Oggi, su disposizione del Gip sono stati posti sotto sequestro beni per 32 milioni di Euro – tra contanti, depositi bancari, immobili e quote societarie – nelle province di Bologna, Modena, Terni e Sassari, causa una ”maxi frode Iva”.

46 le Aziende coinvolte in Emilia Romagna e nel Nord Italia.

Le indagini sono partite dagli accertamenti fiscali eseguiti su 4 Società bolognesi operanti nel segmento della vendita all’ingrosso di prodotti informatici.

Carry on sell‘” così definita l’indagine espletata dalla GdF di Bologna, coordinata dal Procuratore Aggiunto Francesco Caleca e dalla Pm Elena Caruso, ha avuto il suo inizio ancora nel 2020 a seguito dei un accertamento che ha portato alla luce una consistente frode fiscale, circa 44.000.000 di Euro, sulla scorta si una normativa UE finalizzata alle transazioni intracomunitarie, ‘non imponibili’ ai fini dell’imposta.

Ideatore di tale “truffa”, e attualmente indagato sembra sia un “cittadino di Terni, residente in Bologna, dove nella sua abitazione e nella sua Azienda sono stati recuperati documenti importanti e pertinenti all’indagine.

Ne è seguita la denuncia di 63 imprenditori in merito ai delitti fiscali di omesso versamento dell’Iva, emissione e utilizzo di fatture per operazioni fatiscenti, omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali a danno del nostro Paese.

Alla fine è emerso un “giro” di fatture false per Euro 210 milioni, consentendo così alla Procura la possibilità di notificare 10 avvisi di conclusione delle indagini all’ideatore della frode e ai legali rappresentanti delle aziende operative nel Bolognese, per reati di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, con pene previste fino a 8 anni di reclusione.

La frode, secondo gli accertamenti fatti, si basava sul fatto che le Aziende, gestite da prestanomi di parte acquistassero prodotti informatici da una società polacca, senza l’applicazione dell’Iva. La merce veniva venduta sotto costo e solo “cartolar mente” ad atre società create ad ok al fine di rendere complessa l’identificazione dello schema illecito e dei responsabili, una sorta di scatole cinesi!

Le società avevano una durata assai breve, in modo tale da non presentare mai né dichiarazioni Iva né tanto meno bilanci di gestione e sostituite immediatamente da altre con analoghi compiti.

Tali prodotti, frutto della truffa, venivano poi commercializzati on-line generando profitti rilevanti oltre agli indebiti vantaggi fiscali.

A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto Imagoeconomica

Editorialista Pier Luigi Cignoli

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