Quello che non ha timore ad accostare al «Santo Graal», un vaccino efficace contro tutti i coronavirus, «potrebbe arrivare già nei prossimi due anni». Parola di Soumya Swaminathan, guida degli scienziati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Pediatra di formazione, una vita dedicata allo studio dell’HIV e della tubercolosi, la ricercatrice indiana ha raccontato il suo punto di vista sulla pandemia in una lunga intervista rilasciata al «British Medical Journal». Una chiacchierata da cui sono emerse luci e ombre.

Con una speranza: basata sui fatti. «Quello che abbiamo imparato sul Sars-CoV-2 in soli due anni non ha precedenti nel campo delle malattie infettive. Lo sviluppo è stato rapidissimo: in chiave diagnostica e terapeutica, ma anche preventiva. I vaccini a mRna sono il presente e saranno il futuro dell’immunologia. Per questo la messa a punto di un farmaco in grado di proteggerci da tutte le varianti potrebbe non essere molto lontana».

Una rete mondiale dedicata ai genomi di virus e batteri
La pandemia da Covid-19, a detta di Swaminathan, rappresenta un punto di non ritorno per la comunità scientifica. Per la complessità della sfida posta, ma anche per la reattività con cui gli scienziati, gli Stati e le autorità regolatorie sono riuscite a rispondere a un virus che «ha cambiato la storia della medicina in maniera indelebile». Secondo la scienziata, l’emergenza sanitaria in atto ha reso improcrastinabile la creazione e la messa in rete di banche dati in cui riportare tutte le informazioni sui genomi dei virus. Piattaforme di dati che, al di là di dove nascano fisicamente, devono essere consultabili da tutti i ricercatori.

In questo modo sarà possibile affrontare le prossime sfide sanitarie. «E non mi riferisco soltanto l’evoluzione di Sars-CoV-2, ma pure al monitoraggio di altre malattie infettive: penso alla tubercolosi e alla febbre gialla – ha affermato Swaminathan -.

Per non parlare del controllo della resistenza agli antibiotici, un’altra grave emergenza di sanità pubblica». Aspetti scientifici soltanto in prima battuta, che finiscono poi per tradursi con scelte politiche e ricadute sulla vita di tutti i giorni. «Covid-19 ci ha fatto capire una volta in più come la conoscenza delle sequenze genomiche sia fondamentale per sviluppare rapidamente sia i test diagnostici sia i vaccini. Le procedure di sequenziamento sono sempre più economiche. Ma resiste un divario significativo tra Paesi avanzati e non. Un terzo delle nazioni, ancora oggi, non ha accesso alla genomica. Servono investimenti senza precedenti in questo campo, altrimenti sarà difficile tenere sotto controllo le malattie infettive».

Uno sguardo indietro
Nei primi mesi dell’emergenza, in cui tutti i Paesi hanno faticato a comprendere cosa stesse accadendo, non tutto ha funzionato alla perfezione. Aspetti su cui Swaminathan non ha sorvolato, nel corso della intervista. Senza mai definirli rimpianti, la scienziata avrebbe voluto «una migliore preparazione nella sorveglianza». Apprroccio fondamentale nelle battute iniziali di un’emergenza sanitaria di questo tipo, perché «nel momento in cui non si hanno a disposizioni vaccini e terapie, occorre fare affidamento sugli interventi non farmacologici più efficaci: come l’uso della mascherina, il distanziamento e la ventilazione».

Parola d’ordine, dunque, prevenzione. «Quando non hai a disposizione tutti i dati e le prove, e non hai il tempo per aspettarli, non puoi far altro che difenderti». Questioni che richiamano un approccio non soltanto scientifico, ma anche sociale. «Oggi sappiamo che i Paesi che hanno reagito meglio all’emergenza sono quelli che nutrono maggiore fiducia nel proprio Governo e nella scienza».

Parti in causa a loro volta nella gestione della pandemia: dove la collaborazione è stata più forte, l’impatto di Covid-19 è stata minore. «I governi che hanno agito meglio sono quelli che hanno ascoltato la scienza. E che, più nel dettaglio, hanno istituito gruppi multidisciplinari di esperti per limitare le conseguenze sanitarie, economiche ed etiche di questa catastrofe».

Cosa non sappiamo ancora di Covid-19?
Swaminathan si è soffermata anche su alcuni aspetti ancora da chiarire: «Al di là del fatto che la mortalità è correlata con l’età avanzata, il virus colpisce le persone in maniera diversa e non sappiamo ancora dire perché.

C’è poi tutto il tema delle sequele dell’infezione, documentate ormai da decine di studi scientifici. Un’evoluzione che marca una differenza tra questo virus e altri agenti simili che colpiscono l’apparato respiratorio. Quali siano le cause del Long-Covid è un altro degli aspetti da chiarire.

Ritengo però che, acquisendo informazioni con lo stesso ritmo con cui siamo riusciti a farlo finora, non passerà molto tempo per dare una risposta a questi dubbi». Da qui la previsione sullo sviluppo di un vaccino efficace contro tutte le varianti. «La conoscenza del virus stesso e della reazione che provoca nel nostro organismo è complessivamente a buon punto.

Ecco perché mi ritengo ottimista sulla capacità di realizzare in tempi brevi un vaccino che ci permetta di guardare con maggiore serenità a questa infezione». Conoscenze e competenze che potrebbero tornare utili anche per sviluppare vaccini contro altri patogeni, più o meno diffusi: da Ebola al virus di Marburg, dalla dengue alla febbre emorragica. Fino alle più note tubercolosi e malaria per le quali non è stato possibile finora realizzare vaccini efficaci.

Come finirà la pandemia?
«Non mi aspetto che il virus venga eradicato – ha concluso la scienziata -. Si è diffuso troppo e, sfortunatamente, è in grado di infettare molte specie animali. Lo scenario migliore è che, con l’aumento dei livelli di immunità della popolazione, la gravità della malattia diminuisca indipendentemente dal numero di persone infettate entro la fine del 2022. Quello peggiore, invece, è dato dalla genesi di una variante trasmissibile come o più di Omicron e maggiormente aggressiva.

Se fosse anche anche in grado di eludere l’immunità garantita dalle vaccinazioni, saremmo punto e a capo». Tra il bianco e il nero, c’è il grigio: rappresentato dall’endemizzazione del virus. Il risultato, a quel punto, sarebbe dato da una serie di ondate di contagi, il cui impatto in termini di mortalità varierebbe da un Paese all’altro sulla base della protezione immunitaria garantita dalla vaccinazione e dai precedenti contagi. A rischio, oltre agli anziani e agli immunocompromessi, sarebbero anche i nuovi nati. «Per questo dobbiamo rimanere vigili e non riporre nel cassetto test, vaccini e farmaci.

Nei Paesi in cui Covid-19 sta arretrando non bisogna commettere l’errore di dimenticarsi dei tamponi e del tracciamento. Sarebbe il primo passo per perdere il controllo della pandemia. La lotta alle nuove varianti – è il pensiero finale di Swaminathan – parte proprio dall’identificazione del maggior numero di casi di infezione e dal sequenziamento».

A cura di Silvia Camerini – Foto Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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