Non è noto solo agli studiosi di storia antica che le religioni sono state portatrici di guerre, di disaccordi, di roghi a eretici e streghe. Umberto Eco, autore di numerosi saggi nel libro “Il nome della rosa”, traccia uno spaccato intrecciato di quanto anche il cristianesimo fosse distorto nell’assolvere solo i credenti anche se il peccato originale non ne facesse parte persino tra i monaci.

Ma le religioni, negli anni, spesso hanno dimostrato di state anche strazianti, persino durante il periodo islamico che stava assumendo padronanza verso il pensiero liberale in Occidente.
Il 14 febbraio del 1989 è una data che in qualche modo ha trasformato l’integralismo, mettendo in primo piano il potere assoluto dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, il leader politico e religioso dell’Iran, che annunciò alla radio, non una guerra verso i paesi confinanti, ma la condanna a morte dello scrittore di origine indiana Salman Rushdie.

La colpa del letterato, che in quel momento si trovava a Londra, era aver scritto “I versi satanici (The Satanic Verses)“, un romanzo in cui – secondo Khomeini – Rushdie insultava in modo indecoroso la religione islamica e il suo profeta.

Quella di Khomeini era una fatwa, ovvero la sentenza emessa da un’autorità religiosa e teoricamente vincolante per tutti i musulmani.

Venticinque anni dopo quella sentenza arrivò senza colpevoli la morte del traduttore giapponese del libro, il ferimento del traduttore italiano e dell’editore norvegese, la distruzione di diverse librerie in tutto il mondo e costrinse Rushdie a vivere nascosto, sotto la protezione del governo britannico.

La fatwa è stata reiterata il 17 febbraio 2008, in quanto la condanna a morte dell’Imam Khomeini contro Salman Rushdie ha un significato storico per l’islam e non è semplicemente una condanna a morte.

Rushdie nasce a Bombay il 19 giugno 1947 da una benestante famiglia di fede islamica. Ha frequentato il King’s College di Cambridge. Nel 1999 si è sottoposto ad un intervento chirurgico alle palpebre per curare un disturbo congenito ai tendini rattrappiti, che ne rendevano difficoltosa l’apertura, col rischio della perdita della vista.

Prima e dopo la sua condanna a morte Salman Rushdie si è sempre dichiarato ateo.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Brithis GQ

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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