BOB BROOKMEYER
Bob Brookmeyer è stato il piu grande trombonista jazz nella versione dello strumento a pistoni proveniente dagli Stati Uniti. Un Nuovo modo di musica che ha unito i popoli africani e quelli del Continente europeo per una coincidenza storica, purtroppo della schiavitù africana perpetrata dai coloni, portoghesi, spagnoli, francesi, inglesi, olandesi. Una cultura diversa che ha fatto nascere un genere musicale, la Musica Jazz con i suoi vari stili: “lo Swing, il Be-Bop, l’Hard-Bop, il Cool-Jazz e il Main-Stream.
Bob Brookmeyer è stato veramente un grande musicista come i suoi predecessori Juan Tizol, musicista che faceva parte dell’orchestra di Duke Ellington, e Brad Gowans, in quella di Paul Whiteman o i coevi Bob Enevoldsen e il canadese Bob McConnell stilisticamente più vicino a lui). Ma a suo dire, la maggior influenza la ricevette però da Bill Haris (trombonista dell’orchestra di Woody Hermam): “Ho amato il suo suono ampio la sua straripante emotività, il suo umorismo e la sua facilità col lo strumento. Bill era così opposto a me. Sfacciato e agressivo. Mi a emozionato […] e quello che mi disse Bob Brookmeyer. “Suonava il trombone a coulisse con un’enorme punteggiatura. Amavo lui e Earl Swope“.
Tuttavia, Brookmeyer fu molto di più che un trombettista, è stato anche pianista, un grande compositore, arrangiatore e un big band leader. Funzione che ha svolto sino alla sua ultima parte di carriera e di vita. Insomma, un musicista completo. A tal proposito è da sottolineare come un elemento notevole dello stile compositivo di Brookmeyer sia stato l’uso di tecniche di scrittura classica contemporanea nelle sue opere per big band e ensamble jazz. All’inizio degli anni ’80 Brookmeyer è stato mentore del compositore Earl Brown, con il quale ha esplorato in profondità la musica accademica del XX secolo. Le opere di Brookmeyer da allora sono state influenzate da compositori come Witold Lutoskawski, Cloude Debussy, Gyorgy Ligeti e Bèla Bartòk.
Dal punto di vista moralmente jazzistico, Brookmeyer è considerato tra i più grandi improvvisatori bianchi che il jazz abbia saputo sfornare, dotato di uno swing poderoso ma pure leggero e coinvolgente. Bambino prodigio, ha collaborato alla riuscita di dozzine di registrazioni significative, come membro dello Stan Getz Quintet, sassofonista di origine russa, ad inizio anni Cinquanta con il Gerry Mulligan Quartet & Sextet, del del Trio di Jimmy Giuffrè, della Gerry Mulligan Concert Jazz Band e della Thad Jones & Mel Lewis Orchestra (poi divenuta Vanguard Jazz Orchestra). Egli ha registrato anche con i maggiori artisti del jazz presenti sulla scena, tra i quali: Oscar Pettiford, Zoot Sims, Al Cohn, Clarke Terry, Ray Charles, Maynard Ferguson e Terry Gibbs.
Le numerose sue date da leader sono state notevoli per la loro inconfondibile carica di swing e colore emotivo. Quando si ascolta Brookmeyer in un qualsiasi album il suo strumento sembra vivo e suona sempre con allegria, ricordando l’immagine di un bambino che salta di gioia.
Brookmeyer nasce il 19 dicembre del 1929 a Kansans City. Nello Stato del Missouri, negli Stati Uniti, figlio unico di una famiglia molto povera. In un’intervista ha chiarito: “Non ero un bambino felice. La scuola elementare è stata un incubo per me. C’erano cattivi insegnanti e cattivi ragazzi. Ero figlio asociale, quindi sono stato vittima di bullismo. I miei genitori erano affettuosi, ma era difficile superare l’incubo che dovevo affrontare ogni giorno a scuola. Non potevi sfuggirgli. Entravo in palestra e qualcuno lì in piedi mi colpiva allo stomaco più forte che poteva. Oppure qualche ragazzino gigante veniva da me mentre stavo pranzando e mi diceva di incontrarlo dopo la scuola per combattere. È stato terribile. Ero un pò solitario. C’era qualcosa in me che mi rendeva un pò distante. La mia maestra d’asilo se ne è accorta e ha chiesto a mia madre se giocavo con gli altri bambini. Quindi c’era qualcosa di sbagliato in me nel modo in cui non mi relazionavo con gli altri bambini. Non ero consapevole in quel momento […].
La musica è stata la prima cosa nella mia vita che aveva senso e mi ha dato autostima. Ho riempito il buco e mi dono buttato sulla musica con enorme passione e concentrazione “. Forse anche per questo vissuto d’infanzia Brookmeyer era noto per avere un carattere piuttosto burbero. Il luogo di nascita non è un dettaglio musicalmente trascurabile in quanto nella sua formazione lo stile di Kansans City – a la Count Basie, per intenderci – ha avuto una forte influenza infondendogli quella spiccata carica swing che è rilevabile in qualsiasi assolo e arrangiamento. “L’ho sentito per la prima volta alla radio quando ero piccolo. Ozionante. La musica era così emozionante. Mio padre mi portava spesso ad ascoltare gruppi locali. Mi ha incuriosito la musica dal vivo. Sono andato al Tower Theatre dove Basie veniva a suonare due o tre volte l’anno […].
Quando sono andato a vedere Basie, la band era dietro uno schermo mentre iniziavano a suonare il loro tema, ON O’Clock Jump. Cavolo, quando l’ho sentito, ero come una pozzanghera. Ero completamente spazzato via. Mi sono detto: “Mio Dio, se mi riuscissi a fare qualcosa del genere, sarei così felice”, Harry “Swetts” Edison era lì. Saltava giù dal palco dell’orchestra e si precipitata a suonare un’associazione nel michlrofono in piedi. Era così entusiasta di arrivare lì ed esprimersi”. A conferma di ciò sono rintracciabili in discografia lavori  come Kansans City Revisited e Traditionalism Revisited chiaramente dedicati allo stile musicale associato a quella città e maturato negli anni Trenta. Brookmeyer il primo strumento che prende in mano ed inizia a suonarlo è il clarinetto imparando così i primo rudimenti della musica e a leggerla. Pur non volendo diventare un trombonista gli fu imposto dal direttore della banda della scuola che aveva bisogno di un trombonista, così ha dovuto prendere lezioni di questo strumento a fiato da un anziano insegnante di tedesco. Brookmeyer aveva solo quattordici anni quando ha iniziato a suonare e a scrivere musica professionalmente. “Fu allora che diventai arrangiatore e copista commerciale“[…].
Scrivevo uno spartito a settimana, lo copiavo, lo spedito e venivo pagato 15 dollari. Non so come ci sono riuscito. Stavo arrangiando per tre tenori, tre trombe e una sezione ritmica. Questo è stato il mio lavoro fisso per un pò. Alla fine il volume di cui avevo bisogno divennecosi grande che fu necessario che qualcunaltro copiatelo parti dei miei spartiti“.
Superato il liceo Brookmeyer, ha frequentato il conservatorio di musica di Kansans City, dove vinse il Premio Carl Busch per la composizione corale, ma senza diplomarsi. Egli suonava il piano in big band guidati dal sassofonista Tex Beneke e dal batterista Ray McKinley, ma si concentrò sul trombone a pistoni da quando si trasferì all’orchestra di Cloude Thornhill all’inizio degli anni Cinquanta. Non gli piaceva il trombone a coulisse: nel 1948, il primo trombonista della Kansans City Simphony ordinò un trombone a pistoni. Ma scoprì che non lo voleva. Mi conosceva e mi ha chiamato. Sono corso giù e lo preso. Era un’ottimo strumento di livello professionale che usai fino al 1958. Ecco il racconto di Brookmeyer.

In quegli anni ’50 Bob era un trombonista professionista ed aveva finito un’esperienza positiva in attesa ancora di una grande occasione. Finita quella con il musicista Thornill, questa nuova opportunità a Brookmeyer gli arrivò quando il sassofonista di origine russa Stan Getz formò il nuovo quintetto. Lo Stan Getz Quintet, una formazione della fine dell’anno 1952, fu per molti versi la risposta della East Coast al nuovo Gerry Mulligan Quartet, che era diventato di successo a Los Angeles. Entrambi i gruppi offrivano un suono più secco e più Cool e facevano molto affidamento su armonie lineari piuttosto che su configurazioni Bop pure. “Stanley era felice di avermi. Il batterista Frank Isola mi ha chiamato all’ultimo minuto e mi ha detto cosa voleva fare Stan” […].

A Stanley piacevo molto. Pensava che fossi intelligente, musicale e divertente. Quindi non abbiamo mai più avuto problemi. Quando Stanley e io suonavamo a Los Angeles nel 1953, andavamo dall’altra parte del parco dal Tiffany Lounge per ascoltare Gerry Mulligan e Chet Baker all’Haig. Quella era una delle più grandi band che avessi mai sentito. I documenti danno solo un piccolo indizio di quello che stava succedendo lì. Quando sentivi quella band dal vivo, era una prospettiva completamente diversa. Il suono così fresco […].

Eravamo lì ad ascoltare così tanto Gerry e Chet. Che il manager della Tiffany Lounge alla fine disse : “Se ti piace codi tanto laggiù, perché non rimani lì”. E ci ha licenziato. Così all’inizio del 1953 Brookmeyer tornò a Kansas City abbandonando transitoriamente il mondo della musica. “Stanley,  Frank Isola e John Williams non smetteranno di chiamarmi per suonare, con loro. Così alla fine sono tornato a Los Angeles e mi sono unito a loro […].

Poi ho deciso di unirmi al quartetto di Gerry Mulligan dopo che Chet se ne era andato. Stanley era piuttosto depresso per questo”. La cosa non si fece subito, in quanto Mulligan finì per essere arrestato per droga nel settembre del 1953 e venne trattenuto fino a dicembre. Trasferitosi allora a New York, dopo il primo dell’anno del 1954, il baritonista lo chiamò e gli disse di portare con sé una sezione ritmica a Los Angeles per iniziare le prove. Così il trombonista portò con sé il batterista Frank Isola e il contrabbassista Bill Anthony. “Ma Bill non ha funzionato, quindi abbiamo chiamato Red Mitchell a metà del tour“.

Di quella esperienza è rimasta l’opera discografica, la registrazione del concerto effettuato Parigi alla Salle Pleyel della capitale francese, l’opera è ancora considerata a oggi una delle migliori esibizione “live” dell’intera discografia jazz. Purtroppo il quartetto di sciolse poco dopo quel concerto a causa di dissapori e divergenze con il baritonista anche dovute alla sua tossicodipendenza. Alla fine 1954 Brookmeyer si trasferì in California dove c’erano più occasioni di lavoro. Tuttavia, la collaborazione con Mulligan riprese nel 1955 col Gerry Mulligan Sextet insieme a Zoot Sims, fino al 1957, mentre nel 1958 Bob Brookmeyer fece parte del rivoluzionario trio di Jimmy Giuffrè  privo di strumenti ritmici, col il chitarrista Jim Hall che lì sostituiva nel classico ruolo.

Quelle due personalità non andavano affatto d’accordo. Ho sempre dovuto fare da intermediario. Jim veniva a lamentarsi da me di Jimmy. Poi Jimmy veniva da me e si lamentava di Jim. La grande lamentela di Jim era dover suonare troppa chitarra ritmica dietro di noi invece che negli assoli. Ero sempre così impegnato a risolvere la situazione che non avevo il tempo di valutare chi aveva ragione e chi aveva torto”.

Ad inizio anni Sessanta Brookmeyer a fatto parte ancora una volta dei progetti musicali di Gerry Mulligan, stavolta nel contesto orchestrale della Concert Jazz Band nel doppio ruolo di solista, di compositore e di arrangiatore.

Il contributo del trombonista a quella band è stato decisivo, comunque non meno importante di quello del suo leader, producendo una serie di dischi registrati sia in studio che nei concerti dal vivo della tournée europea che sono considerati degli autentici capolavori del genere jazz. Nel ruolo di arrangiatore, Bob in cui si stava progressivamente specializzando, ha lavorato anche per un paio di progetti di opere discografiche del cantante e pianista Ray Charles. Più o meno nello stesso periodo si unì al trombettista Clark Terry in una band che ottenne un discreto successo. Brookmeyer si trasferì di nuovo a Los Angeles nel 1968 divenendo un musicista di studio di registrazione a tempo pieno.

Trascorse dieci anni sulla West Coast dove sviluppò una grave dipendenza dall’alcol. Dopo aver superato il problema, tornò a New York City, divenendo il direttore musicale della Thad Jones & Mel Lewis Orchestra nel 1979, sebbene non avesse composto musica per un decennio. Brookmeyer ha scritto e suonato con formazioni jazz in Europa dall’inizio degli anni Ottanta. Egli ha fondato e diretto una scuola di musica nei Paesi Bassi e ha insegnato al Conservatorio di Musica del New England a Boston, nello Stato del Massachusetts, e in altre istituzioni.

Nei decenni successivi Brookmeyer si è concentrato per lo più nella sua attività di compositore e di leader di big band sfornando strani con le sue formazioni e in particolare la New Art Orchestra, opere di livello assoluto, meritevoli di ricevere diverse nomination ai Grammy Awards come la produzione discografica “Get Well” del 2005 e “Spirit Music” del 2006. E stato inoltre anche nominato National Edowment for the Arts Jazz Master nello stesso anno.

La sua ottava nomination ai Grammy Awards è stata per l’arrangiamento dell’album della Vanguard Jazz Orchestra, “Forever Lasting”, poco prima della sua scomparsa.

Bob Brookmeyer è morto di insuficenza cardiaca congenita il 15 dicembre del 2011 a New London, nel New Hampshire[…]”.

(Testo tratto dal sito oneline  “Great Black Music” – 28 novembre 2023, di Cotecchio).

A cura di Alessandro Poletti – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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