TORRE EIFFEL SENNA BATEAU MOUCHE

La Torre Eiffel è una torre metallica completata nel 1889 in occasione dell’Esposizione Universale e poi divenuta il monumento più famoso di Parigi conosciuto in tutto il mondo come simbolo della città stessa e della Francia.

La progettazione: Sul finire del 1884, il Governo francese annunciò di voler salutare l’Esposizione Universale del 1889 di Parigi – la decima di quelle rassegne consacrate ai fasti della produzione industriale – con un’opera di dimensioni colossali,  e Maurice Koechilin ed Emile Nougurier aderirono entusiasticamente all’impresa. Erano due ingegneri alle dipendenze della Compagnie des Établissements Eiffel, una fiorente ditta gestita da Gustave Eiffel, uno dei più accreditati “architetti del ferro” del periodo, e l’idea che avevano avuto era ambiziosa: si trattava di un imponente pilastro metallico, formato da quattro travi reticolari svasate in basso che si congiungono in cima, legate tra loro mediante traverse disposte a intervalli regolari. Il ferro era ovviamente l’unico materiale adeguato a una costruzione di una simile portata.

Eiffel, si avvalse inoltre della collaborazione della collaborazione di Stephen Sauvestre, ingegnere capo del dipartimento di architettura della sua società. che modificò la forma della torre per renderla più accattivante agli occhi dell’opinione pubblica, con l’aggiunta di linee meno spigolose e più aggraziate, ingentilite anche con molti ornamenti.

Lo stesso Eiffel contribuì al progetto con vari ritocchi e perfezionamenti, e iniziò a esaltarne pubblicamente le lodi, a tal punto da acquistare nel settembre del 1884 il brevetto per la nuova configurazione che permetteva la costruzione di supporti metallici e piloni in grado di superare i 300 metri d’altezza, messa a punto dai suoi dipendenti. Ciò malgrado, il progetto della Torre incontrò forti resistenze. Il più aggressivo dei critici fu Jules Bourdais costruttore del celebre complesso edilizio di Trocadero ce immaginò di erigere al posto della torre Eiffel una torre di dimensioni colossali «sormontata da una fonte d’energia elettrica per l’illuminazione di Parigi», così da illuminare il bois de Boulogne, il territorio di Neuilly e Levallois fino alla Senna. Particolarmente aspra fu la critica di Paul Planat direttore della rivista di architettura La Construction moderne, il quale bollò la Torre con clamorosi giudizi di demerito, definendola «un’impalcatura fatta di sbarre e di ferro angolare, priva di qualsiasi senso artistico», dotata di un aspetto mostruoso, che dava la brutta sensazione di incompiutezza. Ma Edouard Lockroy, Ministro del Commercio e Presidente della Commissione della Fiera, volendo un “qualcosa di veramente unico” invitò tutti i competitori a presentare i propri progetti entro il 18 maggio 1886. Eiffel, fu osteggiato in tutti i modi possibili e definito “un ebreo tedesco” per impedire che fosse lui l’esecutore dell’opera richiesta. Ma, secondo il giudizio di Lockroy, Eiffel era invece riuscito a conciliare la propria esperienza nel campo della scienza delle costruzioni a un raffinatissimo gusto estetico. La Torre, inoltre, sarebbe divenuta un importante sito turistico e avrebbe attratto all’Esposizione folle di visitatori impazienti di salire su un edificio alto 300 metri.

Per costruire la Torre ci volevano ben 5 milioni di franchi, e il Governo francese – inizialmente favorevole a finanziare interamente l’intervento – si dichiarò poi disposto a contribuire con soli 1,5 milioni di franchi, relegando all’ingegnere l’onere di trovare altri investitori interessati a contribuire alla causa. Né meno problematica fu la vexata quaestio dell’ubicazione della Torre. Eiffel, tuttavia, era fermamente intenzionato a erigere la Torre sullo Champ de Mars, così da offrire un accesso monumentale all’Esposizione Universale: fatto che scatenò le ire dei militari, tutt’altro che rallegrati dal fatto che un edificio così impattante sarebbe rimasto sulla piazza d’arme non per la sola durata dell’Esposizione, bensì per venti lunghi anni. Intanto la Torre continuò a subire fasi alterne di apprezzamento e di aperta ostilità da parte dei parigini. Il potente politico Pierre Tirad era fortemente contrario alla costruzione di un edificio così «anti-artistico, in stridente contrasto con la genialità dei francesi e più adatto all’America (dove il gusto non è ancora molto sviluppato) che all’Europa e tanto meno alla Francia. Il Repubblicano Georges Clemenceau invece, tentennò di più, e ammise che la Torre Eiffel era «una creazione straordinaria, magari brutta e assurda, ma in grado di attirare folle di visitatori stranieri. Non mancarono i ferventi ammiratori, come monsieur Rastignac de L’Illustration, che difese energicamente la Torre, destinata a essere universalmente apprezzata dai francesi, popolo che andava pazzo per gli eventi sensazionali e vertiginosi, inaspettati e colossali, divertenti e fantasiosi.

“Ricordiamo inoltre che tale opera monumentale avrebbe dovuto essere “smontata” dopo 20 anni dalla sua costruzione, tempo previsto per ammortizzare tutte le spese sostenute!”

Mentre il 1887 si profilava all’orizzonte, Eiffel il 22 dicembre 1886 scrisse una lettera a Édouard Lockroy per comunicargli che i ritardi occorsi nella chiusura del contratto stanno creando una situazione davvero molto grave.

Il 7 gennaio 1887 Eiffel stipulò finalmente il contratto con la municipalità di Parigi e il governo francese. Tre settimane dopo, il 28 gennaio, ebbe inizio la costruzione della Torre. Per prima cosa si provvide alla realizzazione delle fondamenta, resa possibile grazie ad alcune trivellazioni con le quali ci si era accertati che «il sottosuolo dello Champ de Mars era composto da uno spesso strato di argilla in grado di sostenere un peso che variava tra i 20 e i 25 kg al cm2.

Non tutti, tuttavia, erano così soddisfatti e gli “Artisti francesi, si opposero a tale opera. Fu così che il 14 febbraio venne sottoscritta una lettera traboccante d’ira, pubblicata sul giornale Les Temps e indirizzata al funzionario della municipalità di Parigi Adolphe Alphand nella quale si chiedeva di bloccare immediatamente la costruzione di quella torre ridicola e vertiginosa che sovrasta Parigi come la gigantesca ciminiera di una qualsiasi fabbrica, schiacciando ogni cosa con la sua massa barbara e sinistra, firmata da Ernest Meissionier, da Wlliam Bougierau, da Gamier, da Guy Maupassant e da Alexangre Dumas fil.  

“Noi scrittori, pittori, scultori e architetti, a nome del buon gusto e di questa minaccia alla storia francese, veniamo a esprimere la nostra profonda indignazione perché nel cuore della nostra capitale si debba innalzare questa superflua e mostruosa Torre Eiffel, che lo spirito ironico dell’anima popolare, ispirata da un sano buon senso e da un principio di giustizia, ha già battezzato la Torre di Babele. La città di Parigi si assocerà veramente alle esaltate affaristiche fantasticherie di una costruzione meccanica – o di un costruttore – disonorandosi e degradandosi per sempre? La Torre Eiffel, che neppure l’America, con la sua anima commerciale, ha l’audacia di immaginare, senz’alcun dubbio è il disonore di Parigi. Tutti lo sentono, tutti lo dicono, tutti ne sono profondamente rattristati, e noi non siamo che la debole eco di un’opinione pubblica profondamente e giustamente costernata. Quando gli stranieri visiteranno la nostra Esposizione protesteranno energicamente: “È dunque questo l’orrore che hanno creato i francesi per darci un’idea del loro gusto tanto magnificato?”. E per i prossimi vent’anni vedremo stagliarsi sulla città, ancora vibrante dell’ingegno dei secoli passati, vedremo stagliarsi come una macchia d’inchiostro l’odiosa ombra dell’odiosa colonna di metallo imbullonato”

La costruzione della Torre, tuttavia, era già iniziata, e pertanto quest’iniziativa di protesta non riuscì a raggiungere i propri scopi e Lockroy replicò:

Mi chiedo se queste diatribe non possano essere prese a pretesto da alcune nazioni per non partecipare alle nostre celebrazioni. Avete scritto un capolavoro degno di essere esibito all’Esposizione. Una prosa tanto nobile e raffinata non può che interessare le folle e forse persino stupirle”

La risposta di Eiffel fu invece:

“Sono convinto che la torre possegga una sua intrinseca bellezza. Il principio primo dell’estetica architettonica è che le linee essenziali della costruzione coincidano perfettamente con la sua utilità. Qual è stato il principale ostacolo che ho dovuto superare nel progettare la torre? La resistenza ai venti. Io penso davvero che le curve dei suoi quattro piloni, così come sono stati creati grazie ai nostri calcoli e che si innalzano da una base colossale per restringersi gradatamente verso la cima, produrranno una meravigliosa sensazione di forza e bellezza. Si tratterà del] più alto edificio mai costruito a memoria d’uomo, una costruzione colossale possiede un fascino intrinseco. A me sembra che la Torre Eiffel sia degna di rispetto, non foss’altro perché dimostrerà che non siamo solo un popolo di persone divertenti, ma siamo anche un paese di ingegneri e costruttori, richiesti nel mondo intero per costruire ponti, viadotti, stazioni ferroviarie e i più grandi monumenti dell’industria moderna. Cominciano a dire che la mia torre non è francese. È abbastanza grossa e sgraziata per adattarsi agli inglesi e agli americani, ma non è il nostro stile, insistono. Noi siamo abituati ai ninnoli artistici. Ma perché non possiamo dimostrare al mondo che siamo in grado di realizzare i più eccelsi progetti ingegneristici? Parigi sta per avere la più grande torre del mondo, dopotutto la torre sarà l’attrazione più spettacolare di tutta l’Esposizione”

Nel 1887 Eiffel ingaggiò il fotografo Edouard Durandelle per documentare i lavori in corso della Torre. Egli, tuttavia, non fu l’unico a interessarsi al brulicante cantiere, che fu sin da subito oggetto di numerosissimi scatti.

Il 1º luglio ebbe inizio la costruzione dei quattro enormi piloni a struttura reticolare, caratterizzati da un’inclinazione interna di cinquantaquattro gradi a causa della quale sembravano inesorabilmente destinati ad abbattersi. Grazie a quest’efficienza i pilastri della Torre, costruiti inizialmente a sbalzo e poi sostenuti da impalcature provvisorie di legno, continuarono inesorabilmente ad alzarsi sino a raggiungere un’altezza pari a trenta metri nell’ottobre del 1887. I lavori vennero rallentati solo da un’ulteriore denuncia, sporta da un altro cittadino risentito, e vi fu persino un professore francese di matematica che predisse che se mai la struttura avesse raggiunto l’altezza di 227 metri, sarebbe inesorabilmente crollata

Eiffel, come da consuetudine, ignorò le critiche e ben prestò arrivo a poggiare la prima piattaforma della torre, che era già diventata più alta della cattedrale di Notre-Dame (69 metri), del Pantheon (83 metri) e della cupola degli Invalides, la quale con i suoi 104 metri era stata sino ad allora l’edificio più alto della città. Per celebrare il traguardo nel marzo 1888 Eiffel allestì sulla prima piattaforma un banchetto e vi invitò ottanta giornalisti, tutti impazienti di guardare il panorama parigino da una simile altezza: in quest’occasione, bicchiere di champagne alla mano, l’ingegnere brindò alla propria torre e dichiarò: «Gli inizi sono stati difficili e mi sono state mosse critiche aspre quanto premature. Sono rimasto saldo nella tempesta, soprattutto grazie al costante sostegno di monsieur Lockroy e, grazie al continuo progresso della mia opera, ho fatto il possibile per guadagnare, se non l’opinione degli artisti, almeno quella degli ingegneri e degli scienziati. Desidero dimostrare che, per quanto io sia ben poca cosa, la Francia continua ad avere un posto insigne nell’arte delle costruzioni in ferro».

La costruzione della Torre era ormai divenuta una corsa contro il tempo.

Sulle rotaie del futuro ascensore scorreva una gru del peso di 12 tonnellate in grado di sollevare elementi prefabbricati anche da 3.000 chili.

Nel luglio 1888 venne completata la seconda piattaforma, a 117 metri di altezza: per celebrare l’avvenimento, e anche la ricorrenza della presa della Bastiglia (che cadeva il 14 luglio) Eiffel decise di far esplodere da tale livello diversi fuochi d’artificio, così da rendere omaggio alla capitale con un variopinto spettacolo pirotecnico.

Non mancarono seri problemi con la “classe operaia” non abitua a lavorare a certe altezze ma, dopo alcuni scioperi, Eiffel studiò la modalità di lavoro in modo che gli operai difficilmente potessero cadere nel vuoto, soprattutto nelle fasi più avanzate dei lavori. Sotto alle postazioni di lavoro fece installare delle reti che resero il cantiere il più sicuro fino ad allora, considerando quelli di edifici particolarmente alti. Il suo sforzo produsse degli ottimi risultati: il cantiere, nella sua globalità, conobbe una sola morte, quella di un operaio italiano malauguratamente caduto dai ponteggi (ma non durante il suo turno lavorativo).

Anche grazie a queste iniziative la costruzione della Torre proseguiva con rapidità e concitazione. A testimoniarcelo è ancora questa volta Eugène-Melchior de Vogüé, il quale visitava quotidianamente il cantiere, registrandone in questo modo i progressi.

Nel frattempo, la Torre aveva registrato un importante primato, quello di edificio più alto del globo: prima di allora questo record era detenuto dal monumento di Washington, un obelisco di 169 metri eretto nel 1884 nella capitale americana, dopo quasi quarant’anni di lavori.

Un ultimo problema era ancora senza soluzione: quello degli ascensori. Eiffel, infatti, sapeva che i visitatori della Torre sarebbero dovuti giungere sulla sommità della struttura in modo ragionevolmente rapido e in assoluta sicurezza: egli, tuttavia, rifiutò di adottare ascensori in verticale e li volle obliqui, con raggio di curvatura di 48 metri su una distanza di 15 metri. La loro costruzione, affidata alla ditta Otis, fu in effetti molto problematica, anche se fortunatamente non compromise sensibilmente la costruzione della Torre, che riuscì comunque ad essere portata a termine la domenica 31 marzo 1889.

Erano passati ben cinque anni da quando Eiffel iniziò a interessarsi della monumentale Tour en fer de trois cent mètres e, pur tra infinite critiche e difficoltà, era ormai riuscito a portare a termine la sua costruzione appena in tempo per l’Esposizione Universale. Il 1º aprile 1889 la Tour fu aperta a un gruppo di giornalisti, politici e curiosi: fra di loro vi erano Édouard Lockroy, Pierre Tirard e vari inviati di diverse riviste, come Le Figaro e l’Herald. Insieme a questo gruppo – anche se alcuni, intimoriti dalle vertigini, si fermarono alle piattaforme inferiori – Eiffel giunse sulla sommità della Torre. Come riporta Jill Jonnes, dalla Torre i parigini ammirarono estasiati l’inconsueto panorama della loro amata città. La Senna era come un nastro d’argento increspato che si srotolava in un paesaggio in miniatura. La gran parte di loro non aveva mai visto Parigi da una simile altezza. Era uno spettacolo entusiasmante, che destava tuttavia una certa inquietudine. Ancora più vivide sono le parole del giornalista di Le Figaro, il quale contemplando la città dalla Torre si rese conto della piccolezza materiale dell’uomo:

“Il mont Valérin, Montmartre, le alture di Sannois, sembrano macchioline grigie; il bosco di Saint-Germain si dilegua nella foschia azzurrina, la Senna diventa un inoffensivo ruscelletto, attraversato da chiatte lillipuziane, e Parigi sembra un piccolo palcoscenico con strade dritte, tetti quadrati e linde facciate. I puntini neri rappresentano la folla. Ovunque tutto sembra privo di vita, tranne la massa verdeggiante del Bois; in questa immensità non vi è un movimento percepibile; nessun rumore che possa far pensare alla vita della gente “là sotto”. Si direbbe che, in pieno giorno, un improvviso torpore abbia reso la città inerte e silenziosa

A questo punto Eiffel issò il tricolore francese – 4,5 metri per 1,5, con le iniziali R.F. (République Française) ricamate in oro – e, dopo aver intonato La Marseillaise, fece tuonare ventuno colpi di cannone dalla seconda piattaforma.

La Torre venne ufficialmente aperta al pubblico alle ore 11:50 del 15 maggio 1889, nove giorni dopo l’inizio dell’Esposizione: erano passati esattamente due anni, quattro mesi e sette giorni da quando vennero inizialmente posate le fondamenta. Era naturalmente presente anche un registro degli ospiti, e il primo ad apporvi la propria firma fu lo stesso Eiffel, che scrisse:

«Mezzogiorno meno dieci, 15 maggio 1889. La torre è aperta al pubblico. Finalmente!». Seguì prontamente Sauvestre, che lasciò un commento inebriante: «Midi moins neuf, ouf!»  che letteralmente significa «Mezzogiorno meno nove, per un pelo!»).

Erano presenti anche folle di giornalisti, che scrissero:

Abbiamo composto questo numero in condizioni particolari: all’interno di una cabina che a mala pena ci ripara, tra carpentieri, operai del gas, fabbri e imbianchini, in preda al capogiro per quest’aria frizzante, per la polvere e per il rumore a cui non siamo abituati, e stanchi dopo aver salito 730 scalini (36 piani, se preferite) perché gli ascensori della torre non funzionano ancora”

I detrattori della Torre, tuttavia, si erano ormai ridotti a un’esigua minoranza, tanto che la Torre iniziò a godere a Parigi di una grande popolarità: la pâtisserie, la brasserie fiamminga, il bar anglo-americano e i vari ristoranti erano costantemente affollati di intellettuali e personaggi illustri. Particolarmente emblematico fu anche il giudizio di Edmond de Goncourt, l’astro letterario del momento, il quale cenò in cima alla Torre la sera di martedì 2 luglio in compagnia di Emile Zolà e di altri scrittori e disse che la torre Eiffel sembrava un faro abbandonato sulla terra da una generazione scomparsa, da una generazione di giganti. Si trattava, in effetti, della struttura più alta del mondo, primato che sarebbe stato superato solo nel 1930 dal Chrysler Building di Manhan.

L’infatuazione per la Torre, tuttavia, fu tutt’altro che passeggera, a tal punto che si decise all’unanimità di non abbatterla, andando quindi oltre i venti anni inizialmente pattuiti. A salvarla dalla distruzione vi fu anche l’installazione di una stazione radiofonica permanente sulla sua sommità, attuata nel 1906, la quale raggiungeva una notevole facilità di trasmissione radio. Si trattò, in effetti, di una decisione assai lungimirante: la Torre, infatti, giocò un ruolo chiave nei primi collegamenti telefonici transoceanici e nelle comunicazioni militari della prima guerra mondiale e nel 1921 si meritò il primato di trasmettere la prima trasmissione radiofonica pubblica d’Europa.

Notizie – La torre Eiffel si trova nella parte occidentale del VII arrondissement nel pieno centro di Parigi, all’estremità nord-occidentale degli Champ de Mars. La struttura è eretta su un piano a 33,50 metri sul livello del mare, non lontano dalle rive della Senna, dove sono dislocati pontili destinati all’ormeggio di imbarcazioni da diporto. Tutt’intorno alla torre si ergono edifici di grande interesse storico e architettonico, come l’Ecole militaire, il Ponte d’Iena, il  Palais des Chaillot con Tocadero e la sede dell’Unesco.

La Torre si trova in uno dei punti nevralgici della viabilità parigina, essendo a poca distanza da assi rotabili di primaria importanza come avenue Gustave Eiffel, avenue de la Bourdonnais, avenue de Suffren e infine la trafficata Quai Branly (che sfocia nel Pont d’Iéna, sulla Senna). Queste quattro direttrici, intersecandosi, descrivono un rettangolo all’interno del quale si inserisce la Torre, circondata da un fitto boschetto e da alcuni laghetti, con le strade interne completamente pedonalizzate.

La zona è servita da numerose stazioni della metropolitana di Parigi e nella zona, inoltre, corre la linea ferroviaria suburbana RER C, la quale presta servizio alla stazione di Champ de Mars, ubicata a poca distanza dalla struttura. Oltre ai vari mezzi su rotaia, la torre Eiffel è servita anche da numerosissime linee di autobus.

Sterminata è stata l’eco riscossa dalla torre Eiffel nel corso dei decenni sia dal punto di vista architettonico sia come un imprescindibile riferimento iconografico per decine di artisti: si trattava infatti di un monumento che, per usare le parole della critica d’arte Emanuela Pulvirenti, «non era caratteristico come la Torre di Pisa, non era leggendario come la Torre di Babele, ma emanava il fascino del progresso e la bellezza dell’essenzialità».

La valenza iconografica della Torre Eiffel fu valorizzata anche da vari fotografi e, soprattutto, cinematografi. I Fratelli Lumiere vi realizzarono un cortometraggio denominato Panorama pendant l’ascension de la tour Eiffel [Panorama durante l’ascesa della torre Eiffel], e Georges Méliès non esitò a includerla nella propria pellicola sull’Esposizione Universale del 1900, tenutasi sempre a Parigi. Molto spesso la Torre Eiffel viene inclusa nei film per suggerire la collocazione geografica degli eventi narrati, ambientati totalmente o in parte a Parigi, come: Parigi che dorme, Casablanca, I 400 colpi, l’incredibile avventura di Mr. Holland e il Ponte sul fiume Kwai.  

La Torre Eiffel, struttura alla quale sono stati dedicati numerosi omaggi filatelici, è stata inoltre interessata da una massiccia campagna di marketing. La sua immagine viene riprodotta in miriadi di portachiavi, souvenir, spille, cartoline, e nel 2013 è stato stimato che il suo brand sia equiparabile a una cifra dell’ordine di quattrocento miliardi di euro. Sono state molte, d’altronde, le aziende che si sono servite della torre Eiffel per pubblicizzare i propri prodotti: basti pensare alla Citroen, che nel 1923 iscrisse il proprio nome sul traliccio della torre Eiffel, impiegando 250 000 lampadine e seicento chilometri di filo elettrico, o agli spot di Air France, Yves Saint Laurent, Jean-Paul Gaultier e Campari.

A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto ImagoEconomica 

Editorialista Pier Luigi Cignoli

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