La città di Lecce è stata svegliata questa mattina da un terremoto giudiziario che coinvolge esponenti politici e di spicco del tessuto imprenditoriale di zona.

Sessanta le persone indagate nell’ambito dell’operazione di Carabinieri e Guardia di Finanza di Lecce su una presunta truffa nel settore turistico-alberghiero. Per dieci di loro sono scattate le misure di custodia cautelare. Sequestrate anche diverse strutture del settore turistico.

I reati contestati a vario titolo sono associazione per delinquere finalizzata a compiere reati contro la Pubblica Amministrazione, la fede pubblica e l’amministrazione della giustizia, oltre che in materia di corruzione elettorale; atti contrari ai doveri d’ufficio, frode in processo penale e depistaggio, turbata libertà degli incanti, truffa ai danni dello Stato e della Comunità Europea ed altro.

L’inchiesta, che ha preso le mosse dal 2017, ha svelato un “modus operandi dell’apparato pubblico ispirato, oltre che all’arricchimento personale, ad assicurarsi bacini di consenso elettorale attraverso una gestione personalistica di presidi di potere a livello sia locale sia a regionale”.

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di strutture turistico – ricettive, riguarda stabilimenti balneari, aziende agrituristiche, diverse unità immobiliari e numerose somme di denaro per un valore stimato di diversi milioni di euro, “illecitamente autorizzati o realizzati in violazione delle norme in materia edilizia e paesaggistica.

Tutto è nato cinque anni fa con il sequestro della struttura su cui sarebbe dovuto sorgere il “Twiga” di Flavio Briatore, che poi si sfilò dall’affare. Per quella vicenda sono stati condannati, pochi giorni fa, in primo grado, il sindaco di Otranto, Pierpaolo Cariddi, il presidente di Federalberghi Lecce, Raffaele de Santis, e l’ex capo dell’ufficio tecnico del comune di Otranto, Emanuele Maggiulli.

L’inchiesta avviata all’epoca dalla procura si è poi allargata per fare luce sui meccanismi che venivano utilizzati per gonfiare e modificare le concessioni o ottenere finanziamenti pubblici nel settore della ricettività turistica in espansione nel territorio di Otranto.

In estrema sintesi, secondo l’ipotesi degli inquirenti si sarebbe quindi formato negli anni a Otranto un consolidato sistema associativo di natura corruttiva politico – imprenditoriale, che da tempo avrebbe pervaso l’amministrazione comunale, coinvolgendone amministratori e funzionari ‘troppo vicini’ ad alcuni imprenditori con interessi economici in quel centro, coltivati attraverso aggiudicazioni artefatte di appalti e rilasci di concessioni comunali offrendo utilità di diversa natura, fino ad assicurare un ‘bacino di voti’ per il sostegno elettorale ricevuto da alcuni degli indagati, nonché vantaggi economico – patrimoniali per gli altri.

A consolidare il quadro accusatorio della magistratura anche gli accertamenti, in particolare quelli in materia edilizia e paesaggistico-ambientale, condotti dalla Polizia Provinciale, caratterizzati da ricche acquisizioni documentali e molteplici rilievi tecnici.

A cura di Elisabetta Turci – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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