Nonostante la corsa al vaccino, molto difficilmente sarà disponibile per una eventuale seconda ondata. Molto più promettenti, e presto disponibili, gli anticorpi monoclonali per la cura.

Come noto in ogni parte del mondo le comunità scientifiche lavorano alacremente per rendere disponibile prima possibile un vaccino anti Covid-19: al momento cinque sperimentazioni in particolare risultano particolarmente avanzate, mentre in Cina c’è già un siero che viene somministrato a livello militare e in l’Italia, insieme a Francia, Germania e Olanda, ha una opzione sul vaccino studiato dall’Università di Oxford, in collaborazione con la multinazionale AstraZeneca, che vede anche il coinvolgimento di Irbm di Pomezia e di una società di Anagni per l’infialamento.

Tuttavia l’ottimismo si scontra con la ragione, e ad oggi è molto improbabile che un vaccino pssa essere già disponibile in autunno, quando potrebbe presentarsi una recrudescenza del virus ed eventuali ‘seconde ondate’ nei paesi in cui il caldo estivo e l’utilizzo di mascherine hanno abbassato e indebolito la carica virale del coronavirus.

Ecco perché acquista sempre maggiore interesse la produzione di anticorpi monoclonali, che potrebbero essere presto disponibili. Di fatto, sono molecole prodotte in laboratorio che agiscono con gli stessi principi degli anticorpi naturali del nostro sistema immunitario, neutralizzano il virus disinnescando la proteina Spike che usa per aggredire le cellule. Per determinate categorie, come gli ospiti delle Rsa, potrebbero anche essere utilizzati in forma preventiva, oltre che come cura.

Diversi gli studi e le sperimentazioni in proposito, fra gli altri quello dell’Università di Tor Vergata, in collaborazione con Spallanzani, ma anche con team del Canada, degli Stati Uniti e dell’India.

A guidare la ricerca è il genetista Giuseppe Novelli, che spiega al Messaggero: “Ci sarà bisogno dell’anticorpo monoclonale anche quando avremo il vaccino. La ragione è molto semplice: supponendo che funzioni, quando tu ti vaccini passa del tempo, la reazione non è immediata, se c’è una epidemia in corso come fai? Bene, gli anticorpi monoclonali funzionano come immunità passiva, ti fornisce una protezione di due-tre mesi. E l’anticorpo però è anche una cura, per chi è malato. Siamo ancora in fase di studio, sia chiaro, perché facciamo agire il monoclonale contro un target esterno, la struttura Spike del virus, le impedisce di attaccarsi alle cellule”.

Quanto tempo servirà per potere usare l’anticorpo monoclonale? “Sei mesi. Ci sono dieci gruppi nel mondo, in Usa, Cina, Olanda, Israele, Italia, molto agguerriti, che stanno lavorando, investendo, anche producendo. Per quanto riguarda il mio gruppo, in vitro gli esperimenti hanno dato un esito ottimo. Funzionano in provetta. Ora dobbiamo sperimentarlo sui volontari, ma per farlo devo produrre il farmaco e stiamo chiedendo aiuto a varie istituzioni pubbliche e private. Servono finanziamenti, non possiamo perdere questa grande occasione. Come dice Fauci, la strada prioritaria è questa, perché i tempi degli anticorpi monoclonali sono molto più rapidi rispetto al vaccino“.

A cura di Silvia Camerini – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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