Sempre più sovente nel calcio moderno assistiamo al fallimento di numerose società sportive calcistiche e non. Accade inoltre di frequente che lo stato di insolvenza si appalesi durante il corso della stagione per poi portare alla definitiva perdita del titolo sportivo.

Le società sportive, per la loro natura, appartengono a due ordinamenti:
sportivo, in virtù dell’affiliazione e quindi di un legame di natura contrattuale e volontaristico con la Federazione Italiana Gioco Calcio e statale in virtù della loro natura di società commerciali.

L’obbligo delle società sportive di costituirsi in società commerciali è stato voluto dalla FIGC nel 1966 per l’iscrizione ai campionati di competenza, asserendo che la funzione tipica dell’associazione sportiva era ormai superata a favore di una più idonea costituzione delle stesse in società commerciali.

Questo tipo di richiesta venne però delegittimata dalla Giurisprudenza di merito e solo successivamente, con la L. 586/1996 intervenuta per modificare la L. 91/81 sul professionismo sportivo in virtù della dirompente sentenza Bosman del 1995, si giunse alla definitiva trasformazione, nel professionismo, da associazioni a società commerciali.

Effettuata questa brevissima premessa sulla “cronologia storica” dell’evoluzione da associazioni sportive a società commerciali sportive, occorre evidenziare come le stesse siano assoggettate al regime tipico vigente per le società commerciali, operando però all’interno di un ordinamento “parallelo” quale l’ordinamento sportivo. Relativamente alle procedure concorsuali, bisogna domandarsi quindi quali siano le norme sportive che definiscono il c.d. fallimento sportivo e quali invece quelle che disciplinano il fallimento societario.

L’evento giuridico/sportivo più grave, che può accadere ad una società sportiva, è la revoca dell’affiliazione che determina l’automatica perdita del titolo sportivo. Questa circostanza può avvenire nel caso in cui vi sia, da parte di un giudice, la dichiarazione e/o l’accertamento dello stato di insolvenza della società. La Legge Fallimentare, che è l’insieme delle norme definite dall’ordinamento statale per disciplinare il fallimento delle società commerciali, concede l’opportunità alle società sportive di porsi nel c.d. esercizio provvisorio, attraverso il quale si cerca di conservare il valore complessivo dell’azienda affinché i creditori possano trarne un giovamento.

Le società sportive possono avvalersi dell’esercizio provvisorio quando questo tipo di attività non rechi danno ai creditori, infatti la ratio di tale istituto è quella –come già detto- di una migliore conservazione dell’azienda per trarre una liquidazione maggiore dell’attivo fallimentare. Così facendo si ha il mantenimento del titolo sportivo, necessario alla sopravvivenza della società sportiva. In tale fase viene generalmente messa in vendita la società, che ha come “prezzo di vendita”, la posizione debitoria civilistica della società sportiva ma non quella concernente il debito sportivo. Infatti quest’ultimo dovrà essere accollato interamente dal soggetto acquirente. Secondo la dottrina, il debito sportivo consisterebbe nella posizione debitoria maturata nei confronti della Lega di appartenenza della compagine societaria e nei confronti di tutti i tesserati.

L’intento dell’ordinamento statale è quindi quello di dotare le società di una continuazione, al fine di conservare l’azienda sportiva. L’ordinamento sportivo, si occupa di tale fattispecie attraverso le disposizioni contenuto nel c.d. Lodo Petrucci del luglio 2004. Nella sua versione originaria, il Lodo, prevedeva che: 1) il titolo sportivo delle società non iscritte per motivi economici e finanziari alla serie A, B o vecchia C1, poteva essere rilevato da una nuova società appartenente alla stessa città. La nuova società veniva iscritta al campionato inferiore rispetto a quello di provenienza della vecchia società e la società “in crisi” poteva solo ripartire dalla terza categoria; 2) il titolo sportivo delle società non iscritte per motivi economici e finanziari alla vecchia serie C2 poteva essere rilevato da una nuova società appartenente alla stessa città. La nuova società poteva essere ammessa ad un campionato regionale della Lega nazionale dilettanti, considerando le disponibilità di organico dei vari comitati regionali.

Dopo numerosi dibattiti ed emendamenti il testo ad oggi prevede che: il titolo sportivo delle società non iscritte per motivi economici e finanziari alla serie A o B, può essere rilevato da una nuova società appartenente alla stessa città che verrà iscritta al campionato inferiore di due categorie rispetto a quello di provenienza della vecchia società; la società in crisi potrà ripartire dalla terza categoria.

Viene inoltre disposto che:
1. per beneficiare del “lodo” la società in crisi deve avere nella sua storia almeno dieci anni consecutivi, oppure 25 anni non consecutivi, di partecipazione ai campionati professionistici;
2. a norma premiale di attribuzione del titolo non riveste carattere di automaticità, in quanto è sottoposta a giudizio della F.i.g.c., previa audizione del sindaco della città e previa verifica che la nuova società sia in grado di «fornire adeguate garanzie di solidità finanziaria e continuità aziendale»;
3. al capitale della nuova società beneficiaria del lodo non possono partecipare né i soci né i dirigenti della società in crisi che abbiano posseduto quote superiori al 2%; 4. la presentazione della domanda per essere ammessi al beneficio del “lodo Petrucci” deve essere effettuata entro due giorni dalla pubblicazione della decisione del Consiglio federale, allegando entro i successivi cinque giorni, la documentazione relativa alle garanzie richieste.

Tali garanzie comprendono: una tassa straordinaria di iscrizione; la dichiarazione, corredata di versamento al fondo di garanzia, attestante che la nuova società è disposta a garantire i debiti verso calciatori e allenatori lasciati dalla vecchia società; l’impegno ad emettere una fideiussione bancaria a prima richiesta per coprire gli obblighi contrattuali verso i tesserati.

Il “lodo Petrucci”, se da un lato consente alla nuova società di conservare il titolo sportivo, dall’altro la penalizza, comportando l’automatica retrocessione nel campionato due serie al di sotto.

a cura fonte Guido Del Re e Francesco Casarola, Studio Legale Del Re

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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