ANNI DI PIOMBO, DIVISIONI SOCIALI, EROINA…

Ho iniziato le scuole superiori nel 1970, sono cresciuto da ragazzini ad adulto in quelli che sono definiti gli “anni di piombo” della storia italiana, tra disuguaglianze di classe e conflitti sociali, bombe, brigate rosse ed eroina; anni in cui la stabilità economica, politica, sociale erano a rischio e non solo a causa delle frange che tentavano colpi di stato o mettevano in atto veri e propri atti terroristici.

Una sola cosa era al di sopra delle divisioni, di ricchezza e povertà, ad uso di tutti coloro che cercavano una “via d’uscita” apparentemente facile: la droga!

Come tutti, o il 99,99% di noi, ho iniziato in quegli anni a fumare qualche sigaretta, andando a scuola, “scroccando” le note all’amico che il pacchetto di Muratti lo aveva in tasca; la cosa è in vero durata pochissimo, perché non avevo soldi in tasca, ma fondamentalmente perché la sigaretta non mi dava alcun gusto, nessuna delle sensazioni di chi una volta iniziato non ha mai smesso.

Forse questo ha fatto sì che non mi sia mai avvicinato anche ad altro, insieme al fatto di avere amici con i quali si usciva, si andava al cinema, ci si divertiva anche solo a chiacchierare a casa dell’uno o dell’altro davanti ad un panino ed una birra; la discoteca non faceva per noi, così come non eravamo parte di compagnie numerose e probabilmente anche questo ha contribuito al fatto che girassimo ben al largo da certe cose, dallo “sballo”.

La felicità la cercavamo in altre cose e le nostre famiglie hanno contribuito ampiamente al nostro crescere, la loro vicinanza è stata determinante, e poi non c’erano soldi ed in più, a casa mia, c’erano i problemi di salute di mio fratello, cosa che focalizzava il nostro vivere quotidiano, lasciava fuori la noia, non la gioia dei giorni sereni.
Anni difficili quelli del settanta, dell’ottanta, con divisioni di ogni genere, comprese quelle generazionali che hanno portato tanti ragazzi a cercare vie alternative, quanto pericolose, alla ricerca della felicità; e come detto non era questione di classe sociale, perché l’eroina era davvero per tutti, ricchi e poveri, nessuno escluso.

In quegli anni la droga è diventata una piaga sociale, cui nessuno riusciva a porre un freno, un rimedio; non ci riuscivano le famiglie, o perlomeno quelle che almeno ci provavano, né lo faceva lo Stato, così come la Chiesa, votate chi più chi meno a soddisfare i “propri” di bisogni, figuriamoci quanto potevano essere prioritari quelli altrui ….
Ecco allora spuntare sulla scena persone che, singolarmente, decidevano di darsi da fare, quale Vincenzo Muccioli, fondatore della Comunità di San Patrignano, divenuta nel corso di quegli anni una vera e propria “istituzione”, con tutte le contraddizioni e le sfumature bianche e nere che possono nascere da un’iniziativa fuori dagli schemi, cresciuta a dismisura tra blandimenti e ostacoli.

SanPa è stato per molti anni l’ombelico di un mondo che viveva sul filo del rasoio, un filo sottile su cui camminare, sempre ai confini tra la legalità e l’illegalità, con tutte le contraddizioni del suo stesso fondatore, angelo e demone a seconda dei casi, perché bastone e carota erano il suo modo di condurre una comunità dove viveva un’umanità difficile da gestire, spesso in preda a demoni che non sempre voleva davvero combattere, sconfiggere.

Naturale che con il crescere di SanPa, con l’aumentare della sua popolazione, della notorietà, ci sia chi ha approfittato di un modo facile di farsi “pubblicità”, anche se questo non sempre è il termine giusto; così ecco comparire i politici, non importa di quale colore, perché tutto andava bene pur di farsi “vedere”, e se fino al giorno prima si erano lanciati strali, appoggiato i magistrati che avanzavano accuse verso Muccioli e la sua “creatura”, il suo modo di governarla e gestirla, perché nulla è scandaloso in politica, niente è così incline al compromesso.

Oggi San Patrignano è nuovamente tornato a far parlare di sé, del suo fondatore, venticinque anni dopo la sua morte, venticinque anni in cui la comunità ha visto spegnersi le luci di molti riflettori, ma anche anni in cui si è continuata l’opera di recupero di tante persone, certo con metodi diversi da quelli usati da Muccioli, indirizzando anche le proprie attività non solo sul recupero, ma anche sul reinserimento sociale, creando o allargando quelli che erano nati come esperimenti, che oggi rappresentano il fiore all’occhiello di questo mondo non più fine a se stesso.

Difficile pensare che si possa giudicare “nettamente”, senza errori e pregiudizi, quella che è stata l’opera di Muccioli e della sua creatura, specie considerando proprio quel filo sottile che distingue i comportamenti, il bene dal male, sempre e per chiunque di noi; certo, ad un certo punto ci si può sentire onnipotenti, al di sopra di tutto, legalità compresa, e forse sta proprio qui il compendio di una vita, della vita di chi, nel bene e nel male, ha dato un futuro a tanti ragazzi, tante persone …. perdutasi.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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