Senza più speranza, senza più sogni; per questi motivi, un ragazzo friulano di 30 anni, Michele, si è tolto la vita l’ultimo giorno di gennaio, perché non c’era più modo di affrontare un’esistenza senza futuro.

I genitori hanno poi deciso di far pubblicare la lettera che il figlio aveva scritto al Messaggero Veneto. “Perdonatemi mamma e papà – scrive Michele nella missiva – se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene”.

“Ho vissuto (male) per trent’anni. Qualcuno dirà che è troppo poco”. Ma di certo per lui non erano stati pochi quegli anni di fatiche. Era “stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili”.

Traspare la fatica dalle parole del giovane, ma anche la fredda lucidità. Il quadro delineato da Michele ritrae il dramma della precarietà, quello fotografato dall’Istat con l’indice di disoccupazione che tra i più giovani (15-24 anni) ha toccato il 40,1%.

“È una realtà sbagliata – scrive Michele – una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni e insulta i sogni”.

E poi l’accusa verso chi ha rubato il suo futuro e quello di tanti altri giovani come lui: “Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto. Di ‘no’ come risposta non si vive, di ‘no’ si muore”. Ecco perché l’ultimo suo atto, il suicidio, è rivolto a questa società che, scrive Michele, “si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come dovrebbe fare”.

In chiusura chiede scusa ai suoi cari e poi una frase carica di rabbia: “Complimenti a Poletti. Lui sì che valorizza noi stronzi”. Infine la resa: “Ho resistito finché ho potuto”.

Paolo Baiocchi, medico psichiatra e psicoterapeuta, ha commentato il gesto del ragazzo con queste parole: “Emerge un forte senso di ingiustizia incompresa. Del resto sono tutte le statistiche nazionali che fanno emergere come i giovani siano quelli che hanno meno speranza in questo periodo storico. Se parte una spirale emozionale negativa il rischio può essere anche quello di sfogare la rabbia su se stessi”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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