Dopo ben 74 anni, finalmente, pare sia prossimo un totale stravolgimento dell’attuale vigente Legge Fallimentare.
Il Consiglio dei Ministri in data 11/02/2016, ha dato il via al disegno di legge delega per la riforma ed il riordino di tutte le procedure concorsuali.
Grazie alla Commissione presieduta da Renato Rordorf, è stata riscritta interamente la disciplina attraverso l’introduzione di “sofisticati” meccanismi di allerta per l’emersione tempestiva di quelle che la nuova procedura definisce “stati di crisi aziendali”.
E’ inoltre prevista l’introduzione della figura del “giudice specializzato” in materia di crisi d’impresa nonché la definizione univoca di “crisi” e di “insolvenza”.
Poiché attualmente le procedure concorsuali sono cinque, oggi mi limiterò a trattare le novità relative alla procedura concorsuale più nota: il fallimento.
L’attuale procedura fallimentare perderà la sua connotazione negativa e sarà denominata “liquidazione giudiziale”.
Già la nuova denominazione sa di ottimistico. Quello che fino ad oggi veniva chiamato “il fallito”, domani si chiamerà “il liquidato” il quale, grazie all’introduzione di nuove figure nella procedura, beneficerà certamente del fatto di non sentirsi soggetto “inquisito” bensì di “supportato nella nuova procedura di liquidazione”.
Il presupposto giuridico-culturale della riforma è: “scongiurare lo stato d’insolvenza ovvero fare tutto il possibile per evitare il mancato rispetto delle obbligazioni”.
Per anticipare l’intervento risanatore, la riforma prevede l’introduzione di una procedura di allerta e di composizione assistita della crisi, di natura non giudiziale ma assolutamente confidenziale.

L’obiettivo è incentivare l’emersione anticipata dello stato di difficoltà ed agevolare lo svolgimento delle trattative tra debitori e creditori.
A tal fine gli organi di controllo societari (sindaci e revisori), dovranno avvisare immediatamente l’organo amministrativo dell’esistenza di indizi sintomatici dello stato di crisi.
Poiché la procedura di allerta deve essere attivata dall’organo di controllo (sindaci / revisore), mi chiedo chi potrà attivarla nella stragrande maggioranza dei casi, quando solo una s.r.l. su 125 è dotata di organo di controllo.
La segnalazione di allerta può essere effettuata anche da creditori qualificati e istituzionali come Inps, Agenzia delle Entrate e organi di riscossione coattiva (Equitalia) in quanto questi enti, avendo rapporti mensili con le ditte / società, sono in possesso di dati sufficienti utili a rilevare pressochè immediatamente il malessere aziendale.
Relativamente ai creditori qualificati (e qui il disegno di legge non è chiarissimo in merito alla definizione in questione), dovranno segnalare all’imprenditore o agli organi di amministrazione e di controllo della società, il perdurare di inadempimenti di importo rilevante.

Può segnalare lo stato di allerta un fornitore commerciale che vanta un credito insoluto da euro 100.000,00 piuttosto che un altro che ha un credito di soli 500,00 euro ?
Come detto in precedenza, è molto chiaro invece che i creditori istituzionali possano azionare lo stato di allerta e, qualora l’imprenditore non fornisca giusta relazione contenente i rimedi utili per la sistemazione economico-patrimoniale del proprio processo produttivo, questi enti potranno convocare l’organismo di composizione della crisi, il quale deciderà se informare o no il nuovo giudice specializzato.

Una cosa è certa: fino ad oggi molto raramente un ente erariale, previdenziale o di riscossione presentava istanza di fallimento a carico di un imprenditore inadempiente.
Di solito le istanze sono presentate da fornitori commerciali, dipendenti e banche.
Qualora il disegno di legge fosse approvato, l’imprenditore in difficoltà cercherà certamente di dare precedenza ovvero di soddisfare prima i debiti erariali e previdenziali e poi eventualmente fornitori commerciali e dipendenti.
Ma allora qual è la vera intrinseca ratio della riforma ?
Una procedura “apparentemente più snella e veloce” e meno dispendiosa, servirà per garantire maggiormente il processo produttivo economico nazionale, oppure sarà uno strumento più efficace per assicurare maggior gettito nelle casse dello Stato ?
Un’ultima considerazione degna di nota: la radicale, articolata e complessa riforma purtroppo non vieta agli amministratori e/o ai soci dell’ente prossimo alla liquidazione giudiziale, di costituire in proprio o per interposta persona, un’altra ditta / società con la quale generare eventuali altri danni.

A cura di Prof. Pierluigi Vigo – www.recontavigoeassociati.it

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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