ALESSANDRO POLITI DIRETTORE NATO DEFENCE COLLEGE FOUNDATION

Alessandro Politi, Direttore della NATO Defense College, Docente di Geopolitica, di Geoeconomia ed Intelligence presso la SOIO, scuola di preparazione alla “diplomazia”, Docente di Gestione di conflitto, crisi, pacificazione ed analisi presso Istituti di formazione governativi, Consigliere di 3 Ministri italiani della Difesa italiana e di 1 Ministro greco,  interpellato in merito al conflitto Federazione Russa – Ucraina ha affermato potrebbe essere prossima alla sua soluzione.

L’Ucraina di Zelensky ha avuto il massimo supporto economico-finanziari e il rifornimento continuo di armi sempre più sofisticate e relative munizioni dalla UE e dagli USA, ma con risultanti deludenti rispetto alle aspettative, questo comporta la necessità di un incontro per disegnare e stabilire un “compromesso” che sia di gradimento delle due parti interessate. 

Non a caso a Gedda in Arabia,  dove si è svolto l’ultimo summit, erano presenti ben 40 Stati, tra cui la Cina e, salvo qualche divergenza, tutti si sono dimostrati propensi a formulare un “progetto di pace” nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite e dei principi di sovranità. E’ stata anche visionata la relazione predisposta da Zelensky che evidenzia il ritiro delle truppe russe da tutta l’Ucraina, la formazione di un Tribunale internazionale finalizzato a perseguire i “crimini di guerra russi“, e formulare le necessarie garanzie di sicurezza per il Paese.

E’ atteso per fine mese un incontro tra Putin ed Erdogan entro la fine del corrente agosto.

In merito allo “stallo militare” Zelensky si premura di raccontarlo ai “giornalisti presenti”, in maniera chiara, ma , come sempre seguendo il suo personale “pensiero”, spesso molto di parte e discutibile. Riassumendolo emerge che i nemici russi si sono trincerati benissimo, i loro campi minati si allungano sino alle periferie delle città più bersagliate, hanno costruito dei bunker dotati di efficienti armamenti, tank interrati in ripari di cemento armato profondi con i posti di comando per gestire i droni e i lancia razzi. Tutto questo ha causato una crescita esponenziale di militari morti e feriti da entrambe le parti oltre ai civili e ai numerosi feriti e invalidi, causa anche l’uso delle mine antiuomo. .

Da questa sintesi nasce la conversazione con Alessandro Politi che si impegna nel rispondere dando una sua visione particolareggiata degli eventi.

“La guerra si è impantanata. La controffensiva ucraina fa progressi marginali mentre i russi hanno fatto uno sfondamento importante a nord est. Alla fine, il fronte si è stabilizzato. È accaduto anche perché è vero che gli ucraini hanno ricevuto molte armi, ma è altrettanto vero che spesso esse sono obsolete. A essere onesti, più di un Paese ha colto l’occasione per fare pulizia nei suoi arsenali inviando a Kiev le armi più vecchie per ricomprarne nuove e più performanti. È vero che ai soldati ucraini tutto va bene, ma se si deve prendere più tempo per addestrarsi, perciò le controffensive languono”.

Sul fatto che tale conflitto duri all’infinto risponde: “No. Al contrario è possibile che siamo agli sgoccioli. La guerra non può continuare. Gli europei hanno dato il massimo di quello che avevano, gli americani tutto quello che potevano dare per indebolirsi di fronte al rischio più grosso, la Cina. Quanto però durano gli sgoccioli e quanto saranno crudeli, non lo possiamo dire”.

In merito alla possibilità se si intravvede un punto di partenza per la pace, afferma: “Questo è punto spinosissimo. In un mondo ideale dovremmo arrivare perlomeno alla situazione 2014; con la Crimea e il Donbass che restano temporaneamente alla Russia che potrebbe inoltre convincersi di aver impedito all’Ucraina di entrare nella Nato”.

Toccato sul punto che tali fatti che potrebbero far pensare ad una vittoria della Federazione Russa, replica: ” No. Putin, non dimentichiamolo, voleva far cadere Zelensky e disarmare il paese. Per “denazificarlo”, secondo le sue parole, che tradotto significava metterlo sotto l’orbita di Mosca. Questo obiettivo è chiaramente fallito”. 

In merito a cosa mai guadagnano gli Ucraini se non entrano nella NATO e nella UE perdendo anche una “fetta” del loro territorio, non esita a rispondere: “Gli ucraini hanno dimostrato di essere tutt’altro che un paese finto. Hanno costretto Putin e il resto del mondo a riconoscerli come uno Stato vero e sono diventati un punto di riferimento per un’area geopolitica importante. Insomma, il futuro è dalla loro parte, dovrebbero esserne consapevoli. Partire dal 2014 non vuol dire cedere territorio, vuol dire essere diventato un interlocutore vero per l’ingombrante vicino. Se gli accordi di Minsk sono falliti è anche perché l’Ucraina è stata considerata da Mosca solo un pedone della Nato e non uno Stato con il quale fare i conti da pari a pari”.

Sui motivi della lentezza della burocrazia non esita a confermare: “L’Europa sulla Russia e sulla Ucraina, nonostante le apparenze, non fa fronte comune: la prima divisione è fra chi vuole Kiev ‘santa subito’ e chi no. La seconda è tra chi vuole la disfatta russa e chi no. I primi al momento sono i più visibili, mentre la Germania, che dovrebbe essere al timone degli europei, non si capisce cosa voglia. Sembra al traino di interessi che non sono né nazionali, né europei, né del bene comune mondiale. Un vero problema, anzi un pericolo”.

Sui presunti “allarmi” lanciati da Polonia e Paesi Baltici che potrebbero ampliare il conflitto in atto, molto tranquillizzante è la sua conclusione: “Il loro scopo è probabilmente di acuire la crisi, ma non accadrà, Biden e gli americani sono stati chiari: la guerra in Europa si limita all’Ucraina, la Cina è l’avversario principale”.

A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto ImagoEconomica 

Editorialista Pier Luigi Cignoli

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