Il Cardinale Angelo Becciu condannato dalla Magistratura della Santa Sede

Dopo ben 86 udienze Il Cardinale Angelo Becciu è stato condannato a 5 anni e 6 mesi di reclusione, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a versare 8.000 euro di multa. La condanna è stata confermata oggi dal Tribunale del Vaticano in merito al processo relativo alla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e alla compravendita del palazzo Sloane Avenue a Londra, in cui sono coinvolti in tutto 10 imputati. Le condanne emesse dal tribunale ammontano complessivamente a 37 anni e 1 mese complessivamente per 37 anni e un mese di reclusione e la confisca delle somme relative ai reati contestati per Euro 166.000.000, oltre a 200.000.000 di Euro quale risarcimento danni alle parti civili lese. L’unico imputato assolto è stato Monsignor Mauro Carlino.

La condanna Del cardinale Angelo Becciu Becciu, 75 anni ed ex consigliere del Papa, è ad oggi il funzionario di più alto grado della Chiesa cattolica a essere comparso quale imputato davanti al Tribunale penale del Vaticano. Nei suoi confronti l’accusa aveva chiesto 7 anni e 3 mesi di reclusione in quanto riconosciuto colpevole di 2 peculati, la partecipazione alla compra-vendita del Palazzo a Londra e i 125.000 euro elargiti alla cooperativa “Spes” di Ozieri, gestita dal fratello Antonino, oltre ad una truffa aggravata coordinata con l’esperta di intelligence Cecilia Marogna, in quanto, dopo gli accertamenti, il Tribunale, ha stabilito che i 575.000, facenti capo alla Segreteria di Stato  concessi alla società slovena Logsic, amministrata dalla Marogna, furono utilizzati diversamente dalla motivazione di base, ovvero alla liberazione della suora colombiana rapita in Mali.

L’Avvocato della difesa, Fabio Viglione, dopo la lettura della sentenza ha dichiarato: “Faremo appello. Ribadiamo l’innocenza del cardinale.

Le altre condanne, assegnate e dovute al fatto che, secondo l’accusa, hanno portato un danno di oltre 200 milioni di Euro alla Santa Sede sono state così assegnate:  al Consulente Enrico Crasso 7 anni,  al broker Raffaele Mincione 5 anni e 6 mesi, al funzionario vaticano Fabrizio Tirabassi 7 anni e 6 mesi, all’avvocato Nicola Squillace un 1 anno e 10 mesi (sospesi), all’altro broker Gianluigi Torzi 6 anni, alla consulente Cecilia Marogna 3 anni e 9 mesi mentre Renè Bruelhart e Tommaso Di Ruzza, ex capi dell’Aif, sono state assegnate solo pene pecuniarie. Inoltre è stata ordinata la confisca delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166.000.000 di Euro complessivi.

Il Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, a seguito della lettura della sentenza ha dichiarato: “La sentenza ci dà ragione e per me è la cosa più importante, credo che in questi processi non bisogna mai esultare per il risultato, un pubblico ministero non può essere mai felice per le condanne, quello di cui sono soddisfatto è che il lavoro lungo e meticoloso ha retto nonostante le contestazioni che ci sono state mosse in questi anni, ci è stato detto che siamo degli incompetenti, degli ignoranti, in realtà il risultato ci dà  ragione. Adesso sono sereno, dormo tranquillo”.

Per i più esigenti riportiamo il testo della sentenza del Tribunale Vaticano presieduto dal Giudice Giuseppe Pignatone:

“Con la sentenza emessa oggi, dopo 86 udienze, il Tribunale ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società, che – come è noto – aveva ad oggetto plurime vicende (distinte, pur se con profili di connessione oggettiva e soggettiva), la principale delle quali è nota con riferimento al palazzo sito in Londra, 60 Sloane Avenue”. 

Il Tribunale “ha ritenuto sussistente il reato di peculato (art. 168 c.p.) in ordine all’uso illecito, perché in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici (ed in particolare del canone 1284 C.I.C.), della somma di 200.500.000 dollari USA, pari a circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato. Detta somma è stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora Sostituto mons. Giovanni Angelo Becciu, per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile al dr. Raffaele Mincione, con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione”.

“Il Tribunale ha quindi ritenuto colpevoli del reato di peculato mons. Becciu e Raffaele Mincione, che era stato in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro anche senza che si fossero verificate le condizioni previste, nonchè, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso. Quanto all’utilizzo successivo della detta somma, servita – fra l’altro – per l’acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c. p.)”. 

Nella nota si spiega poi che “ha invece escluso la responsabilità di mons. Becciu, Enrico Crasso e Fabrizio Tirabassi in ordine agli altri reati di peculato loro contestati perché il fatto non sussiste, non avendo piu’ la Segreteria di Stato la disponibilità del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo. È stata dichiarata poi la colpevolezza di Enrico Crasso per il reato di autoriciclaggio (art. 421-bis c.p.) in relazione all’utilizzo di una ingente somma di oltre 1 milione di euro, costituente il profitto del reato di corruzione tra privati commesso in concorso con Mincione”.

In relazione invece al riacquisto da parte della Segreteria di Stato, nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, delle società cui faceva capo la proprietà del palazzo già citato, il Tribunale, si spiega ancora, “ha ritenuto la colpevolezza di Torzi Gianluigi e Squillace Nicola per il reato di truffa aggravata (art. 413 c.p.) e del citato Torzi anche per il reato di estorsione in concorso con Tirabassi Fabrizio (art. 409 c.p.), nonchè per il reato di autoriciclaggio di quanto illecitamente ottenuto. 

Torzi, Tirabassi, Crasso e Mincione sono stati invece assolti perché il fatto non sussiste dal reato di peculato loro ascritto in relazione all’ipotizzata sopravvalutazione del prezzo di vendita. Tirabassi è stato, inoltre, ritenuto colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c.p.) in relazione alla detenzione della somma di oltre 1.500.000 USD a lui corrisposta – fra il 2004 e il 2009 – dall’UBS; il Tribunale ha infatti ritenuto che la ricezione di tale somma da parte dell’imputato integrasse il reato di corruzione in ordine al quale pero’, dato il tempo trascorso, l’azione penale è ormai prescritta. Quanto a Tommaso Di Ruzza e Renè Brulhart, rispettivamente Direttore Generale e Presidente dell’A.I.F. (Autorità di Informazione Finanziaria), intervenuti nella fase finale del riacquisto del Palazzo di Sloane Avenue, essi sono stati assolti dei reati di abuso di ufficio loro contestati e ritenuti colpevoli solo dei delitti di cui agli articoli 178 e 180 c.p. per omessa denuncia e per la mancata segnalazione al Promotore di giustizia di un’operazione sospetta”.

Infine, con riferimento ad altri due temi di indagine oggetto del giudizio, mons. Becciu e Cecilia Marogna sono stati ritenuti colpevoli, in concorso, del reato di cui all’art. 416-ter c.p. in relazione al versamento, da parte della Segreteria di Stato, di somme per un totale di oltre 570.000 euro a favore della Marogna, tramite una società a lei riferibile, con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa. 

“Mons. Becciu è stato altresì ritenuto colpevole di peculato (art. 168 c.p.) per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di Euro 125.000 destinata in realtà alla cooperativa SPES, di cui era presidente il fratello Becciu Antonino. Pur essendo di per sè lecito lo scopo finale delle somme, il Collegio ha ritenuto che l’erogazione di fondi della Segreteria di Stato abbia costituito, nel caso di specie, un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 c.p., che sanziona l’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza – del resto – con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado. 

I sopranominati imputati Raffaele Mincione, Gianluigi Torzi, Fabrizio Tirabassi, Angelo Becciu , Nicola Squillace, Enrico Crasso, Tommaso Di Ruzza e Renè Brulhart sono invece stati assolti, con le formule specificate nel dispositivo, da tutti gli altri reati loro ascritti. Parimenti, mons. Mauro Carlino è stato assolto da tutti i reati a lui contestati. 

Conclusivamente, ritenuta la continuazione tra i reati contestati ad ognuno degli imputati, gli stessi sono stati condannati, rispettivamente: Bruhlart Renè e Di Ruzza Tommaso alla pena della multa di euro millesettecentocinquanta; Crasso Enrico alla pena di anni sette di reclusione ed euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Mincione Raffaele alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, euro ottomila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Giovanni Angelo Becciu  alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, ottomila euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Fabrizio Tirabassi alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, euro diecimila di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Nicola Squillace, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena – sospesa – di anni uno e mesi dieci di reclusione; Gianluigi Torzi  alla pena di anni sei di reclusione ed euro seimila di multa, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla sottoposizione alla vigilanza speciale per un anno; Cecilia Marogna alla pena di anni tre e mesi nove di reclusione con interdizione temporanea dai pubblici uffici per uguale periodo; 4 Logsic Humanitarne Dejavnosti D.O.O. alla sanzione pecuniaria di euro quarantamila ed al divieto di contrattare con le autorità pubbliche per anni due; 

Inoltre, il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166.000.000 di euro complessivi. Gli imputati sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati complessivamente in oltre 200.000.000 di euro.

A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto Imagoeconomica

 

Editorialista Pier Luigi Cignoli

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