Si parla di nuova società, senza che nessuno spremendo dentro a un limone si preoccupa dei due terzi, di un’Italia che alla vigilia del prossimo autunno, sicuramente tra i più difficili della sua storia repubblicana, sarà divisa tra i garantiti e i disoccupati.

Molti di voi ricorderanno che l’immagine dei due terzi fu “messa sotto la lente d’ingrandimento” negli anni ottanta del Novecento dal politico tedesco Peter Glotz che metteva in risalto la crisi della coesione nei paesi europei e posto fine alla golden age socialdemocratica.

Ma allora il motivo dell’esclusione era prevalentemente salariale, oggi il terzo della società rimasto fuori soffre di forme moderne che impongono altrettante immagini di vita di diverse disuguaglianze. A dirlo le cifre dell’ultimo rapporto del Censis dove si scopre apertamente che un terzo sono i percettori di un reddito che hanno visto ridursi le proprie entrate a causa del Covid-19 (dipendenti in cassa integrazione, titolari di attività retail , ristoratori, baristi, , partite Ive), mentre i restanti due terzi hanno continuato ad avere flussi in entrata pressochè identici , e anzi hanni risparmiato di più per i minori consumi.

Ma allo steso tempo, un terzo, sono anche gli appartamenti, le case sotto gli 85 metri quadrati, in cui cioè la quarantena non può essere stata certamente una vacanza. E un terzo sono state le famiglie rinchiuse in quegli ambienti senza avere nessuna tecnologia per fare videoconferenze , didattica a distanza o piccoli acquisti online, ovvero poter vivere come gli altri.

Il terzo di esclusi di chi ha avuto un colpo più grave della crisi sanitaria è avrà ora più difficoltà a ritornare alla normalità non è sicuramente omogeneo. Parafrasando un celebre incipit, si può dire che ogni famiglia infelice durante i “domiciliari” lo è stata a modo suo, in silenzio, accettando ogni decreto governativo.

Ma pensiamo che tra i vari terzi esiste anche il titolare di una tavola calda che viveva sui posti degli impiegati pubblici della zona, con gli uffici chiusi per mesi, ha perso sicuramente reddito. Mentre un impiegato pubblico che il lavoro non l’ha perso, magari è costretto a vivere in tre stanze. Ciò che unisce questi segmenti di italiani rimasti al palo è una condizione socio-culturale, più che strettamente economia, trasversale rispetto alle classi e alle stratificazioni tradizionali.

Un terzo sono pure i professionisti “poveri” che registrano un reddito sotto i 12.000 euro. Un terzo sono i commercialisti che hanno chiesto e ottenuto il bonus da 600 euro a causa del crollo delle proprie entrate. E, nuove povertà possono annidarsi anche tra avvocati, architetti, Geometra; e si pensi che un terzo è il numero delle famiglie unipersonali che vive nelle regioni italiane. Per cui rimane difficile negare che chi vive da solo abbia sofferto l’isolamento più di ogni altro, a dispetto della solita retorica sulla dolce vita dei single. Anche perchè va detto che quasi la metà di quelle famiglie è composta da un anziano solo, molto spesso una vedova.

In conclusione, rilevo che la conseguenza è tale da fare pensare che nessun sistema può riprendersi se una parte così grande ne rimane fuori ecco perchè se quel terzo ha perso ogni forma di reddito non solo andrebbe assistito, ma anche risarcito dalla Stato che continua a pensare alle sue opportunità e non ai suoi cittadini costretti a digerire disuguaglianze e il coronavirus che di certo non ha portato sulla terra Mosè.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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