Parliamoci francamente: a parte i costituzionalisti, quindi esperti del settore, chi conosce tutta la Costituzione della Repubblica italiana?

Penso davvero pochi. Me compreso. Certo che è davvero bella.
Senza interpretazioni giuridiche ed esegetiche troppo noiose, si pensi alla semplice parola “Repubblica”. Spesso ci dimentichiamo che la nostra Nazione, la Repubblica appunto, rappresenta un corpo unico, indivisibile e necessario per rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono l’uguaglianza sostanziale, come sancito dall’articolo 3. Repubblica sorta sulle ceneri della monarchia, troppo compromessa col fascismo per essere ancora considerata una forma di governo vantaggiosa e conveniente per l’Italia egli italiani.

Certo è che è davvero una bellissima sintesi, fatta dall’unione delle principali forze politiche che rappresentavano, allora, la società civile sorta dalle ceneri del fascismo; il marxismo, il liberalismo ed il cattolicesimo. Una Costituzione che inizia con la parola Repubblica e termina, all’articolo 139, sempre con la stessa parola, per dire che la stessa non è oggetto di revisione e per confermare, quindi, la sua intangibilità e sacralità.
Una meraviglia di diritto: nei primi 12 articoli della Costituzione vengono affermati alcuni principi fondamentali che danno un’impronta unica alla nostra Costituzione. Non essendo un trattato di un costituzionalista ma un articolo di giornale, mi limito ad enunciare i Principi più importanti, sperando di non annoiare i miei quattro lettori.

Il Principio democratico: è la base a tutti gli altri, dal momento che non si può, in uno Stato, realizzare l’uguaglianza tra i cittadini, ottenere il rigoroso rispetto della persona umana e creare una situazione di libertà, senza la presenza di una solida democrazia. Il Principio personalista, sancito dall’articolo 2: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

Importantissimo il verbo “riconoscere”: la Costituzione definisce i diritti dei cittadini come naturali, non creati e concessi dallo Stato. “Riconoscere”, quindi, significa accettare che questi diritti umani siano preesistenti alla stessa formazione dello Stato. Il Principio di uguaglianza scritto nell’articolo 3 è forse quello che tutti conoscono a memoria.
Secondo questo principio gli uomini sono uguali per natura, nel senso che hanno gli stessi diritti.
Razza, sesso, opinioni politiche ecc. determinano importanti differenze tra i cittadini, ma non tali da rendere alcuni superiori e altri inferiori dal punto di vista dei diritti. In una società democratica la diversità non è solo un dato di fatto, ma una caratteristica essenziale, senza la quale la democrazia si trasformerebbe (come è avvenuto in epoche passate) in un regime.
Il Principio pluralista. È un principio tipico di qualsiasi Stato democratico. La nostra Costituzione, infatti, pur affermando che la Repubblica è una e indivisibile, inquadra la società italiana non come una semplice somma di individui, ma composta di tante realtà sociali differenziate.

Una Costituzione, quindi, che specifica valori e principi generalmente condivisi da tutti gli italiani; principi che la gran parte dei cittadini considera come propri e che sono patrimonio di tutti.
La Costituzione, però, non vive di vita propria e non è immodificabile. Il compito dei cittadini italiani è quindi quello di studiare la Costituzione e di rispettarla. Ciò non toglie che non la si debba adeguare con accortezza e lungimiranza, adeguandola alla mutata realtà economica, politica, storica e sociale di questo ultimo periodo.
Al di là dell’aspetto formale, della Costituzione sulla carta, pur importante, è opportuno e necessario conoscere o, meglio, riconoscere, la Costituzione materiale, cioè il modo in cui essa viene applicata e adattata, di volta in volta, in una società, come la nostra, in continua evoluzione. Molti studiosi, alcuni anche autorevoli, mettono oggi in discussione la necessità della nostra Costituzione, sostenendo che oramai, in un’epoca di globalizzazione e di unione di Stati, sia un’idea
del passato e quindi superata.

L’argomento è importantissimo, se vogliamo ancora riconoscerci nella nostra Carta costituzionale e condividerne i valori ed i principi ad essa sottesi. Una cosa è certa: fu scritta in un periodo distante davvero anni luce rispetto ai nostri e non si può
sorvolare su tale aspetto nel momento in cui i nostri politici mettono mano ad una riforma della Costituzione italiana. Il peso ideologico del momento in cui è stata formulata è inequivocabile. Un peso che appare in quell’articolo 1 in cui si afferma che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Compromesso storico e ideologico fra chi aveva vinto la guerra: viene dichiarata “democratica” e non totalitaria (impronta democristiana e liberale) ed è fondata sul lavoro (impronta marxista).

Come uomini e credenti, si può ragionevolmente sostenere che l’Italia sia fondata sul lavoro? Nessuno, di nessuna professione,arte o mestiere, può pensare che sia il lavoro a “crearlo” o a “fondarlo”; che il lavoro, sia, insomma, più dell’uomo stesso. Sostenere quindi che l’Italia è una repubblica democratica sarebbe una formula giusta e sufficiente.
E lo affermo senza alcun contenuto ideologico o politico, ma facendo leva sul buon senso e sulla ragionevolezza. Vi è un altro aspetto che potrebbe colpire chi legge attentamente la nostra Costituzione e che viene spesso ignorato. Nella Costituzione italiana esistono due settori nei quali i cittadini non possiedono alcun potere e che, proprio attraverso quei settori, si trovano a vivere in una situazione politica ed economica del tutto diversa da quella assicurata dalla Costituzione stessa: la politica estera e la politica fiscale. Tutto quello che riguarda l’Unione Europea è stato sviluppato sotto l’egida della “politica estera” sulla quale i cittadini non hanno diritto di interferire.

Mi riferisco alla perdita della moneta nazionale e a dover pagare tasse e tributi fissati da istituzioni non italiane.
Ed è in questo che la nostra Costituzione deve essere modificata: simili trasformazioni, che riguardano la realtà politica dei cittadini che si affidano ad essa, deve necessariamente passare per una sua modifica perché, come è evidente, se si concede ai governanti un campo nel quale sono del tutto liberi, attraverso quel campo passerà qualsiasi cosa. Compreso quello che gli italiani non vogliono e non hanno mai voluto.

Gli Italiani chiedono, dunque, che siano queste le riforme della Costituzione da prendere in considerazione da parte del governo, perché sono queste le uniche che li riguardano davvero e che li identificherebbero, totalmente, nella Costituzione. Tutto il resto può darsi che sia utile, ma non incide sulla cosa principale: la loro dignità di uomini nell’articolo 1 e il loro diritto di cittadini nell’articolo 75, che non ammette referendum per le leggi tributarie e di bilancio e di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.

Affatto sconosciuta, quindi, la Costituzione, agli italiani. I quali, se non conoscono magari a memoria tutti gli articoli (sfido chiunque a farlo), sono, ad ogni modo, perfettamente consapevoli dei principi e dei valori che vi sono scritti e che rappresentano questo splendido popolo. A proposito di splendore e di bellezza: se l’Italia è una Repubblica fondata sulla bellezza, come è stato recentemente proposto in Parlamento, non c’è dubbio che l’abitudine al bello – e a un patrimonio artistico e culturale che non ha eguali nel mondo – sia il vero elemento unificante degliitaliani, e come tale si rifletta nel testo della Costituzione.

La Costituzione e la Bellezza: un intreccio sorprendente tra arte, diritto e letteratura, che si legge come un’appassionata storia della bellezza d’Italia e che rispecchia davvero la doppia elica del dna di noi italiani.
Mi piace, per concludere, ricordare l’istinto italiano incarnato in quelle genti che trasportarono l’Assunta dei Frari di Tiziano: forse non conoscevano nemmeno bene il valore preciso di quella Madonna, però «sentivano» che era preziosa.
Come la nostra Costituzione.

A cura di Avv. Costantino Larocca – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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