Spesso nella vita ci troviamo ad affrontare momenti di dolore profondo, chiedendoci il senso di tanta sofferenza che, se solo avessimo potuto scegliere, avremmo certamente evitato. Iniziamo a chiederci “perché proprio a me”, “cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo”, “non è questa la vita che volevo” e così via.

Qualsiasi sia il tipo di sofferenza che ci troviamo a vivere, queste domande sono un minimo comune denominatore. E queste domande se le è poste anche Antonia Lini, titolare dello studio “Namastè” di Vigonza (Pd), una decina di anni fa: era infatti il 2013 quando, dopo ventidue anni di un amore che tuttavia ancora faceva battere il suo cuore, si trova in tribunale a firmare il divorzio dal marito. Lo amava ancora, eppure da tempo sentiva che non era più quella la sua strada: quel matrimonio che le aveva dato una figlia meravigliosa e mille soddisfazioni, non le apparteneva più. Davanti al giudice si è trovata a fare i conti con gli occhi del marito, iniettati di rabbia per quella decisione che proprio non condivideva. Non sempre basta l’amore a tenere unite due persone.

Una volta uscita da quella stanza, Antonia è spaesata, nonostante quella decisione fosse frutto di una scelta consapevole e coerente con le sue nuove necessità. Le passano davanti agli occhi come istantanee le immagini di quei ventidue anni che oggi fanno definitivamente parte di un capitolo della sua vita chiamato “passato”. Sa che deve iniziare a pensare al presente, per costruire un nuovo futuro. Ma oggi no, non ci riesce proprio. Oggi ha solo bisogno di piangere per liberare tutta la sofferenza che le attanaglia l’anima. Va nel bagno del tribunale, si siede su una sedia e si arrende al suo dolore. All’improvviso sente due mani poggiarsi sulle sue ginocchia: alza la testa e vede davanti a sé una donna in carne e ossa, bionda, con due occhi azzurri immensi e due lacrime che le scendono dal viso: “Non ti preoccupare, sono qui con te. Non devi sentirti in colpa. La tua missione fino ad oggi era questa, ma tu hai tanto amore nel cuore e adesso devi portarlo nel mondo”, le dice. Antonia, sconvolta, Ia guarda e le chiede chi è; la donna continua a dirle parole di conforto e si congeda con una frase di Cohelo. Poi se ne va. Antonia rimane sconvolta, ma nel cuore avverte una sensazione nuova e sconosciuta, una sensazione di pace.

Il giorno dopo ricomincia la sua vita, e il suo lavoro che ama tanto: deve ricevere una cliente, che però la chiama e le chiede se avrebbe potuto portare anche la zia che era venuta a trovarla. Dopo poco Antonia si trova di fronte quella zia, che è una suora dalla Bolivia, missionaria. Mentre ascolta rapita la sua storia, si vede già dall’altra parte del mondo, tra i bambini meno fortunati: “Io voglio andare in Africa”, le dice all’improvviso.

Le parole della donna che aveva incontrato il giorno prima e che l’avevano risollevato dall’abisso in cui era sprofondata, trovano oggi nella suora il loro Senso: l’amore che Antonia ha nel cuore, l’avrebbe portato ai bambini bisognosi, poveri e malati.

Tre mesi dopo, Antonia partiva, sola, non per l’Africa bensì per la Bolivia. Partiva per soffocare il suo dolore. Ma in Bolivia, dove è rimasta ben due mesi, ha lasciato il cuore. Così l’anno successivo ci è tornata, pensando di riprenderselo. Invece il suo cuore, lì, tra quei bimbi dell’orfanotrofio a cui andava a portare amore e generi di prima necessità nonché qualche migliaia di euro che raccoglieva grazie alla generosità e alla fiducia dei suoi amici, aveva messo radici.

Di ritorno dal suo secondo viaggio Antonia parla con Claudia Fortin, la sua commercialista, che le consiglia di aprire un’associazione. Claudia si è offerta di provvedere a tutto: sarebbe stato il suo contributo al progetto che ormai abitava nel cuore di Antonia. Nel 2017 le due donne insieme ad altri tre “amici d’anima” fondano l’associazione “Gli angeli di Cochabamba”: questo ha permesso di poter ricevere le donazioni del 5 per mille e quindi di sostenere sempre più fattivamente la missione.

La sua/loro opera inizialmente si svolge a favore del Salomon Klein, un istituto dove la suora era volontaria; ma vivendo personalmente la realtà della Bolivia, Antonia ben presto si rende conto che fuori dall’istituto c’è molto altro da fare, molto altro da dare: conosce Aristide, un italiano che vive lì da anni, e che va per le strade a raccogliere le persone bisognose, in modo particolare i bambini, che poi porta nel villaggio che ha costruito dove ci sono famiglie che, se pur povere, sono pronte ad accoglierli con amore e a prendersene cura. E poi va negli ospedali Aristide: in Bolivia la sanità è a pagamento, perciò pochissimi se la possono permettere. Da allora l’opera degli Angeli di Cochabamba è perciò anche a favore di Aristide e dei suoi bimbi, soprattutto quelli malati che porta personalmente in Argentina se devono essere operati, visto che lì le cure sono gratuite.

Solo il Covid ha impedito ad Antonia di raggiungere i suoi amati bimbi nel 2021 e 2022, ma nel frattempo insieme agli angeli dell’associazione ha continuato a raccogliere donazioni che prima o poi avrebbero consegnato. E così quest’anno per Antonia è stato il nono viaggio; è partita insieme ad altri angeli: Claudia Fortin, Devis Trevisanato, Maddalena Carpentieri e Martina Boscarello. Sono riusciti a riempire e portare due valigie ciascuno da 25 kg con vestitini 0-6 anni, medicinali, salviettine umidificate, paste cambio pannolini, matite e colori.

Le chiedo se c’è qualche episodio a cui è particolarmente legata. Mi parla di una bimba di circa quattro mesi conosciuta a gennaio, ricoverata per crisi epilettiche, e che dopo una settimana è morta, alla quale hanno pagato il funerale e accompagnata dandole dignità e amore.

In Bolivia c’è tanto da fare. I bambini vengono abbandonati perché le mamme spesso non hanno risorse per crescerli, perché hanno paura, perché sono la “conseguenza” di abusi – anche da parte dei familiari. Spesso questi bambini sono figli della violenza e dell’incoscienza, durante tutta la gestazione assumono l’alcol e droga che passano attraverso il cordone ombelicale, e nascono in crisi di astinenza”.

Mentre me lo dice, con una consapevolezza che lascia spesso spazio all’emozione, Antonia mi racconta: “L’esperienza della Bolivia è servita a chiudere un cerchio, a farmi crescere in comprensione, compassione, accettazione”. E così la sua missione trova un Senso ancora più profondo, e in quel cerchio chiuso riversa tutto l’amore di cui è capace.

Per chi volesse sostenere l’associazione, è possibile tesserarsi, fare delle donazioni sull’IBAN IT37Z0859060410000900017775 intestato all’associazione, oppure donare il 5 per mille indicando il C.F. 92289740281.

Antonia inoltre organizza tre/quattro volte all’anno presso il suo studio la “Giornata del massaggio dell’amore”: insieme ad una collega fanno massaggi da 40 minuti ad offerta libera, il cui ricavato va tutto all’associazione. Propone inoltre la vendita di braccialetti, e altri oggettini handmade che possono diventare idee regalo o bomboniere solidali. Per qualsiasi informazione, è possibile contattare Antonia (389/8444164) oppure Devis (347/9097077).

Ricorda infine, come diceva A. Einstein: “Non esistono grandi scoperte né reale progresso finché sulla Terra esiste un bambino infelice”.

Grazie Antonia, grazie Claudia, Devis, Martina e Maddalena. Grazie per tutto il Bene.

A cura di Sara Patron – Foto Redazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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