Come disse Voltaire : la risposta al male nel mondo non è l’individualismo.
Oggi più che mai, la domanda sulla natura e sull’origine del male è di straordinaria attualità, dato che in qualche misura influenza la quotidianità di ognuno di noi.

Se Dio esiste, da dove viene il male? E se invece non esiste, da dove viene il bene?”, si domandava Boezio circa 1.500 anni fa.
Anche il filosofo tedesco Gottfried Leibniz, vissuto a cavallo tra il 1600 e il 1700, tento’ di formulare una teoria in grado di risolvere una volta per tutte questo dilemma. Secondo Leibniz, infatti, quello in cui viviamo è il migliore dei mondi possibile, poichè la suprema saggezza di Dio, congiunta a una bontà che non è meno infinita di quella, non poteva mancare di scegliere il meglio“.

In pratica, ciò che Leibniz vuole dirci è che tra le infinite possibilità a sua disposizione, Dio ha scelto quella più desiderabile creando il mondo in cui viviamo, dal momento che in esso esiste il più perfetto equilibrio e ordine possibile tra le varie creature.
Questo mondo, dunque sarebbe il miglior possibile, non perchè in esso i mali dell’esistenza siano ridotti al minimo, ma perchè è quanto di più vicino alla natura infinita e perfetta di Dio.
Fortemente contrario a questa forma di ottimismo religioso è il pensatore illuminista Voltaire, in virtù dell’enorme numero di mali che caratterizzano la nostra vita, e quindi sostenere che questo sia il migliore dei mondi possibile non solo è inconcepibile, ma addirittura offensivo per l’intelligenza e il senso comune.
A tal proposito scrisse: “il problema del bene e del male resta, per coloro che cercano in buona fede di chiarirlo, un caos insondabile”.
E dunque gli eventi che si sono succeduti nei secoli, ultimo la pandemia da Covid ci spingono a concordare con Voltaire, e ci portano a pensare che il mondo in cui viviamo non può essere certo il migliore possibile.

Pure noi, oggi, possiamo riappropriarci dell’addolorata esclamazione di Voltaire “Poveri umani! E povera terra nostra!”.
Il suo però non è un semplice pessimismo, al contrario, egli contrappone all’ottimismo razionalista di Leibniz, una diversa forma di ottimismo, più cauto.
Questa tendenza è perfettamente incarnata da Candido, protagonista dell’omonimo romanzo da lui pubblicato nel 1759.
Il cauto ottimismo di Candido non è che una visione semplicistica delle cose e non una forma profonda di saggezza, la sua non era una risposta valida nè nel Settecento, men che meno oggi, epoca in cui tutti e tutto è interconnesso.

Terremoti, pandemie e varie calamità non sono affatto quanto di meglio possa capitarci, e tuttavia sappiamo tutti con certezza che non è “coltivando il nostro giardino” che ne verremo fuori.

Voltaire è morto il 30 maggio del 1778, ma il suo pensiero è oggi di un’attualità dolorosa e disarmante: il momento che stiamo vivendo è un momento cruciale per poter riorganizzare la nostra società in modo più equo e umano. I mali che ci affliggono non sono tutti indipendenti da noi, molti di essi li abbiamo generati noi stessi, attraverso i nostri comportamenti sconsiderati e miopi, che oltre all’emergenza climatica ha generato profonde ingiustizie e diseguaglianze sistematiche.
Dovremmo tutti contribuire a realizzare un cambiamento ormai divenuto improrogabile.

E come ci insegna Voltaire, sebbene possiamo derubricare la credenza sul migliore dei mondi possibili a chimera metafisica, non dovremmo mai dimenticare he spetta solo a noi impegnarci e lottare per fare sì che questo mondo non si trasformi nel peggiore possibile.

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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