In tanti erano nella zona tra il bar e la hall dell’hotel Rigopiano, quel maledetto 18 gennaio, perché si attendeva che arrivasse lo spazzaneve che avrebbe dovuto portare tutti via da lì. Ma quel mezzo non è mai arrivato, la neve ha reso difficilissime le operazioni di soccorso e ad arrivare è stata la valanga che ha travolto l’intera struttura.

Dopo giorni interi passati a scavare fra macerie, detriti, tronchi d’albero e neve, ad una settimana esatta dalla valanga, viene posta la parola “fine” sulla vicenda: i vigili del fuoco, proprio ieri sera, hanno estratto i corpi degli ultimi due dispersi. La conta delle vittime si è conclusa, la speranza si è esaurita e le famiglie hanno riavuto i corpi dei loro cari. Lentamente ci si prepara ad abbandonare quel luogo sotto le pendici del Gran Sasso, che più di tanti altri posti pare vicino all’inferno. Un inferno gelido e bianco, quasi un ossimoro.

La svolta è arrivata lunedì notte e da allora, in 48 ore, i vigili del fuoco hanno tirato fuori da quel che resta dell’albergo 18 vittime. I soccorritori avevano affermato: “Speriamo di trovare qualcuno ancora vivo – avevano ripetuto fino a ieri – anche se sappiamo bene che stavano per lasciare l’albergo e dunque erano tutti radunati da un’altra parte. Però magari qualcuno era tornato indietro, o si era attardato per qualche motivo in cucina”.

Concluse le verifiche nelle cucine, gli Usar, gli specialisti delle ricerche tra le macerie, sono passati al bar. Un’ampia zona tra la sala del camino, dove c’erano alcuni dei sopravvissuti, e l’area ricreativa, dove sono stati estratti vivi i tre bambini.

Alla fine di una giornata lunghissima, i morti sono quindi 29, quindici uomini e quattordici donne. Sommati agli 11 sopravvissuti, fanno tutte e quaranta le persone che mercoledì pomeriggio si trovano nel Rigopiano.

Una storia che volge a conclusione; ma quando la speranza svanisce, al suo posto resta il dolore. E quello non andrà via tanto presto.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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