Parlare del batterista Jack DeJohnnette viene d’istinto alla mente la collaborazione con il pianista Keith Jarrett e il suo trio formato da Keith Jarrett al pianoforte, Jack DeJohnnette alla batteria e Gary Peacock. “Sono stati i casi della vita, non già scelte artistiche, a interrompere l’attività di uno dei trii più significativi dell’intera, storia del jazz.

Ripercorriamo, passo dopo passo, una lunga vicenda artistica segnata da non pochi capolavori discografici. La voce dello Standards Trio tacerà per sempre, ora che purtroppo Gary Peacock non fa più parte del mondo e di quel “corpo mistico” costituitosi per la prima volta nel 1977, sotto coordinate estetiche apparentemente diverse rispetto a quelle che poi saranno destinate a costruirne la storia (il disco, a nome del contrabbassista è “Tales of Another” e l’etichetta, ovviamente ECM). Nulla di nuovo, quanto nudi fatti, se si considera che l’ultimo concerto del gruppo risaliva al 30 novembre del 2014 (presso l’amato New Jersey Performing Arts Center di Newark) e che Jarrett aveva già dichiarato nel 2015: “Non ho un trio adesso, quindi. So soltanto che non cercherò altri partner, coi quali avrei bisogno di trent’anni per diventare bravi come eravamo noi, questo è il problema più grande di tutti.

Credo che il rapporto è la comprensione che abbiamo avuto noi non abbiamo eguali, ovunque[¹]. Forse però contribuisce a gettare una luce crepuscolare sul piano del reale la doppia ondata emotiva generatasi in stretta successione con la morte di Peacock, per l’intervista rilasciata dal pianista a Nate Chien, che ha confermato tutti i peggiori dubbi sul suo stato di salute, facendogli affermare: “I don’t feel right now like i’m a pianist[²]”, ed è difficile scrivere di nuovo di lui – per quello che altrimenti sarebbe potuto essere anche in “tranquillo” modo di celebrare i suoi settanacinque anni – facendo argine all’emozione. Ma l’intera vicenda artistica di Jarrett da sempre, sembra essere stata forgiata nel fuoco vivo di un’emozione o di un’aperta polemica, in quache modo così spesso sviata dal pregiudizio, che ne ha portato talora visioni sfuocate o ofuscate, per eccesso o per difetto. E così è anche per la più famosa e longeva delle sue formazioni (anche se in misura minore per la sua attività di solista).

Ciò avviene anche perché è certamente impossibile esaminare la storia dello Standards Trio senza (ricollocare l’intera esperienza autoriale del pianista di Allentown, nel suo complesso e anche rispetto alla “casa madre” bavarese. Si ritorna in tanto a quello snodo tra gli anni Sessanta e il decennio successivo nel quale il discreto successo – tanto buono almeno quanto insperato – di “Free At Last” di Mal Waldron [³], spinse Manfred Eicher a proporsi epistolarmente a molti artisti, tra i cui Jarrett, il quale finirà per incidere “Facing You” il 10 novembre del 1971 durante il tour con Miles Davis, presso l’Arena Bendiksen Studio di Oslo (poi Raimbow Studio).

Da lì si concretizzerà una storia nuova, attraverso due perdonaggi: il primo, di natura per così dire “menegeriale”, legato a una drastica riorganizzazione interna della Columbia Records, che a causa di un grosso scandalo finanziario in cui si era trovato coinvolto il suo presidente Clive Davis non aveva rinnovato svariati contratti discografici, tra cui quello di Jarrett (dopo aver dato alle stampe il pur eccellente “Expectations”, registrato ad aprile del 1972 e pubblicato nell’ottobre dello stesso anno), tanto che il pianista finì per cedere alle insistenze di Eicher, tornato alla carica con una nuova lettera, sotto promessa di carta bianca. Il secondo, destinato a maturare nella metà del decennio, prenderà corponel feticcio tematico ed epocale che sarà “The Koln Concert” (registrato il 24 gennaio 1975 e dato alle stampe il 30 novembre dello stesso anno), destinato a segnare per sempre la fama di Jarrett e dell’etichetta e anche a strutturare in una direzione precisa la carriera del pianista, ma anche a consegnarne il corpo al pubblico [⁴]. Va peraltro anche ricordato che nel 1973 vennè pubblicato da ECM l’album in duo con Jack DeJohnnette “Ruta and Daitya”, che era stato registrato tra fine aprile e i primi di maggio del 1971 durante il tour californiano del gruppo di Miles Davis, ma che fu in qualche modo assorbito nel catalogo della casa discografica dopo il successo di “Facing You” e per non perdere l’occasione[⁵]. Quanto si va dicendo permette di cogliere come il rapporto fra i tre fosse in verità predestinato, articolandosi, su tre assi: quello che già raccontava Jarrett e DeJohnnette, la cui frequentazione si era rodata nel quartetto di Charles Lloyd e ne gruppi di Miles Davis quello invece esistente tra Peacock ed Eicher (attraverso Paul Bley), infine quello infieritra il pianista è il produttore tedesco. Rimane invece una suggestione piuttosto estrinseca, che pure la critica negli anni iniziali ha voluto sottolineare ed è poi divenuta in una certa misura pigramente tra la tizia, quella che rivede il legame fra i tre nella circostanza che il contrabbassista e il batterista avessero già militato entrambi, in momenti diversi, nel trio di Bill Evans[⁶].

Ma sul punto si tornerà brevemente più oltre. Non secondario invece appare il fatto di considerare quanto Jarrett sia stato sempre particolarmente esigente in fatto di partnership, convidendo il proprio percorso con un numero davvero limitato di abituali sodali confacenti alla propria ed esclusiva “Ione selezione expresdion” (per usare le sue stesse parole), nella quale del resto i non pochi detrattori hanno sempre ravvisato la ben lumeggiata conferma di una (ritenuta) personalità egotistica. Tornando in argomento, non può dunque stupire, se dopo la stipulazione del contratto in esclusiva con ECM Eicher avesse proposto al pianista, vedendo tuttavia respinta la propria idea, di formare un trio proprio on Gary Peacock e Jack DeJohnnette, quello stesso trio che sarà poi destinato a registrare sotto la leadership del contrabbassista il già menzionato “Tales Of Another” (l’altra proposta del produttore, negli scambi epistolari, avrebbe riguardato la formazione di un quartetto con due contrabbassisti, che avrebbe visto la presenza dello stesso Peacock e di Chick Corea (che lo ha riferito).

Da questa non subita imposizione potremmo trarre già alcune prime sommarie conclusioni circa la ferea determinazione del pianista riguardo al proprio progetto, del quale egli mostrerà di non deflettere mai, ma anche una diversa valutazione, francamente ispirata alla sua abilità nel costruire una personale mitopoiesi e in qualche modo legata anche a un discorso di forma e di successo economico, se è vero,che nel periodo 1970-’74 il suo manager era George Avakian, che lo era già stato di Charles Lloyd nel cui quartetto il giovane pianista come già detto aveva militato, affermandosi. Orbene, è dato per assodato che Avakian, con grande abilità, seppe costruire la carriera di Lloyd, se non dal nulla almeno applicandole un vertiginoso effetto moltiplicatore, che sfruttava abilmente le tournée oltre oceano del gruppo e la forma conseguita presso il pubblico europeo […]”.

(Il testo virgolettato è tratto dall’articolo “The Standards Trio”, a vera dell’autore Sandro Cerini. Musica Jazz del 29 gennaio 2021).
Purtroppo dopo la morte del contrabbassista Gary Peacock anche Keith Jarrett nel febbraio e un secondo problema di salute, nel 2018 ha subito due ictus che hanno lasciato parzialmente paralizzato e, in particolare, impossibilitato ad usare la mano sinistra. “Il pianista non suona il pubblico dal 2017, quando fu annullato un concerto alla Carnagie Hall. Il rapporto particolare con l’Italia. Il suo ultimo album “Budapest concert”, è stato registrato nel 2016. Keith Jarrett probabilmente non suonerà più in pubblico. Un ictus lo colpì a febbraio del 2018 e un’altro a maggio dello stesso anno. A rivelarlo è il grande pianista jazz, interprete autorevole anche di musica classica, amatissimo in Italia, in un intervista al New York Times. “Ero paralizzato – ha detto, lasciandodi intervistare dal critico Nate Chinen al telefono mentre lui si trovava in casa nel New Jersey la mia parte sinistra era parzialmente paralizzata. Ero in grado di camminare servendomi di un bastone, me c’è voluto troppo tempo, oltre un anno”. La vita artistica del batterista Jack DeJohnnette è stata indubbiamente di grande prestigio, con lo Standards Trio ha riscosso il plauso dell’opinione pubblica internazionale. Una formazione composta dal batterista Jack DeJohnnette, dal contrabbassista Gary Peacock e dal pianista Keith Jarrett.

Jack DeJohnnette è un batterista di notevole esperienza e con il pianista si è trovato nella dimensione giusta con lo Standards Trio. I successi che ha avuto dopo la simbiosi di un trio che a trovato proprio la sua dimensione nel panorama degli standards americani. La simbiosi dei tre musicisti è una chimica perfetta dai suoni degli strumenti che dono il risultato di una perfetta elaborazione di tre artisti che si sono amalgamati assieme e che emettono sonorità belle, pulite, limpide e contornate da una tecnica invidiabile. Un trio apprezzato in tutto il mondo, ha avuto inoltre modo di essere apprezzato anche dalla critica specializzata internazionale, cosi facendo, la critica lo ha portato ad un livello eccelso. È difficile che un artista come Jarrett riesca a mettere insieme altri musicisti e formare un trio diciamo così perfetto, solo pochi pianisti classici hanno questa dote. Molti pianisti classici hanno le loro manie, molti di loro se non vi è il pianoforte che suona in una maniera che intendono loro, si rifiutano di suonarlo, perché non ridpecchia la sonorità che a loro è preferita. Jack DeJohnnette dotato di grande tecnica e senso del drumming, ha frequentato e suonato gli stili più diversi, dell’hard Bop, alla Fusion, al Free-Jazz e al Post-Bop. Il suo drumming si segnala per in notevolissimo senso del tempo grande inventiva e capacità d’improvvisazione.

Iniziò la sua carriera come pianista, in veste nella quale partecipò anche a diverse sedute di registrazione, ma già da adolescente aveva studiato lo strumento, della batteria che diviene il suo strumento privilegiato. Nei primi anni Sessanta ha la possibilità di suonare insieme al grande John Coltrane il sax tenore che ha fatto la storia drl jazz moderno. Nel 1966 si trasferiscea New York City, dove è nuovamente insieme al John Coltrane e a Jeckie McLean. La sua vera occasione arriva nel 1966 quando entra nel quartetto di Charles Lloyd, con il quale resta nella sua formazione per due anni. La fortuna gli arride ancora è l’anno del 1969 quando il grande trombettista Miles Davis lo chiama nel suo gruppo stellare al posto di Tony Williams, e vi rimane fino al 1972, partecipando tra l’altro alla registrazione del seminale album “Biches Brew”, in questa occasione incontrò il grande pianista Keith Jarrett il suo partner di molte avventure artistiche avvenire. Dopo l’esperienza con Davis, registra alcune opere discografiche da leader e da sideman con la label tedesca ECM Records, e crea la sua prima formazione permanente, “Directons” che gli apre la strada al secondo gruppo chiamato “New Directions”.

Agli inizi dell’anno 1979 guida una formazione combo dal nome “Special Edition”, un combo superlativo che incide dalle ottime opere discografiche e diviene così di tendenza negli anni Ottanta. Dal 1983 è un membro stabile del trio pianistico “The Standards Trio” di Keith Jarrett. Naturalmente il batterista alternativo questo impegno i progetticon altri musicisti, come il sassofonista John Surman o il trio “Gateway”.

Nel 2006 DeJohnnettecon il trio Beyond a un progetto è pubblica l’opera discografica “Saudades” sempre per la label tedesca ECM Records. Saudades è un doppio album live registrato durante un concerto che il trio a tenuto alla Queen Elisabeth Hall di Londra il 21 novembre del 2004. I brani sono tratti principalmente dalle due opere discografiche del repertorio del “Tony Williams Lifetime”, il celebre batterista del trombettista Miles Davis, ma non mancano alcuni classici come la nota “Seven Steps To Heaven” di Miles Davis. Sopraffine la prova di DeJohnnette, ma anche quella degli altri due membri del “Trio Beyond”: Goldings all’organo e Scofield alla chitarra elettrica. Da l’autobiografia di Molrs Davis con Quincy Troupe: “DeJohnnette mi dava un groove profondo su cui mi piaceva da morire suonare”. Il grande batterista prosegue la sua attività artistica, regalando ai soui fan la sua musica è la sua tecnica di drumming e di groove.

P.S
Questo mio articolo è un tributo ad uno dei migliori Standards Trio degli anni Settanta Ottanta, Novanta e una parte del nuovo Millennio.
Un grazie va ai protagonisti, il batterista Jack DeJohnnette il contrabbassista Gary Peacock e al pianista Keith Jarrett, che con i loro stadards mi hanno fatto sognare.

A cura di Alessandro Poletti – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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