Nata il 7 settembre 1949 a Newark nel New Jersey (USA), Gloria Gaynor è ormai considerata indiscutibilmente la “Regina della discomusic” e proprio così è stata soprannominata sia dai fan come dai media. Ha cominciato la sua carriera come oscura cantante ed intrattenitrice nei locali della costa dell’est dove si è fatta le ossa imparando a vincere la paura del pubblico e a muoversi agevolmente sul palcoscenico.

Gloria viene scoperta da Jay Elli, il manager che poi resterà al suo fianco negli anni a venire, proprio mentre canta in un nightclub di Manhattan, anche se alle spalle aveva già un singolo, prodotto nel 1965 da Johnny Nash e che già evocava quel marchio di fabbrica tutto ritmo e atmosfere soft tipiche della cantante afroamericana.

Il coronamento del suo successo arriva nel 1979 quando l’ormai celeberrima “I will survive”, epitome di tutte le canzoni “dance” sale la cima delle classifiche inglesi e statunitensi. Questa sorta di inno, questo pezzo movimentato ma anche capace di toccare le corde della commozione e del “bel suono”, con quelle indimenticabili terzine degli archi che ne costituiscono il geniale arrangiamento, rivoluzionò letteralmente quello che era il mercato discografico del momento (in seguito, fra i destini del pezzo, ci sarà anche quello di diventare una sorta di bandiera del movimento gay).

E’ inutile negare che il nome della Gaynor rimane indissolubilmente legato a quel brano, tanto è vero che in seguito la cantante faticherà a replicarne il successo (malgrado le ottime vendite di “I am what I am”, una hit nell’Inghilterra del 1983).

Una delle cause della sua parziale uscita dalle scene è stata l’incapacità di evolversi. Paradossalmente i critici le rimproverano a lei che ha quasi inventato un genere, proprio di essersi eccessivamente chiusa alle nuove tendenze, cosa che a nuociuto al rinnovamento della sua immagine e del suo stile musicale troppo legato, alle orecchie dei più, al pur “nobile” sound degli anni ’70 e ’80.

La Redazione giornalistica – Foto Reuter

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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