Il collega Emanuele Piazza è nato a Palermo l’8 dicembre 1960 e – in circostanze mai del tutto chiarite – fu assassinato a Capaci il 16 marzo 1990 ad opera della mafia. Il corpo non fu mai ritrovato. La presumibile ricostruzione dei fatti avvenne grazie alle rivelazioni di due collaboratori di giustizia, tra i quali il suo stesso assassino.

Quel giorno Emanuele venne attirato fuori dalla sua abitazione da una persona conosciuta in palestra. Condotto in un luogo isolato l’agente venne strangolato; dopodiché il suo cadavere venne sciolto nell’acido in un casolare della campagna di Capaci, a poche centinaia di metri dal luogo dove nel 1992 troverà la morte lo stesso giudice Falcone.

Piazza iniziò la sua carriera nella Polizia di Stato nel 1980, presso la scuola allievi guardie di Alessandria. Il 13 novembre 1989 si dimise dalla polizia per essere impiegato sotto copertura nel SISDE (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica). Il suo primo e unico incarico nei servizi segreti italiani fu quello di dare la caccia ai latitanti. Le sue indagini portarono all’arresto di un paio di mafiosi ricercati. Dopodiché scomparve nel nulla. I primi ad accorgersene furono i familiari, dato che non si presentò alla festa di compleanno del padre.

Incredibilmente, la notizia della scomparsa venne tenuta nascosta ai media per sei mesi. Il Sisde, nonostante la sua scomparsa e le coraggiose denunce pubbliche del padre Giustino, e del fratello Andrea, per lungo tempo negò che Piazza avesse lavorato sotto copertura. Dopo mesi di stallo, il giudice Giovanni Falcone si occupò del caso e scoprì che a Piazza era stata fornita una lista dettagliata dei latitanti da cercare in zona. Ad assassinarlo fu il mafioso Francesco Onorato, suo ex compagno di palestra. Secondo quanto raccontato da alcuni collaboratori di giustizia, Piazza, il 15 marzo 1990, venne condotto con una scusa in un deposito di mobili a Cinisi e poi strangolato. Onorato aveva ricevuto l’ordine di ucciderlo da Salvatore Riina.

La carriera di Piazza si era probabilmente incrociata con quella di Antonino Agostino, collaboratore dei servizi segreti civili, ucciso assieme alla moglie Giovanna Ida Castellucci il 5 agosto 1989. La Procura di Palermo sospettò che Piazza e Agostino fossero i due sommozzatori che neutralizzarono la bomba destinata al giudice Falcone e posizionata tra gli scogli del lungomare nel fallito attentato dell’Addaura.

Il 29 novembre 2001, la seconda Corte d’assise di Palermo, condannò all’ergastolo gli autori materiali e i collaboratori di giustizia che parteciparono all’omicidio di Emanuele Piazza. Il 16 aprile 2003, la prima sezione della Corte d’assise e d’appello confermò gli ergastoli di primo grado. Con sentenza irrevocabile 20 maggio 2004 la prima sezione penale della Cassazione rese definitiva la condanna all’ergastolo degli uomini di Cosa Nostra.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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