Pensate quando un giudice di linea chiama fuori una pallina e il tennista invoca l’intervento dell’occhio di falco che smentisce la chiamata. In quei casi il tennista incenerisce il giudice di linea con un’occhiata che lo invita a stare più attento.

Ecco, da questo campionato gli arbitri di serie A rischiano di essere inceneriti da migliaia di occhiatacce del genere. Infatti, il Var è ripartito con una novità importante. Le società possono decidere di trasmettere sul tabellone dello stadio le immagini registrate dell’assistente elettronico che correggono la decisione sbagliata presa dal giudice di campo. Ad esempio. Un arbitro vede uno sgambetto in area e fischia il calcio di rigore. In realtà, l’attaccante si è tuffato e non c’è stato contatto con il difensore. Il Var richiama l’attenzione del direttore di gara che va a rivedere le immagini, prende atto dell’errore e cancella il penality. Giocatori e pubblico possono brontolare, però confidano nell’oggettività delle immagini e alla fine si convincono che sia stata fatta giustizia, anche se a scoppio ritardato.

Oggi c’è un’aggravante in più. L’errore dell’arbitro sarà ingigantito su uno schermo, gli spettatori ne prenderanno atto e quell’errore condizionerà la reputazione del giudice di gara per il resto della partita. A questo punto a ogni errore sospetto, il pubblico penserà per riflesso condizionato che se ha sbagliato prima, ha sicuramente sbagliato anche adesso. Se nella stagione scorsa gli arbitri hanno rinunciato, in modo traumatico, all’insindacabilità del loro giudizio, nel secondo anno di Var si ritrovano al centro dell’arena circondati da migliaia di tifosi con il pollice verso. Se un tempo Concetto Lo Bello alzava il braccio inesorabile come fosse “Cassazione” e nessun giocatore poteva sottrarsi al suo giudizio definitivo, ora l’arbitro è retrocesso a un’imperfetta umanità.

Sbaglia come tutti noi, con la differenza che i suoi errori diventano pubblici. Come potrebbe capitare a un lavoratore “strigliato” dal suo capo davanti a tutti i colleghi; o a uno studente i cui “orrori” nel compito sono letti a voce alta in classe. Per questo arbitrare diventa ancora più difficile. Allora occorre essere più comprensivi e imparare a considerare l’errore di un arbitro non come una colpa, ma come il passaggio necessario per arrivare a una giustizia giusta.

È scorretto pensare che l’arbitro sbagli e il Var – a onor del vero non sempre – rimedia. La decisione finale è frutto della collaborazione tra uomo e macchina. Solo con questo salto culturale si guadagnerà serenità di giudizio. I giocatori dovrebbero aiutare i fischietti, risparmiando loro tensioni e polemiche. Proviamo per un attimo a immaginare se il megaschermo dello stadio ingigantisse anche un gol sbagliato da un metro o la papera di un portiere. Ahimè che disastro…

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Luce sport

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Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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