Il 24 marzo del 1874 nacque a Budapest Erik Weisz meglio conosciuto con il nome d’arte di Harry Houdini “Il Mago dell’impossibile”, il suo nome fu scelto da Harry come tributo personale al mago francese Jean Eugène Robert Houdin.

Houdini proveniva da una modesta famiglia di origine ungherese, di fede ebraica e all’età di 4 anni si trasferì con i genitori negli Stati Uniti ad Appleton (Wisconsin). Iniziò già da bambino ad esibirsi con piccoli trucchi in alcuni circhi di provincia, all’età di 12 iniziò la sua carriera di illusionista e a 17 anni divenne illusionista professionista, anche se all’inizio non ebbe gran successo. L’illusionismo però gli fece incontrare nel 1893 Wilhelmina Beatrice “Bess” Rahrer, anche lei illusionista che divenne prima la sua assistente e in breve tempo anche moglie, accompagnandolo per tutta la carriera.

La sua fama cominciò ad aumentare quando iniziò a cimentarsi come escapologo, viste le sue capacità di “evadere” da particolari costrizioni fisiche quali gabbie, camicie di forza, bauli, stanze cieche, prigioni e in una delle sue performance riuscì anche ad uscire da un carro blindato della polizia russa.
Fu un uomo in grado di raggruppare particolari tipologie di lavori: prestigiatore, illusionista, contorsionista, negromante e grazie al suo talento riuscì a portarli tutti ai massimi livelli. Egli dedicò particolare impegno all’allenamento fisico quotidiano estremizzando le sue prestanze fisiche, la sua resistenza al dolore e le sue capacità contorsionistiche, unendo anche forme meditatorie per quietare la mente durante i suoi spettacoli. Grazie alle sue straordinarie abilità riuscì a mettere in scena esibizioni ancora oggi inspiegabili, inoltre il suo costante allenamento e la sua conoscenza di ogni tipo di serratura gli permisero in pochi secondi di aprire congegni anche di massima sicurezza e lucchetti di qualsiasi genere utilizzando un piccolo grimaldello nascosto in bocca.

Tra gli spettacoli che fecero più scalpore vengono ricordati quelli nei quali egli evase da complicate scenografie talvolta ambientate anche in carceri di massima sicurezza, oppure facendosi ammanettare con tutto il corpo legato, con dei ceppi agganciati ai piedi, rinchiuso in celle, calato a testa in giù, stretto da ulteriori funi e immerso in una campana di vetro piena d’acqua. In più d’uno dei suoi spettacoli Houdini volle provare l’ebrezza di farsi seppellire vivo, utilizzando più di un paio di manette, legato e posizionato in una cassa simile ad una bara, anch’essa legata da funi e cinture di cuoio; i suoi numeri si svolgevano dietro ad una tenda nera e quando si liberava egli mostrava agli spettatori le funi ancora intatte. In un’altra esibizione il nostro illusionista volle spingersi quasi oltre le proprie possibilità fisiche rischiando anche la vita, infatti ripeté lo stesso numero facendosi però seppellire circa tre metri sotto terra. L’esperimento riuscì però ne uscì stremato perché non aveva calcolato il peso della terra, essendosi allenato in buche con una profondità inferiore al metro. Egli dovette uscire da una parete laterale mobile della cassa, trattenendo il fiato per non rischiare di soffocare e facendo una fatica estrema per uscire, dovuta appunto al peso della terra.

Nella sua biografia di rilevante importanza fu la sua amicizia con Sir Arthur Conan Doyle, “il padre” del celebre personaggio Sherlock Holmes. In quel periodo Houdini espresse il desiderio di frequentare l’aristocrazia del tempo e a questo proposito invio proprio a Doyle il suo libro” The Unmasking of Robert-Houdin” (1909); nel libro Houdini smascherò il mago dal quale aveva per l’appunto ricavato il suo nome accusandolo di plagio verso numerosi artisti. Il libro piacque molto a Doyle tranne per un motivo, nel suo scritto l’illusionista sminuì la fama di due famosissimi medium, i fratelli Davenport.

Grazie all’amicizia di Doyle egli riuscì ad avvicinarsi allo spiritismo per comprendere le origini, i meccanismi e le falsità di alcuni fautori, smascherando numerosi medium e spiritisti del tempo, ritenendosi al loro cospetto un uomo di mente aperta, e avendo enunciato che anche lui stesso all’inizio della sua carriera utilizzò trucchetti che usavano alcuni medium dell’epoca, svalutando la reputazione di alcuni di loro. Doyle però credeva nello spiritismo, nelle fate e in altre entità, egli si era avvicinato a questa corrente dopo la morte del figlio in guerra, pure la moglie di Doyle, Jean Elizabeth Leckie si riteneva una medium. L’amicizia tra Houdini e Doyle si logorò a tal punto da spezzarsi a causa di questo argomento, Houdini infatti passò da quel momento dal “re dell’evasione” al “re dello sbugiardamento”, entrando a far parte anche di un comitato di giudici dediti a studiare fenomeni paranormali composto da scienziati ed editor.

La ricerca di sbugiardamenti nei confronti di medium continuò per Houdini anche attraverso la rivista Scientific American e uno dei casi presi in esame fu anche quello di Nino Pecoraro, il quale affermava di evocare lo spirito della collega Eusapia Palladino (anch’esso sminuito attraverso le prove e conclusioni presentate dall’illusionista). Ben più grave fu il caso di Mina Crandon, conosciuta anche come la medium Margery, nonché amante di Malcolm Bird, editore della sopracitata rivista, la quale fu messa in discussione da Houdini sulle autenticiità dei suoi fenomeni paranormali.

Nel 1924 uscì un altro dei suoi libri intitolato “A magicians among the spirits” nel quale egli dedicò tutto se stesso a smascherare gli spiritisti, pensando che queste credenze potessero creare un pericolo tangibile per le persone. Egli inoltre istituì un premio cospicuo del valore di 10.000 dollari a chi avesse voluto riprodurre un fenomeno che lui non potesse in qualche modo spiegare; fino alla sua dipartita tutti i chiarimenti di Houdini si dimostrarono veritieri e plausibili.

La vita di Houdini fu ricca di segreti fino alla fine e anche la sua morte fu fonte di mistero, l’11 ottobre del 1926 si ruppe una caviglia durante uno spettacolo ma egli decise di continuare ad esibirsi nonostante il parere medico; successivamente il 22 ottobre ricevette nel suo camerino del Pricess Theatre di Montreal alcuni studenti, tra i quali spiccò la figura di J. Gordon White. Gli studenti seguirono poco prima una sua conferenza nella quale Houdini esordì spiegando che ci vuole allenamento nella vita per poter ricevere pugni nell’addome (egli incitava gli spettatori durante le sue performance a sferrargli pugni); in tale occasione Mr. White senza preavviso cominciò a colpire l’addome di Houdini con una serie di pugni, l’illusionista preso alla sprovvista cercò di parare i colpi, nonostante stette male tutto il giorno la sera volle comunque esibirsi anche se con grande difficoltà. Il giorno successivo venne ricoverato all’ospedale di Detroit, ebbe una rottura dell’appendice e non vi furono cure adeguate e tempestive al tempo, morì il 31 ottobre del 1926.

Ipotesi più fantasiose attribuirono la sua scomparsa ad azioni oscure da parte di spiritisti da lui “smascherati”, in ogni caso questi ultimi fecero un respiro di sollievo dopo la sua morte.

Si disse che prima di morire egli accordò un alfabeto particolare con la moglie, con il quale un medium avrebbe potuto dimostrare di riuscire a mettersi in contatto con lui nell’aldilà. In realtà si scoprì che il codice, che indicava la canzone preferita dei coniugi, “Rosabelle”, non era poi così segreto e con un po’ di intuizione sarebbe stato facilmente compreso da tanti.

Ovviamente dopo la sua dipartita molti medium affermarono di avere evocato Houdini, uno degli esempi più noti fu quello del sensitivo Arthur Ford, che tentò di usare proprio il codice segreto stabilito tra i due coniugi illusionisti non ottenendo però informazioni.
Ci sono alcuni trucchi di Houdini che ancora oggi non hanno trovato soluzione o chiarezza, anche se molti suoi sostenitori suppongono che lui abbia scritto le spiegazioni dei suoi spettacoli nel suo testamento.

A cura di Barbara Comelato – Foto Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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