Ci saranno ancora casi razziali, come la morte di Willy, nel nostro paese? 

La recente uccisione di Willy Monteiro Duarte, il 21enne italiano di origini capoverdiane a Colleferro, comune in provincia di Roma Capitale, che conta poco più di 21mila abitanti, tocca un altro nervo scoperto della nostra amata quanto “degradata” penisola. Anche se la procura ha escluso il movente razziale, la famiglia del giovane attende giustizia per un figlio pestato a morte con violenza inaudita da parte di un gruppo di almeno quattro persone, tutte accusate di omicidio volontario.

Nel frattempo l’indagine parallela aperta dalla Polizia Postale sugli insulti razzisti comparsi sui social media – attraverso le moderne tecniche di analisi – ha portato alla denuncia per offese di uno studente universitario 23enne residente a Treviso, esperto d’informatica, che pensava di farla franca nascondendosi dietro un profilo fake. L’ennesima dimostrazione di un fenomeno migratorio mal digerito, anche quando riguarda giovani nati sul territorio italiano come Willy, studente di un istituto alberghiero che sognava un futuro da cuoco in Italia.

Quando abbiamo appreso la notizia dell’ennesimo episodio criminale, ci siamo chiesti il perché’. Perché l’hanno pestato con tanta violenza, poiché visibilmente erano in molti e più forti di lui? Perché non si sono fermati, ma hanno voluto togliergli la vita? Non ci siamo fermati a pensare se c’entrasse o no il razzismo, ma cosa si nascondesse dietro questo episodio di violenza gratuita. Immaginiamo che per tante altre persone il colore della pelle di chi è aggredito non dovrebbe essere il primo pensiero. La sensazione purtroppo è che c’è ancora molta strada da fare anche sul piano dell’opinione pubblica.

Anche Daisy Osakue, atleta delle Fiamme Gialle, primatista italiana di lancio del disco e campionessa europea alle Universiadi del 2019 è stata un’inconsapevole protagonista di questa violenza senza un apparente motivo. L’anno precedente, Daisy aveva rischiato di non partecipare agli Europei di Berlino, dopo che un gruppo di ragazzi l’aveva colpita a un occhio lanciando uova da un’auto in corsa. Una bravata che poteva avere conseguenze gravi e in un primo momento aveva fatto pensare anche a un gesto razzista.

L’atleta riconosce che vivere nella “bolla” dell’atletica leggera è un aiuto per la vita di tutti i giorni. Le persone che circondano chi fa sport condividono i valori del rispetto reciproco e del sacrificio. Nel suo caso, oggi, discriminazioni di razza o di pelle non ce ne sono più perché ha la fortuna di vivere nel mondo dello sport. In Italia c’è un forte bisogno di sviluppare una consapevolezza concernente l’immigrazione.

Vicende orribili ne succedono tutti i giorni ma al posto di dividerci fra bianco e nero, grasso o magro, giusto o sbagliato, dovremmo avvicinarci per condannare situazioni del genere ed evitare che si ripetano nel futuro.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Ansa

scrivi a: [email protected]

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui