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La legge italiana è molto chiara e stabilisce che, per i privati cittadini, il tasso di interesse legale sia dell’1%. Significa cioè che il contribuente non si deve attendere di più quando presta soldi o li dà in custodia a Stato o privati. Se invece accade il contrario, se è lo Stato che attende dei soldi dai cittadini, ecco che le questioni in essere cambiano radicalmente, come racconta Franco Bechis sul quotidiano “Libero”.

Marco Rossi, il nome è di fantasia, deve 2.100 euro all’Agenzia delle Entrate a causa di “irregolarità formali” presenti in una dichiarazione dei redditi vecchia ormai di cinque anni. Si rivolge così ad un commercialista che gli propone di scrivere una lettera ad Equitalia per ottenere un pagamento rateizzato. 2mila euro pesano sulle finanze del signor Rossi, sono circa due stipendi.

Dopo un mese, ecco che arriva finalmente la risposta di Equitalia: “Le abbiamo accordato la ripartizione del pagamento di tale documento in n. 28 rate mensili”. Il linguaggio della lettera si fa umoso: si parla di “criterio alla francese, che prevede rate di importo costante con quota di capitale crescente e quota interessi decrescente”. Morale? Il signor Rossi, per poter saldare il proprio debito a rate, dovrà pagare 3.076,44 euro. 950 euro in più rispetto ai 2mila iniziali, esattamente il 45,2% in più.
Stando così le cose, come evidenzia Bechis, “se uno va da uno strozzino dal cuore buono finisce che per una cifra così il prestito riesce perfino a risparmiare rispetto a quanto gli chiede il fisco italiano”. Fonte Il Giornale

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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