VOLODYMYR ZELENSKY DENYS CHMYGAL PRIMO MINISTRO UCRAINA

Bisogna tornare al 28 giugno 1997, all’MGM Grand Garden Arena di Las Vegas, per comprendere l’ultima trovata commerciale di Mike Tyson. Sul ring la vittima è Evander Holyfield, il campione dei pesi massimi in carica che l’anno prima gli ha sfilato il titolo. Il combattimento dei pesi massimi WBA è travolgente, i fisici possenti, e la voglia di vincere trasuda trascinando il pubblico pagante. Tyson ha sete, vuole riprendersi la cintura persa all’undicesimo round. Il suo coinvolgimento è tale da fargli perdere la testa e in un raptus, misto di follia e rabbia, fa qualcosa di inaspettato: un morso all’orecchio di Holyfield.

Il pugile avversario saltella, si contrae, e con il sangue che scorre visibilmente sul petto chiede l’intervento dello staff. Tutto è perduto. L’arbitro declama il vincitore e infrange il sogno di Tyson al terzo round: “Squalificato”.

Di Brooklyn, classe 1966, Tyson è parte della storia del pugilato mondiale: il più giovane campione dei pesi massimi capace ancora di sorprendere. A 54 anni è tornato a combattere con Roy Jones Jr. chiudendo in parità. Dal ring alla vita pubblica, “il cattivo” non si risparmia niente finendo spesso alle cronache per lussi e vizi e per vicende terribili come lo stupro della babysitter dei suoi figli. Un ragazzo cresciuto in strada, che ha frequentato brutte compagnie tanto da entrare e uscire dal riformatorio come fosse una sala giochi. Ma in lui è sempre stata palpabile la rabbia di emergere, accompagnata da una determinazione che lo ha portato negli anni a occupare il gradino più alto del pugilato.

Una fortuna meritata, scoperta da Bobby Stewart, accompagnata da un talento incontenibile perfezionato da Cus D’Amato che se ne prese cura, anche legalmente, come un figlio. Con lui Mike si trasformerà correggendo i punti deboli. Diventerà un gigante nonostante un’altezza misurata. Come una freccia scocca e colpisce. Avanza e da dilettante diventa professionista. Nel 1985 travolse Hector Mercedes. Fu l’antipasto di una lunga serie di vittorie. Sotto i suoi pugni i pugili rivali caddero uno dietro l’altro. Il titolo mondiale detenuto da Trevor Berbick arrivò a soli 20 anni 4 mesi e 22 giorni. Nel 1986 bastarono due riprese. Gli ultimi colpi furono un montante, a vuoto, e un gancio da ko.

A cura di Roberto D’Orazi – Foto Lapresse

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui