5th May 1949: The scene after the aircrash on the mountain of Superga, near the outskirts of Turin, which killed several members of Torino football club. (Photo by Keystone/Getty Images)

Nell’incidente aereo del 4 maggio 1949, a settantadue anni dalla tragedia di Superga, scomparve una delle squadre più forti e tuttora ricordate nella storia del calcio italiano.

Una società capace di vincere cinque scudetti consecutivi e una coppa Italia. Quasi tutti i suoi calciatori erano anche giocatori della Nazionale azzurra. A guidarli il capitano Valentino Mazzola, divenuto in pochi formidabili anni il simbolo del Toro, di Torino e del calcio italiano più in generale.

Per capire com’è iniziato il percorso agonistico dei granata bisogna tornare all‘estate del 1939, quando l‘imprenditore piemontese Ferruccio Novo ne assunse la presidenza. Per lui fu quasi un ritorno a casa, perché aveva già militato nei granata da giocatore nel 1910, pur non essendo mai riuscito ad arrivare in prima squadra.

Il neo presidente riorganizzò con capacità manageriale la società sul modello della Juventus della famiglia Agnelli, circondandosi di collaboratori selezionati tra gli ex giocatori, come succede oggi nelle squadre inglesi.

Dopo i tanti successi calcistici, purtroppo, arrivò anche il giorno fatale. Il 3 maggio 1949 il Torino fu invitato in Portogallo dal Benfica, in occasione di un‘amichevole per celebrare l‘addio al calcio del capitano dei lusitani Ferreira. Il Torino perse 4-3 in una partita molto combattuta e brillante che lasciò il segno. Il giorno successivo, lo staff dei granata al completo s’imbarcò per tornare in Italia.

Poco dopo le diciassette, l‘aereo con a bordo l‘intera squadra si schiantò contro la Basilica di Superga. Sul volo vi erano trentuno passeggeri. Del Grande Torino, partito per la trasferta portoghese, non si salvò nessuno. La bellissima parabola degli “Invincibili”, così com’erano chiamati dai tanti tifosi, era così arrivata al termine. Nello schianto morirono Valerio Bacigalupo, Aldo e Dino Ballarin, Emile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti e Giulio Schubert.

Orfano di tutti i suoi campioni, il Torino decise di disputare le ultime quattro partite del campionato ‘48-‘49 con la squadra giovanile. I suoi avversari fecero lo stesso come gesto di rispetto e i granata riuscirono a portare a casa quello scudetto, il quinto consecutivo.

Con il Grande Torino se ne andò anche gran parte degli azzurri.

La compagine che partì per il Mondiale del 1950 in Brasile sarà, infatti, orfana di nove dei suoi undici titolari (Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto e Mazzola), portati via dall‘incidente di Superga.
Quella squadra, però, non è mai morta davvero e vive ancora oggi, a distanza di 72 anni, nella memoria degli appassionati e di tutti gli sportivi.

Perché, per usare le celebri parole di Indro Montanelli, “Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta“.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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