla quale poteva contare quando le nuvole, d’improvviso, oscuravano il suo ettaro di cielo. Ora, che quel bambino riposa da tempo dentro le segrete della mia anima, a distanza di 50 anni da quel triste giorno, sento il bisogno fisico e mentale di ricordare Don Baronio e di farlo conoscere a tutti quelli che, per ragioni anagrafiche, non hanno avuto la possibilità di incontrarlo lungo il loro cammino.

Consiglio la lettura dei testi che il Prof. Dino Pieri, gli dedicò tra la metà degli anni settanta e i prima anni del duemila. Cosa mi ha trasmesso quella breve e casuale ma fondamentale frequentazione? Che la povertà quotidiana che ancor oggi mi capita di respirare per le strade della vita, spesso si mostra felice perché vive con la filosofia del “potrebbe andare peggio”.

In un mondo dove 3 miliardi di persone vivono con circa 2,00 € al giorno e, al tempo stesso, le 300 persone più ricche del mondo possiedono la stessa ricchezza dei 3 miliardi dei più poveri, non resta che far tesoro della celebre frase del canonico “servo di Dio”: «Chi dà al povero, riceverà da Dio.»

A cura di Marco Benazzi – Foto Repertorio

Editorialista Benazzi Marco

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