Natale nell’aria!
Credo che ogni nostro viaggio, sia esso fisico o no, abbia sempre a che fare con l’olfatto.
Nessun senso sa farci viaggiare nello spazio e nel tempo quanto l’olfatto, che apre le porte ai ricordi.
E se la memoria rimane vivida, sopravvivono tradizioni e cultura.
Io vorrei dirvi che per me Natale, è fissare l’odore delle feste natalizie!
I profumi delle feste aprono le porte della memoria.
Il muschio vero del presepe.
Il profumo del Pandoro, e il “ pizzicorino” nel naso delle bollicine di spumante.
Natale è agrumi e candele alla cannella.
E’ l’albero che, ai tempi miei, si faceva vero.
Si comprava, o arrivava all’inizio del mese di dicembre con l’anziano cugino, che faceva il contadino nella campagna a due passi dalla città.

E il salotto si riempiva di aghi di pino che si infilavano dappertutto, ma era anche pervaso di quel meraviglioso profumo di natura, di Natale, di inverno, che ancora adesso associo a quella stanza verde oro, che veniva aperto solo per le feste e io posavo il mio sguardo sul giardino, e quando ero proprio fortunata, potevi vedere anche i ghiaccioli di neve che colavano argentei dai tetti dei vicini.
“Aghi di pino”.

Poi, a poco a poco, con gli anni, l’albero giusto da comprare è diventato quello” finto”.
Ma quell’odore continua a mancarmi da matti!
E la mattina di Natale, dopo aver scartato i regali, con il mio papà e mio nonno facevamo una passeggiata fuori città, fino alla campagna.

L’odore della campagna a dicembre era un odore diverso, più intatto: era l’odore della legna, del fuoco acceso, dell’erba bagnata, del brodo caldo fatto col lardo del maiale da poco ucciso, dei ciccioli freschi, delle sacche di grasso, dei prosciutti e del salame appesi nella famosa “stanzetta delle meraviglie”, dove non a tutti era permesso di entrare.

E poi, al ritorno, c’era la sosta in pasticceria, a ritirare le ultime cose.
E allora, il dolce e il salato si miscelavano in un profumo indelebile, che ogni anno si ricreava, come d’incanto!
Era il panettone artigianale di Fiorentini, una nota pasticceria locale, riscaldato sul termosifone, era il profumo del burro quando si scioglieva ed era pronto per esser mangiato.
Accompagnato dalla crema di mia mamma col mascarpone e il cognac che pungeva le narici.
Credo che il mio amore per la vaniglia sia nato sotto le feste!
Prima di morire, la nonna Rosa, per il mio compleanno (in dicembre) mi regalò Soraya, una bambola bellissima, che profumava di confetto.

Ci ho dormito finchè non sono diventata grande.
Di giorno andavo a ricercare quello stesso aroma nello zucchero a velo del pandoro: aprivo il sacchetto, annusavo e richiudevo.
Ho sempre preferito il gusto del panettone.
E poi, le feste e tutto l’inverno avevano il profumo degli agrumi.

Dopo i pranzi natalizi, guai a non spargere sul tavolo i mandarini, e mentre ci si attardava a parlare intorno al tavolo, io riducevo le bucce in tanti pezzettini, per prolungarne il profumo nell’aria.
Piccoli, semplici gesti, che raccontavano la bellezza e l’odore sano della vita!

Come l’aroma del brodo vero per i passatelli, tradizione di famiglia, che preparava mia nonna, poi mamma, papà e anch’io, qualche volta, e che al solo pensiero mi viene profumo di nostalgia, che è dolce e amaro allo stesso tempo.
E, per finire , ”cera di candele”: stavano accese a tutti i pasti, dal 24 dicembre al 1 gennaio, e il 22 dicembre, insieme ai miei cugini stavamo sotto il tavolo della cucina mentre si preparava l’impasto dei canestrelli.
Tre etti di farina, due di burro, uno di zucchero e una spolverata di scorza di limone.
Poi, finalmente, arrivava l’odore dei biscotti appena usciti dal forno.

Per me, quello resta, ancora, il profumo della felicita’!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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