E’ il 27 gennaio 1967, sulla rampa di lancio 34 del Kennedy Space Center, alla base di Cape Canaveral, è in programma un’esercitazione di lancio di Apollo , la prima navicella del programma che dovrà portare l’uomo sulla Luna.
La corsa verso lo spazio inizia verso la fine degli anni cinquanta, in piena “guerra fredda”, con i russi che per primi mandano un razzo in orbita (1957); questo fa sì che anche gli Stati Uniti si gettino nell’impresa di volare non solo all’interno dell’orbita terrestre.

Anche il primo uomo a volare è russo, Jurij Gagarin, che viene mandato in orbita il 12 aprile 1961, così come la prima donna, Valentina Tereshkova, il 16 giugno 1963, quando però anche gli USA sono ormai fortemente impegnati nella corsa allo spazio, anzi, verso la Luna, dopo che il 12 settembre 1962 il Presidente Kennedy, in un discorso alla Rice University di Houston, aveva “promesso” che entro la fine del decennio un americano avrebbe messo piede sul nostro satellite.

Ai programmi Mercury e Gemini, che avevano portato l’uomo oltre l’orbita terrestre e persino ad effettuare alcune uscite dalla capsula spaziale, era perciò seguito il Programma Apollo e la prima missione doveva gettare le basi per il successivo sbarco lunare; Apollo 1 era quindi l’apripista e si dovevano effettuare verifiche relative alla fase di lancio, estremamente pericolosa, rimanendo poi nella parte bassa dell’orbita terrestre.

Il clima era ottimistico addirittura euforico, anche se i ritardi via via cumulati negli anni rendevano i tempi stringenti e per rispettare la promessa di Kennedy bisognava fare in fretta, anche a costo della sicurezza; non mancano infatti gli errori e non solo per quanto riguarda la navicella che dovrà ospitare gli astronauti, così come la qualità dei materiali usati, spesso non conforme agli standard necessari ad un’impresa di questa portata.
La prova in ogni caso è da effettuarsi ed i tre astronauti della missione raggiungono il loro posto sulla rampa ove sono posizionati il razzo Saturn e la capsula che li porterà in orbita; la prova prevede una simulazione di lancio, con la disconnessione completa dei cavi a cui è collegata.

Gli uomini di quella missione sono: Virgil “Gus” Grissom, il Comandante della missione, quarant’anni, è uno dei veterani della NASA e molti pensano sarà lui l’uomo deputato a mettere per primo piede sulla Luna; Edward White, trentasei anni, il primo americano ad aver compiuto un’attività extraveicolare, con la Gemini 4; Roger Chaffee, trentuno anni, il “novellino” della missione, essendo al suo primo volo, colui che avrebbe dovuto pilotare il modulo.

Sono le 13.00 quando gli astronauti entrano nella cabina di pilotaggio ed immediatamente sorgono problemi nelle comunicazioni con il centro di controllo della missione; così mentre la cabina viene riempita di ossigeno puro ad alta pressione e si lavora a ripristinare il segnale radio, il tempo passa lentamente, procedendo con altre operazioni di routine.
Quando finalmente tutto sembra tornato alla normalità e la prova pare poter avere inizio ecco che dall’Apollo arriva un messaggio ….
…. Sono le 18.31 e una voce urla improvvisa “al fuoco, c’è un incendio in cabina” … non si capisce chi le pronuncia, mentre è Chaffee, pochi secondi dopo, pare diciassette, ad urlare: “C’è un terribile incendio! Tirateci fuori! Stiamo bruciando!” seguite da altre incomprensibili parole e da terribili urla di dolore …. l’ossigeno puro alimenta l’incendio e dopo altri secondi è un’esplosione a squassare la capsula ….

La tragedia si è consumata senza che si potesse fare nulla per salvare gli astronauti; il portello della capsula si apre infatti dall’interno ed in effetti le posizioni in cui vengono ritrovati i poveri resti di Grissom, White e Chaffee lasciano capire che il tentativo di salvarsi è stato fatto, senza però avere il tempo per portarlo a termine.
Passano decine di minuti prima di potersi avvicinare alla capsula, dato il calore terribile emanato dai resti e quando ci si riesce, lo spettacolo è tremendo!

Le successive inchieste, tra rimpalli di accuse che la North American Aviation e la NASA, portano alla definizione di innumerevoli problemi, mancanza di sicurezza e l’utilizzo di materiali scadenti; l’incendio è infatti scaturito da alcuni fili di rame andati in corto posti sotto il sedile di Grissom ed andati in corto circuito, unitamente all’ossigeno puro utilizzato per l’atmosfera della capsula.

Si arriva inoltre alla conclusione che la morte degli astronauti è avvenuta per arresto cardiocircolatorio e non per le fiamme, a seguito dell’inalazione di una dose eccessiva di monossido di carbonio, in circa trenta secondi; un sistema di chiusura del portello più semplice e veloce avrebbe salvato i tre ed evitato un’immane tragedia, la prima in cui erano coinvolti astronauti americani.

Le successive revisioni del programma porteranno ad un drastico cambio di rotta in fatto di materiali e sicurezza, indispensabili per il successo delle missioni successive; la morte dei tre astronauti ha quindi di fatto “cambiato” la storia del programma Apollo, quello che, dopo l’annullamento di alcune missioni, porterà il 20 luglio 1969 l’uomo a mettere piede sulla Luna.

Dopo la morte di Grissom. White e Chaffee, dietro richiesta delle rispettive vedove, si decide di denominare come Apollo 1 quella tragica, fallita, missione.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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