Nato a Bologna il 5 marzo del 1922
Pier Paolo Pasolini, a 100 anni dalla nascita
“La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi […] e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, […] un passato chiaro stabile, certo […] Solo grazie alla morte, la nostra vita serve ad esprimerci.”
Era il 1967 e così, nelle “Osservazioni sul piano-sequenza”, Pasolini, per illustrare uno degli aspetti cruciali del suo “cinema di poesia” – il cinema dove “si sente la cinepresa” – a partire dalle immagini dell’assassinio di Kennedy girate da Abraham Zapruder, paragonava il cinema alla vita: sequenza indecifrabile e continua di momenti che la morte, con l’ultimo decisivo taglio di montaggio riordina dandogli senso.
“La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile.” – Alberto Moravia
Questa galleria fotografica ripercorre la vita del grande regista, scrittore e intellettuale nato a Bologna 100 anni fa, parte dal tragico epilogo di quella mattina del 2 novembre del 1975 quando il suo corpo martoriato viene trovato sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. Sarà Ninetto Davoli a riconoscere il cadavere. Nella notte i carabinieri avevano fermato Giuseppe Pelosi. Il giovane, già noto alla polizia come ladro di auto e “ragazzo di vita” era alla guida della Giulietta 2000 di Pasolini. Interrogato dai carabinieri Pelosi confessa l’omicidio. Verrà condannato in appello nel 1976 con una sentenza che escluderà il “concorso di ignoti” che il giudice di primo grado aveva ipotizzato. La condanna diventerà definitiva nel 1979.
Per la giustizia italiana quella notte a Ostia ci fu un massacro nato da un alterco innescato da motivi sessuali. Una lite finita tragicamente con Pasolini a terra per le violente percosse subite e Pino “la rana”, come verrà poi ribattezzato dalla stampa, che sale in auto e lo finisce investendolo più volte. Una verità processuale che in molti, a più riprese, hanno messo in dubbio portando avanti la tesi di un delitto a sfondo politico legato alle trame di potere e economiche denunciate da Pasolini in articoli come “Cos’è questo golpe? Io so” pubblicato sul Corriere della Sera nel 1974 o nel romanzo-inchiesta “Petrolio”, uscito postumo nel 1992. Dubbi che sono sopravvissuti alla morte di Pelosi nel 2017.
Nato a Bologna il 5 marzo 1922, Pasolini trascorre l’infanzia in continuo movimento per via dei trasferimenti del padre, ufficiale di fanteria. In questi anni la famiglia trascorre i periodi estivi a Casarsa in Friuli nella casa materna e qui, nel 1942, in attesa della fine della guerra, Pasolini si trasferisce con la madre Susanna e il fratello Guido, partigiano che verrà ucciso dai gappisti nei fatti legati all’eccidio di Porzûs. Nel 1950 arriva a Roma con la madre per sfuggire allo scandalo provocato dalla pubblica denuncia della sua omosessualità in un processo, il primo della lunga serie di denunce e querele che ne segneranno l’esistenza, da cui uscirà assolto ma che gli costerà anche l’espulsione dal Pci per “indegnità morale e politica”. Dagli anni cinquanta in poi la vicenda biografica di Pier Paolo Pasolini è tutt’uno con la sua febbrile attività di scrittore, poeta, sceneggiatore e infine regista di film straordinari da ”Accattone” a ”Mamma Roma”, da ”Uccellacci e uccellini” a ”Medea”, da “Il Vangelo secondo Matteo” a “Teorema” fino a ”Salò e le 120 giornate di Sodoma”, il suo ultimo film uscito poche settimane dopo la morte. Film che avrebbe dovuto essere il primo episodio di una ideale “Trilogia della morte” dopo la “Trilogia della vita” composta 1971 al 1974 da “Il Decameron“, “I racconti di Canterbury” e “Il fiore delle Mille e una notte.”
“Il complotto ci fa delirare. Ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità” – Pier Paolo Pasolini
Impegnato fino all’ultimo a testimoniare e difendere la sua natura di intellettuale scomodo, “disomogeneo” alla realtà italiana, al regime e al potere, in una intervista rilasciata nel 1975 sul set di Salò, Pasolini consegna a un apparente ossimoro la sua ennesima provocazione: “Nulla è più anarchico del potere. Il potere fa praticamente ciò che vuole […] Io detesto soprattutto il potere di oggi”. L’intellettuale bolognese è stato un personaggio rigorosamente controcorrente, ferocemente critico di ogni conformismo. Lo testimoniano, nell’ultima fase della sua vita, gli articoli pubblicati sul Corriere della Sera e altre testate, dal Mondo a Paese Sera, e poi raccolti in “Scritti Corsari”. Nell’ultima intervista concessa poche ore prima di morire, disse: “Il complotto ci fa delirare. Ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità. Che bello se mentre siamo qui a parlare qualcuno in cantina sta facendo i piani per farci fuori. È facile, è semplice, è la resistenza”. Fino alla morte e oltre. Si intitolava “Lo scandalo radicale” l’intervento che, da “marxista che vota per il Partito Comunista Italiano”, avrebbe dovuto leggere al congresso di Firenze del Partito Radicale. Il testo fu trovato il 2 novembre del 1975 sulla sua scrivania. Sarà letto da Vittorio Cerami davanti a una platea attonita e commossa dalla notizia della sua scomparsa.
“Chi si scandalizza è sempre banale: ma, aggiungo, è anche sempre male informato.” – Pier Paolo Pasolini
Diversi registi si sono cimentati nel raccontare la sua vita ma soprattutto la sua morte: nel 1995 Marco Tullio Giordana firma il film ”Pasolini, un delitto italiano”, sceneggiato come un’inchiesta sull’assassinio. Nel 2014 è Abel Ferrara, il grande regista statunitense ormai da anni trapiantato a Roma, che in “Pasolini” interpretato da Willem Dafoe, anche lui un “romano” d’adozione, ricostruisce a suo modo le ultime ore di PPP senza fornire la sua “tesi”: “Non sono un detective”, disse all’epoca dell’uscita del film, in una intervista a Repubblica, “Me ne frego di chi lo ha ammazzato, io ho fatto un film sulla sua tragedia personale e sulla perdita di un genio, di un poeta, di un artista, di un uomo che aveva il raro talento di interpretare la realtà.”
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