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Nuova puntata della “saga dei padri” della politica italiana . “Lavoravo in nero per i Renzi. Alle paghe ci pensava Matteo”, titola in prima pagina ‘La Verità”, riportando il racconto di un Andrea Santoni, ora chef all’estero, che dice di aver lavorato senza contratto per un’azienda del padre dell’ex segretario del Pd distribuendo quotidiani. L’accusa attiva la reazione di Tiziano Renzi, che annuncia querela accusando “La Verità, con il direttore Belpietro e il giornalista Amadori” di insistere “nella loro campagna diffamatoria contro di me, la mia famiglia, le mie aziende”.

E il figlio Matteo attacca Luigi Di Maio, che secondo un’inchiesta dell’Espresso avrebbe fatto da “prestanome” per l’azienda edile del padre.

“I ragazzi che distribuivano i quotidiani – argomenta Tiziano Renzi, contestando al quotidiano la ‘creazione di fake news’ – erano pagati cash perché trattenevano il loro compenso da ciò che incassavano con la vendita dei quotidiani ma poi ovviamente l’azienda provvedeva al pagamento delle tasse come previsto dalla legge. Era pagamento in contanti, non in nero: una semplice differenza che in sede di tribunale sarà facilmente dimostrabile”.

Ma non basta ai M5S, che colgono la palla al balzo per replicare alle accuse che arrivano a Luigi Di Maio per i rapporti con il padre bollando l’ex premier come “complice” di Tiziano. Ma Matteo Renzi ribatte: “Se l’onorevole Luigi Di Maio ha scelto dopo essere stato eletto di fare il prestanome al padre per le sue attività edilizie dovrà spiegare il perché in Parlamento. Il ministro del Lavoro non può essere il titolare di un’azienda in cui esiste il problema del lavoro in nero, mi sembra ovvio”, osserva.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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