Nel giorno della condanna di Aleksej Navalny, già in carcere, i suoi più stretti collaboratori hanno reso pubblica un’inchiesta sul caso dello yacht Scheherazade ormeggiato a Marina di Carrara. Secondo Georgi Alburov e Marina Pevchikh il panfilo, lungo 140 metri, con due piattaforme di atterraggio per elicotteri, a prua e a poppa, tre camini, un biliardo, diverse spa, una piscina e saloni di bellezza, dal valore stimato in 700 milioni di dollari, apparterebbe al presidente russo Vladimir Putin.

Nonostante le smentite, a conferma dell’accusa ci sarebbero numerosi indizi. A cominciare dalle due pagine della ‘Crew List‘ che contengono 23 nomi, le date di nascita e gli estremi dei passaporti dell’equipaggio. Un documento compilato a Carrara il 17 dicembre del 2020 che ha consentito di rintracciare gli spostamenti. I membri sono tutti russi, escluso il capitano: il britannico Guy Bennett Pearce. Ma c’è un’altra cosa che hanno in comune queste persone: “Almeno dieci di loro sarebbero riconducibili al Federal Protective Service (Fso) – ovvero il Servizio di protezione federale – l’agenzia che protegge Putin e organizza la sua vita”, hanno spiegano Pevchikh e Alburov.

Il “numero due dello yacht”, sostengono gli accusatori, sarebbe Sergey Grishin, registrato nelle rubriche telefoniche di diverse altre persone come Sergei G Fso. A seguire ci sono una serie di nomi di persone residenti a Sochi, in via Furmanova 10, presso la sede dell’ufficio dell’Fso. Lo stesso ufficio che garantisce la sicurezza della residenza estiva di Putin, Bocharov Ruchey.

Inoltre, il gruppo degli oppositori del presidente russo ha bollato come prestanome il presunto proprietario dello yacht Eduard Khudaynatov, ex primo vicepresidente di Rosneft, e indicato come Gennady Nikolayevich Timchenko, tra gli oligarchi sanzionati dall’Europa, proprietario di Graceful, il precedente yacht di Putin ceduto all’oligarca prima di acquistare lo Scheherazade.

A cura di Elena Mambelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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