Sfiducia e preoccupazione per i conti di Tim. Undici consiglieri del colosso delle telecomunicazioni chiedono un Cda urgente per discutere dello stato delle finanze dell’azienda tramite una lettera inviata al presidente Salvatore Rossi, nella quale si farebbe riferimento anche alla possibile valutazione di un cambio dei vertici. In allarme anche i sindacati, che con un’altra missiva esprimono i timori per la stabilità dei 40mila posti di lavoro legati al piano industriale.

Il documento è stato firmato dall’ad di Vivendi, società francese primo azionista di Tim, Arnaud de Puyfontaine, e da tutti gli altri componenti del Cda, ad eccezione del presidente Rossi, del presidente della Cdp Giovanni Gorno Tempini, della consigliera indipendente Paola Bonomo e dell’ad Luigi Gubitosi.

In discussione sarebbe la gestione dell’amministratore delegato, anche in merito all’investimento sul campionato di calcio tramite la piattaforma Dazn che ne detiene i diritti TV (qui abbiamo parlato di come ottenere i rimborsi per i disservizi di Dazn).

Sollecitato dalla maggioranza del Cda, il presidente Rossi avrebbe fissato la riunione straordinaria per il 26 novembre, il giorno dopo l’approvazione e la presentazione del piano industriale di Cassa depositi e prestiti, la Spa controllata del ministero dell’Economia, secondo azionista di Tim, che in quel vertice deciderà cosa fare del 9,9% del colosso delle telecomunicazioni.

“Se salta il piano industriale di Tim sono anche a rischio 40mila posti di lavoro” ha dichiarato il segretario generale del Sindacato della Comunicazione Slc Cgil, Fabrizio Solari.

Il rappresentate sindacale ha fatto riferimento al piano industriale tracciato nell’agosto del 2020 con le lettere di intenti fra Cdp, Tim e Open Fiber, per “rispondere ad un programma del Paese, cioè dotarci di una rete di nuova generazione in grado di soddisfare tutte le esigenze del Paese, e l’altro aspetto era di trovare una sistemazione anche dal punto di vista industriale ai 40mila dipendenti di Tim. Che succede ora?” si chiede Solari.

“Dal nostro versante è che un’idea di ‘rete arlecchino’, cioè fatta per pezzetti, non solo non è una risposta adeguata al recupero del ritardo italiano e del conseguente digital divide che ci caratterizza ma mette a rischio la stessa tenuta dell’azienda principale del settore. E si apre quindi un problema grosso dal punto di vista dell’occupazione, del sistema economico e anche delle prospettive del Paese” ha affermato il segretario generale di Slc Cgil.

A cura di Renato Lolli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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