Due anni fa, una donna americana del Nevada di circa 70 anni, fu operata in India per la frattura di un osso della coscia.

Dal giorno dell’intervento, la donna acquisì un’infezione molto grave, che non riuscì a curare in alcun modo: il super batterio che aveva riscontrato si mostrò resistente a tutte le terapie antibiotiche umanamente conosciute e la donna alla fine non sopravvisse.

Stando alle informazioni riportate dal quotidiano The Thimes of India, la donna si sottopose inizialmente ad una cura nel Paese indiano, poi fece ritorno negli Stati Uniti nell’agosto 2016 per essere ricoverata in un ospedale di alta complessità in Nevada dove però nessuna cura si rivelò efficace.

Vennero impiegati ben 26 diversi antibiotici e fra di essi perfino uno di ultima generazione, a base di carbepenem, oltre al Colistin, che ha una componente tossica ma che viene usato come ultima risorsa per salvare la vita dei pazienti con infezioni ostinate.

In seguito a questo tragico evento, sono stati realizzati diversi studi nel laboratorio CDC di Atlanta: le ricerche hanno confermato la presenza nel sangue della paziente deceduta di un enzima del New Delhi Metalo-Beta-Lactamase (NDM) un super-batterio resistente agli antibiotici isolato per la prima volta nel 2008 in un paziente svedese di origine indiana.

Occorreranno quindi nuovi studi per trovare quanto prima delle cure efficaci per combattere questa nuova generazione di batteri.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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