Chiamato anche Grand Old Dame (la gran Vecchia Signora) e The Coat Hanger (la gruccia) l’Harbour Bridge è senza ombra di dubbio una delle icone dell’Australia. E se né il suo nome o i suoi soprannomi vi dicono nulla, vi do un altro piccolo indizio: è il ponte di Sidney da cui vengono sparati i fuochi d’artificio a Capodanno e di cui vengono trasmesse le immagini da ogni tg anche in Italia. Ecco! Adesso sì avete capito di quale ponte vi sto parlando!

Progettato e realizzato per collegare la costa nord con la costa sud precedentemente attraversabili solo via mare, al fine di agevolare le centinaia di viaggiatori obbligati a pazientare per ore – respirando l’irrespirabile odore di acqua putrida – il proprio turno di accesso al traghetto a causa delle lunghe file che quotidianamente si perpetuavano, la sua storia racconta quindi un po’ anche la storia di una terra e del suo popolo.

L’idea di costruire un ponte a collegamento delle due rive risale al 1815, ma si dovettero aspettare molti anni affinché divenisse realtà, complici anche le difficoltà economiche del periodo e la Prima Guerra Mondiale. Solo nel 1922 il Governo del New South Wales varò una legge che approvava la costruzione di un ponte ad arco ispirato all’Hell Gate Bridge di New York, progettato dal John Bradfield.

I lavori vennero affidati all’azienda britannica Dorman Long che si impegnò, al fine di contrastare la grave disoccupazione che in quegli anni aveva investito l’Australia, ad assumere manodopera unicamente locale. Furono ingaggiate così circa 1440 persone. La posa della prima pietra risale al 28 luglio 1923, i lavori iniziarono nel 1924 mentre l’inaugurazione avvenne il 19 marzo 1932: durante gli anni di costruzione persero la vita 16 persone, di cui solo 2 cadendo dal ponte, le altre 14 nelle fabbriche in cui si lavoravano l’acciaio e le materie prime per la costruzione.

E se negli anni 30 l’Harbour era già attraversato da circa 11.000 veicoli al giorno, oggi quel numero è salito a circa 160.000. Il ponte è costituito da sei corsie per traffico stradale, una per i pedoni, due corsie ferroviarie e una pista ciclabile. La struttura, considerata avveniristica per quell’epoca, rimase fino al 1977 il più lungo ponte di acciaio ad arco ad una sola campata.

Per i viaggiatori curiosi di conoscerlo da vicino, svariate sono le possibilità: con una “passeggiata” si possono salire i gradini che portano al Pylon Lookout e arrivando ad un’altezza di 87 metri è possibile ammirare il porto di Sidney e l’Opera House; salendo ulteriormente e arrivando in cima, si avrà una vista panoramica non solo sulla spettacolare baia di Sidney ma su tutta la città. Per i più avventurieri, è possibile cimentarsi nella “Discovery Climb”, una scalata guidata di circa tre ore e mezza che permette di vedere da vicino la struttura di quello che è stato definito un “trionfo dell’ingegneria”.

Infine, per chi avesse poco tempo a disposizione ma il desiderio di scalare il ponte è possibile optare per l’”Express Climb” che dura circa due ore e mezza: l’importante è avere con sé degli scarponcini da montagna e risultare positivi all’alcooltest.
Gli oggetti e le attrezzature utilizzati per la costruzione del ponte sono oggi custodite nel Museo Pylon Lookout, dove è anche ospitato un plastico del ponte.

Infine, un aneddoto sulla sua inaugurazione: prima che il premier Lang potesse tagliare il nastro e dichiarare ufficialmente aperto il ponte, il capitano Francis de Groot (membro della New Guard, gruppo che si opponeva al premier Lang) indignato perché non era stato scelto un membro della famiglia reale per celebrare il tanto atteso e prestigioso avvenimento, come atto di protesta arrivò in sella al suo cavallo e senza che nessuno potesse fermarlo brandì la spada e tagliò il nastro. Il capitano venne immediatamente arrestato e condannato ad una multa di 5.000 dollari australiani. Il nastro venne riannodato e il Premier poté inaugurare ufficialmente il ponte.

A cura di Sara Patron – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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