Come sono distanti i tempi del loro duello nella foto alla Vuelta … Chris Froome e Vincenzo Nibali, trentacinque anni compiuti a maggio per il Sudafricano bianco, trentasei il prossimo 14 novembre, lo Squalo, devono cedere lo scettro detenuto per anni ai giovani rampanti emersi prepotentemente sulla soglia più importante del ciclismo 2020.
Tra i pochi a poter vantare vittorie in tutte e tre le grandi corse a tappe europee, Chris e Vincenzo hanno vissuto questo strano e particolare anno in modo differente, il primo ben distante dai suoi livelli a causa di una terribile caduta nella passata stagione, mentre Vincenzo ha dovuto arrendersi a più giovani e rampanti rivali sia al Mondiale che al Giro d’Italia.

Per Froome la stagione è iniziata lentamente, tanto che al Romandia la Ineos ha deciso (vista la classifica dove ha accusato un distacco “orario”) di farlo partecipare alla Vuelta, dove indicato come il principale avversario di Primoz Roglic, ha preso undici minuti di distacco già nella prima tappa, abbandonando sin da subito ogni velleità di essere protagonista.

Magari a tutto ciò ha contribuito anche il fatto che nel 2021 non sarà più parte della Ineos, avendo firmato per la Israel, formazione entrata quest’anno nel Pro Tour, ma certo non ci si aspettava una discesa così repentina da chi è stato capace di vincere quattro volte il Tour, oltre a Giro e Vuelta, pur se rimangono anche troppe voci relative a “presunte” irregolarità ed una procedura per doping, poi fatta cadere in modo non troppo trasparente.

Non so se davvero ci siano macchie nella carriera di Froome, però visto il problema d’asma che lo affligge, diventa anche difficile capire fin dove ci si possa spingere nell’utilizzo dei medicinali occorrenti; la vicenda di Armstrong è ancora troppo vicina e sconvolgente nel suo svolgimento per non essere accostata a quella di questo corridore “sbocciato” a completezza non certo in giovane età e dopo una prima parte di carriera dove erano le cronometro, non le salite, il suo terreno preferito.
Diverso è stato invece il percorso di Vincenzo Nibali, uno che fin da ragazzino pareva un predestinato, uno che avrebbe potuto primeggiare nelle grandi e dure corse a tappe; così è stato, ma Vincenzo è stato capace anche di primeggiare nelle corse di un solo giorno e nel corso di tutta la stagione, dalla Milano-Sanremo al Lombardia, con proprio le cronometro tanto care a Froome come “tallone d’Achille”.

Un’altra grande differenza è certamente derivata dalle formazioni con cui i due hanno corso, con Froome che ha indossato la maglia della Sky, ovvero la corazzata ciclistica degli ultimi dieci anni, avendo a disposizione quasi tutto il meglio e con gregari che in realtà erano veri e propri campioni capaci di determinare le vicende di qualunque corsa; Vincenzo invece ha spesso dovuto lottare non solo contro gli avversari, come capitatogli in quell’Astana che spesso pareva corrergli “contro” invece che aiutarlo.
Non meglio sono andate le cose nella Barhain e nella stessa Trek, dove si è ritrovato (lo dicono i fatti) a lottare senza supporto dei compagni, specie sulle salite, dove avere qualcuno che ti aiuta diventa indispensabile per rincorrere ed ottenere la vittoria finale; vincere il Giro o il Tour magari non è impossibile se corri “da solo”, ma certamente risulta difficile quando si devono percorrere 3/4.000 chilometri…

La carriera di Chris e Vincenzo non è ancora alla fine, ma certo battere i loro “nipotini” sarà molto difficile; però entrambi potranno sicuramente insegnare tantissime cose a chi vorrà fare tesoro dei loro preziosissimi consigli, per cercare di ripercorrere le loro carriere, speriamo fatte di fatica, sacrifici, talento … e basta.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Patrizia Ferro

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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